25 aprile 2023

Il senso del 25 aprile (nell’anno primo del governo di destra)

Sono appena tornato dal discorso di commemorazione del 25 aprile fatto dal sindaco del mio paese: sarà una cerimonia sobria – l’esordio – perché abbiamo scelto di dividere le celebrazioni il 28, con gli studenti.. Un discorso in cui ha fatica si coglieva un riferimento storico a quanto successo 78 anni fa: certo si parlava di valori da tramandare ai giovani, valori imprescindibili oggi messi in discussione, le libertà.

A fatica si capiva che si parlava del fascismo, parola che non mi pare sia stata pronunciata.

Ecco: la memoria, i valori, questi discorsi “sobri” che raccontano poco ai cittadini di oggi di quanto successo agli italiani di ieri.

Si parla di libertà (e giusto en passant di liberazione): ma perché, cosa c’era in Italia prima dell’aprile 1945?

Ecco a cosa serve la memoria, conoscere la storia, in tutti i suoi risvolti: ad avere gli strumenti per saper decifrare il presente, per capire i segnali dei tempi moderni.

Il 25 aprile 1945 il CLNAI, il comitato di liberazione che riuniva tutti i partiti e i movimenti antifascisti in Italia, proclamò l’insurrezione nazionale: il 25 aprile non si festeggia la fine della guerra, ma l’inizio della fine, l’inizio della liberazione. Ma liberazione da cosa?

Da un regime che soffocava le libertà personali, che perseguitava gli oppositori, che aveva partecipato coi nazisti alla cattura degli ebrei, finiti nelle camere a gas.
Questo si festeggia oggi: la liberazione e la fine di un regime che ha portato questo paese alla rovina, all’infamia delle leggi razziali, delle leggi fascistissime che oggi pochi ricordano (le limitazioni alla libertà di stampa tra le altre cose).

Avete presente quando si sente dire, ma dov’è questo fascismo oggi? La memoria serve a questo, a saper riconoscere i segnali che ci consentono di capire. Il fascismo non è la camicia nera, non è il folklore dei nostalgici. È l’impedire che un giornalista scriva notizie scomode contro quel potente. È ogni volta che si impedisce alle persone di manifestare (nei modi e nelle regole previste) pubblicamente. È ogni volta che si strattona la giustizia affinché non valga più il principio della legge uguale per tutti, ma sia solo la legge del più forte.

Questo è il fascismo: la violenza e il sopruso dei potenti che diventano legge, l’oppressione nei confronti delle minoranze, degli ultimi, dei diversi che diventano “nemici del paese”.

Non mi fa paura questo governo per quello che dice, almeno non solo quello: è quello che non dice, per i principi che non rispetta, per esempio quelli sanciti dalla nostra Costituzione. Costituzione nata dall’antifascismo, che non è né di destra né di sinistra, ma valore fondante della nostra democrazia.

Certo che è divisivo l’antifascismo: sancisce chi sta dentro le regole della democrazia e chi sta fuori. Non si può essere ambigui come non si può essere ambigui su terrorismo (nero o rosso) o di mafia.

Oggi sui giornali si parlerà delle polemiche per il viaggio di La Russa (seconda carica dello Stato) a Praga (e come mai non ad Atene, a ricordare il golpe del 1967 o nella Spagna di Franco?). Si parlerà della lettera di Meloni che non ha perso occasione per tirare in ballo il regime comunista: siamo contro il fascismo ma anche del comunismo, come se in Italia avessimo avuto un regime dei soviet. Come se i comunisti in Italia non avessero contribuito alla scrittura della Costituzione, alla creazione di queste istituzioni. Libere, democratiche. Non mancheranno le solite polemiche contro i fischi ai vari ministri, alla brigata ebraica. Quelli che “e allora l’Ucraina?”, mettendo assieme storie diverse che poco hanno a che fare.

Perderemo oggi l’occasione per ricordare: lo faranno in pochi, purtroppo e saranno sempre meno.

Ricordare il sacrificio dei tanti, di tutti i colori, di tutte le estrazioni sociali, contribuirono a questa liberazione: operai, preti, ex soldati, insegnanti, industriali (come Carlo Bianchi), studenti (come Carlo Puecher). E altri giovani, delle forze alleate (ragazzi americani, inglesi, polacchi, francesi, indiani..) che dalla Sicilia risalirono la penisola per scacciar via l’esercito tedesco che dopo l’8 settembre avevano occupato il paese.



A loro dobbiamo la nostra libertà nata da quella guerra di liberazione. Ragazzi come Bruno Ballabio che a vent’anni andò a combattere i fascisti in Val d’Ossola dove morì in un combattimento a 21 anni. La sua lapide è davanti il comune del mio paese, era davanti al sindaco mentre pronunciava il suo discorso. Poteva ricordare chi fosse il partigiano Ballabio, peccato.
Poco più in là, un’altra lapide, ricorda il luogo dove i genitori della senatrice Liliana Segre furono catturati il 18 maggio 1944 da un reparto di SS guidato da fascisti italiani. Nemmeno loro tornarono a casa, morirono ad Auschwitz il 30 giugno 1944.

Per questo si ricorda il 25 aprile: per ricordare queste storie, per ricordare cosa è stato, qui in Italia, non in Russia o a Praga. Tutti i regimi vanno condannati certo, ma mettere tutto assieme, mettere assieme i morti per la liberazione coi morti delle altre guerre, serve solo ad annacquare, a voler dimenticare la dittatura, l'Italia prima della liberazione, l'Italia prima della Costituzione.


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