RITORNO A BERGAMO – Il pandemonio di Cataldo Ciccolella
Report
ha fatto un salto alla primavera di tre anni fa: i ma non lati nelle
camere degli ospedali dove mancavano i caschi per tutti, i morti che
crescevano, i medici e gli infermieri stremati per il lavoro.
Le
bare portate via dai camion militari. Il lockdown, le città dove
all’improvviso non c’era nessuno in giro.
Era la primavera
del 2020: tutto cominciò con la pandemia partita in Cina a fine
2019, tenuta nascosta dal governo, per evitare figure. Ancora oggi i
dati del mercato di Wuhan non sono arrivati alla comunità
scientifica e che consentirebbero una migliore analisi della
pandemia.
Lancet ha pubblicato un articolo secondo cui i morti
sarebbero 259mila, avremmo sottostimato i morti: i paesi che hanno
avuto meno morti sono quelli con un piano pandemico aggiornato, non
come il nostro, che era rimasto fermo al 2006.
L’indagine di
Lancet conferma la teoria dei magistrati di Bergamo: con la zona
rossa a Bergamo si sarebbero potuto evitare almeno 4000 morti, per
questo sono finiti indagati l’ex presidente Conte, il ministro
Speranza e poi Fontana e Gallera in Lombardia.
L’indagine di
Bergamo racconta quello che è successo nelle stanze del potere e
che non si doveva sapere.
Negli ospedale mancavano i caschi
respiratori, non ce n’erano per tutti, si sono dovute fare delle
scelte, chi salvare e chi no: mancano mascherine, camici e altri
dispositivi.
Se ne doveva occupare il CFO del ministero, Ruocco: ma di fronte alle richieste di fare scorte, chiede solo di fare una ricognizione dei dispositivi reperibili nel territorio.
Il
vice ministro Sileri a Report racconta di aver insistito
nell’acquisto di respiratori, anche chiamandolo al telefono a
Ruocco: dopo aver scoperto che i dispositivi erano insufficienti non
si fece nulla, dopo il 20 gennaio non si fece nessun nuovo acquisto,
anzi si continuarono a vedere in Cina dispositivi.
Solo dopo
Codogno la protezione civile chiese la disponibilità di scorte, ma
era tardi, era già febbraio: ma a febbraio in una chat con la
responsabile della sicurezza delle cure farmaceutiche Rodorigo
minimizza il problema, compra solo qualche mascherina..
Ma nelle
chat emerge che Ruocco temeva più la corte dei conti che non la
pandemia:
«Vogliono
per forza farmi comprare prodotti sanitari per tutta l'Italia -
scriveva Ruocco il 15 febbraio - queste sono tutte spese che poi la
Corte andrà a rivedere».
Lo spettro della Corte dei Conti e
di un ipotetico danno erariale preoccupa Ruocco: «Gli acquisti
devono essere giustificati e proporzionati comunque - proseguiva -
si, già, se programmi male non è giustificato».
E ancora:
«Volevano 150 medici, ne ho presi 77, sono milioni.
Poi c'è
la parolina magica 'altre spese strettamente connesse' dove ognuno si
infila - faceva notare il tecnico -. Sì, ma ora - sono certo. Il
prossimo vagone del treno sarà per Spallanzani e Iss (strutture,
personale, farmaci, attrezzature) e lì devi stare. Furbacchioni,
ieri ho detto a qualcuno che non ho le renne parcheggiate davanti
casa.. se
vogliono capire capiscono».
Oggi
Ruocco ha deciso di non rispondere alle domande di Report, “mi
lasci in pace, non è il caso di parlare adesso.”
Ruocco
voleva programmare gli acquisti senza l’ingerenza della politica –
spiegherà poi in una lettera a Report.
In quei giorni nel
ministero c’era il caos: la lettera in inglese dall’Oms dovette
aspettare giorni per essere tradotta, come avvenne poi grazie ad una
società esterna.
Andrea Urbani, capo della programmazione, si
lamenta col capo di gabinetto di Speranza, Zaccardi: parla di assenza
di prevenzione, mancano persone. Di fronte a Report ammette quanto la
situazione fosse drammatica
“Il problema degli enti pubblici, signori, è che ci sono persone totalmente inadeguate. Tu prendi persone a gestire pezzi importanti del Paese e li scegli in base a logiche che non hanno nulla a che vedere con il merito… quando le cose vanno bene non se ne accorge nessuno, quando vanno male… succedono queste cose”
Uno
studente cinese scrisse a Giovanni Rezza, capo dell’ISS, due
lettere a gennaio 2020 riportandogli documenti sulla situazione a
Wuhan, spiegando che il virus avesse un alto periodo di incubazione,
i termoscanner dalla Cina non servivano, serviva una quarantena più
lunga dalla Cina.
Lo studente manda anche video dalla Cina, con
pazienti sdraiati nelle corsie degli ospedali, ormai al collasso:
informazioni che cozzavano con l’immagine che la Cina cercava di
far arrivare al mondo.
Rezza scrisse a Brusaferro, riportandogli
la sua preoccupazione: ma non accadde nulla, non fu presa alcuna
decisione.
Anche l’ex capo di gabinetto, parlando con
l’onorevole Bersani, esprime i suoi timori sugli arrivi dalla Cina.
I vertici della sanità avevano timore anche delle azioni dei
magistrati, sia dal punto di vista penale che contabile: così, non
avendo dispositivi, si inizia a parlare di strumenti creativi, come
il peperoncino da usare in Calabria.
L’ex sottosegretaria
Zampa in una chat con Zaccardi, capo programmazione, esprimeva i suoi
timori sui burocrati del ministero, “tragicomici”. Tragicomici
come Ruocco, a quanto pare: ma oggi Sandra Zampa preferisce non
tornare sul punto.
“Eravamo di fronte a qualcosa di
eccezionale .. io penso che abbiamo fatto il meglio, penso che il
ministro Speranza debba essere ringraziato.”
Tutti i dirigenti
definiti tragicomici sono entrati poi nel CTS, rendendolo di fatto
indipendente dalla politica.
Zampa era scettica
nell’atteggiamento del governo, nell’atteggiamento di Brusaferro
e degli altri alti dirigenti, “sembriamo una classe dirigente allo
sbando”, una classe dirigente che ha bisogno di una traduzione di
una mail in inglese, che non sa prevedere la crescita dell’infezione
del virus, che non è in grado di tracciare i casi di polmoniti
anomale.
Non abbiamo fatto meglio o come gli altri paesi:
secondo la procura di Bergamo il CTS e il ministero si sarebbe dovuto
ascoltare le indizioni date dallo studio Merler, che aveva analizzato
i dati dalla Cina e li aveva proiettati sull’Italia, immaginando
che saremmo arrivati a 78mila morti in un anno..
Il CTS cerca di
applicare lo studio per un piano pandemico, subito declassato perché
non applicabile, non avevamo quei posti letto per i ricoveri in
terapia intensiva a sufficienza.
Ma oggi il piano
pandemico esiste? È realistico?
E
il CTS era un organo scientifico a supporto per la politica? Dalle
carte emerge che il CTS fosse una foglia di fico: di fatto era un CTS
troppo ampio, troppo succube della politica, che decideva a chi
mandare le informazioni e a chi no, come racconta oggi l’ex vice
ministro Sileri.
La task force (che
come si dicono i due dirigenti Maragnino e D’Amario non sarebbe
nemmeno legittima) messa
in piedi dal ministro Speranza decide, a
febbraio 2020, di
non mettere in atto il piano pandemico: fu una scelta condivisa con
Speranza che ha scelto di non risponderne a Report.
Mentre
l’OMS raccomandava di applicare il piano pandemico, la task force
decide di non applicarlo e Silvio Brusaferro ammette di averlo letto
solo nel maggio 2020.
I
magistrati si sono avvalsi della consulenza di Crisanti, consapevole
che il piano pandemico, pur essendo pensato all’influenza, andava
bene anche per il covid.
Report è tornata ad intervistare l’ex
ricercatore Zambon: il suo report, critico contro il governo per come
ha gestito la pandemia, in modo caotico e “torbido”.
Ma oggi
il piano pandemico esiste? Esiste ma è solo un piano sanitario,
dovrebbe essere un piano interministeriale, non c’è un
coordinamento tra i ministeri e le regioni. Non sono stati definiti i
compiti e così alla fine a prendere le decisioni sarà il presidente
del consiglio di turno – a parlare così è il generale
Lunelli.
In
base alla perizia di Crisanti, se si fosse applicata la zona rossa
subito si sarebbero risparmiati 4000 morti: il governatore Fontana in
una lettera nel febbraio 2020 chiede al governo di non applicare
altre misure di restrizione, eppure poteva applicarla direttamente
lui la zona rossa.
Oggi Fontana rigetta le tesi di Crisanti,
definito un “esperto di insetti”, uno che ha fatto una perizia
basata su illazioni.
Fontana il 25 febbraio 2020 aveva cercato
di rassicurare i cittadini lombardi: il virus è poco più di una
influenza normale. Ma dopo 3 giorni lo scienziato Merler comunica
alla regione Lombardia le stime in regione: il rischio in regione era
il medesimo di Codogno, si poteva chiudere la regione allora come la
cittadina nel lodigiano.
A Marzo il dottor Nacoti, dell’ospedale
di Bergamo, decide di pubblicare un articolo in cui si mette nero su
bianco le impreparazioni negli ospedali, mancavano i posti, i malati
arrivavano in condizioni critiche negli ospedali, non c’era nessun
monitoraggio preventivo.
L’articolo
è un tradimento – dice l’assessore al Welfare in Lombardia
Gallera, “questa cosa è gravissima e inqualificabile, una
coltellata alla schiena con ripercussioni mondiali, vergognoso ”
dice al telefono con Maria Beatrice Stasi.
Il
giorno dopo la pubblicazione dell’articolo le cose cambiano in
regione: si aveva paura di far emergere la verità, perché turbava
lo status quo.
Ancora
oggi Nacoti, che ha subito pressioni per quell’articolo, la
situazione non è cambiata: i medici che hanno subito la prima ondata
non sono stati ascoltati per un debriefing. Tanto è vero che si è
arrivati poi alla seconda ondata.
Il 2 marzo c’è una
riunione del CTS: il presidente Conte viene avvisato dei dati
drammatici, si parla della zona rossa, ma Conte prende tempo. In
Lombardia aspettano Roma, non volendo prendere loro la decisione di
instaurare la zona rossa, perché, dice Fontana, a Bergamo c’è un
piccolo focolaio.
Il 9 marzo del 2020 si prende una decisione:
si decide di chiudere il paese perché i dati sono drammatici, tutto
il paese è zona rossa.
Dietro
la mancata zona rossa non
ci sarebbero stati solo errori di valutazione e impreparazione, ma
anche strategie politiche come quella rivelata dall’ex funzionaria
al Welfare in regione Lombardia Aida
Andreassi in quei giorni in prima linea nella task force del
Pirellone.
“Ho saputo che Salvini non vuole che la regione
prenda posizione. Vuole mettere in difficoltà il governo, gente di
m.. ne ho conosciuta tanta, ma come lui mai” – questa una sua
telefonata con Niccolò Carretta, consigliere regionale.
Avvicinata dal giornalista di Report, anche la dottoressa Andreassi
ha preferito non rispondere alle domande.
Salvini
prima era favorevole ad un blocco dalla Cina, poi cambia idea, poi
parla di creare una zona rossa in tutta Europa: la strategia di
Salvini era quella di far cadere la responsabilità delle chiusure
non sul presidente della regione ma su Conte.
Né Salvini né la
dottoressa Andreassi hanno accettato di rispondere alle domande di
Giulio Valesini.
Salvini ha fatto pressioni sulla regione
affinché non chiedesse al governo di fare la zona rossa e mettere in
difficoltà Conte? C’è stato un gioco politico sulla zona rossa?
Contro
questa zona rossa c’erano anche le pressioni degli industriali,
come Bonometti: tutti gli imprenditori vedevano le chiusure con
terrore. Tra questi il costruttore di Luna Rossa, Pierino Persico,
che aveva una importante consegna in autunno. Persico ne parlò con
Gori, sindaco di Bergamo, quello dello slogan “Bergamo non si
ferma”, che aveva sottostimato il rischio del covid.
La
priorità non era la vita delle persone ma l’economia e le attività
industriali: si doveva tenere nascosto tutto ai cittadini, che non
dovevano sapere della totale impreparazione del paese.
Nel
servizio di Valesini si tornerà a parlare ancora dei vaccini:
dall’inchiesta di Bergamo emerge infatti che sul contratto dei
vaccini Pfizer si navigava nel buio, persino Nicola Magrini il capo
di Aifa si infuriò per il contratto con Pfizer perché i dati grezzi
non sarebbero stati resi disponibili prima del dicembre 2024 e
comprare a scatola chiusa un medicinale per milioni di persone lo
riteneva assurdo:
il 22 novembre 2020 Magrini scrive in chat a Goffredo Zaccardi
(capo di gabinetto dell’ex ministro della salute Speranza) di aver
appena ricevuto da un giornalista il testo dell’accordo con la casa
farmaceutica
Magrini:
“Caro ministro
ricevo questo da un giornalista. Lo ritengo molto serio e anche
grave. Non credo di poter essere tenuto all’oscuro di queste cose
(da Ruocco & Co.)”.
Magrini:
“Il
protocollo Pfizer infatti recita: ‘I dati saranno messi a
disposizione [dei ricercatori che li chiederanno] 24 mesi dopo la
conclusione dello studio’ a certe condizioni:
1) tra i
ricercatori ci deve essere uno statistico;
2) i dati non
potranno essere usati in tribunale (4/n).
Secondo i documenti
di registrazione, il completamento del trial è previsto per l’11
dicembre 2022. Quindi, i dati grezzi saranno disponibili a partire
dall’11 dicembre 2024. Probabilmente il vaccino sarà già stato
somministrato miliardi di persone.”.
Magrini:
“Io
non mi faccio prendere in giro su cose
come
queste”
Zaccardi: “Se è così, grave”.
Magrini: “Ritieni sia normale che i contratti che abbiamo firmato per farmaci e vaccini nessuno li abbia letti? O tu li hai letti?”
Zaccardi: “No, il ministro ha voluto fare da solo. Mandami in sintesi le condizioni ordinarie di questa tipologia di contratti”.
Magrini: “Grazie, capisco meglio ora. No, non vi sono tipologie tipo contratti, ma manco sto capestro che sembra scritto come una presa in giro per analfabeti con l’anello al naso… E sapere chi se ne occupa e come sarebbe il minimo tra di noi del gabinetto ristretto”.
Le
più alte autorità sanitarie avevano dubbi su questi contratti e
sulla sicurezza dei vaccini, per aver detto queste cose i giornalisti
di Report sono stati definiti complottisti. Anche per questo dobbiamo
essere grati del lavoro della procura di Bergamo, che
ha consentito di ricostruire i fatti così come sono avvenuti sin dal
gennaio 2020.
Ma
oggi il problema della politica sono i magistrati di Bergamo, che
subiranno una ispezione da parte del ministero della giustizia,
invocando la riforma Cartabia.
Nessuno
deve sapere, né delle carte e nemmeno degli imputati e se dovessero
passare i due anni, scatterà l’oblio di stato, sancito dalla
riforma del governo Draghi.
Alla faccia della trasparenza, del
senso della stato, della giustizia per i morti di Bergamo.
L’OCCHIO DI RIGUARDO di Daniele Autieri
Roma ospedale oftalmico: Report ha raccolto diverse testimonianze di pazienti che si lamentano di ritardi, di operazioni andate male, di lunghe liste di attesa anche in situazioni gravi.
È l’ospedale più antico d’Italia per la cura dell’occhio: dovrebbe garantire la cura a tutti i pazienti che non possono pagarsi le cure, ma i documenti che Report ha visionato, raccontano di corsie particolari per agevolare pazienti privati che danneggiano i pazienti e con operazioni “rubate” da medici privati.
Ci
sarebbero dentro l’ospedale due strutture: pazienti che si mettono
in lista d’attesa nel pubblico possono attendere mesi mentre
pazienti che vanno in lista di attesa con medici che lavorano in
intramoenia, hanno l’operazione subito, grazie al santo in
paradiso.
Il santo sarebbe il medico che garantisce di avere
subito l’operazione: quelli che invece scelgono di seguire le
regole, come Stefania, possono invece aspettare mesi per una post
operazione per rimuovere l’olio al silicone che serviva per far
aderire alla retina.
Stefania si deve rivolgere all’ospedale
di Tor Vergata, ma qui si rifiutano di operarla: così la signora è
dovuta tornare all’oftalmico, ma in via privata dal primario
dell’ospedale. Così ottiene un certificato con cui presentarsi al
pronto soccorso e potersi poi operare, indipendentemente dalle liste
di attesa.
Il dottor Tamburrelli
(che opera in regime
di intramoenia) di
fronte a Report spiega che non si è trattato di una raccomandazione,
la paziente poteva essere ricoverata anche senza la sua lettera. Ma
forse sarebbe rimasta in lista d’attesa per mesi?
Alla
fine Stefania ha subito 4 operazioni, è dovuta andare allo studio di
Tamburrelli
da privata, pagando di tasca sua: alla fine la signora rischia di
perdere l’occhio, non vede più bene dall’occhio destro.
Sono
tanti i pazienti che, grazie all’aiutino di un medico in
prestazione privata riescono ad operarsi agli occhi saltando la lista
d’attesa dell’ospedale romano, come emerge dai colloqui tra le
infermiere registrati all’interno della struttura grazie
all’inchiesta della procura:
“un’altra paziente è venuta con un foglietto, un pezzetto di carta scritto di suo pugno dalla dottoressa .. cioè ma non si possono fare queste cose. Lo dico, quella ha fatto andare un codice bianco là, l’ha inserito in OBI dai codici bianchi in ambulatorio, l’ha portata in camera operatoria. Ma queste sono cose gravissime ..”
La
direttrice
dell’area sanitaria invita a fare denunce di questi casi, “ma le
verifiche sono un’altra cosa”.
L’ex responsabile
delle liste di attesa ammette che sono tanti i casi di operazioni di
persone che arrivano dal pronto soccorso.
La due diligence della
direzione sanitaria ha analizzato la situazione all’oftalmico: le
sale operatorie sono sottoutilizzate, molte delle operazioni sono
state fatte con chiamate fuori da quelle dell’ospedale, ovvero i
pazienti sono stati chiamati da enti esterni, privati.
Chi ha i
soldi può superare le liste d’attesa, facendo saltare il principio
della sanità pubblica: dentro l’oftalmico pubblico e privato sono
vasi comunicanti, ci sono pazienti che vengono rubati dal privato,
medici che consigliano di rivolgersi al suo studio privato, cosa che
non sarebbe possibile (a meno che nell’ospedale manchino
posti).
Questa anomalia è arrivata alla regione Lazio, quando
una paziente ha scritto al presidente della regione: le era stato
detto “se vuoi l’operazione vai dal privato..”
I Nas stanno indagando sull’ospedale Oftalmico, anche sul lavoro dell’ex responsabile delle liste di attesa.
LA MANZETTA di Walter Molino
Dal
primo aprile il codice appalti di Salvini è diventato legge: meno
gare, meno controlli sugli appalti. Tutto questo per realizzare le
opere in meno tempo: ma la storia dell’ospedale costruito nella
Fiera del Levante a Bari racconta una storia diversa, questo ospedale
doveva costare 9 ml e alla fine è arrivato a costarne 17ml.
Dietro
gli appalti per quest’opera ci sarebbero delle mazzette, scoperte
da una indagine della procura di Bari che sta creando grosso
imbarazzo in regione e al presidente Emiliano.
Questo ci dice
che è meglio farli prima i controlli, sugli appalti: perché alla
fine le zone opache e poco trasparenti vengono scoperte dai
magistrati. Finché viene loro lasciato indagare, si intende.
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