LA BUSTA NON PAGA di Bernardo Iovene, con la collaborazione di Lidia Galeazzo, Greta Orsi
All’apertura della Corte d’Appello di Venezia un giudice onorario ha denunciato di aver lavorato a nero per lo stato: è un giudice che non ha malattie, versamenti.
Dovrebbero essere a tempo, ma alla fine migliaia di togati, avvocati selezionati dal CSM, vengono pagati ad udienza, a cottimo. Oltre ai giudici ci sono i procuratori onorari a cottimo: sono loro che mandano avanti la macchina della giustizia.
Ci
sono poi i giudici di pace che si occupano sia del civile che di
piccoli reati penali: sempre senza ricevere mai contributi, per uno
stipendio da 1200 – 1300 euro.
Nel 2016 il comitato europeo
dei diritti sociali ha imposto all’Italia di pagare i contributi ai
giudici di pace e che i magistrati onorari devono essere equiparati
ai magistrati togati: ma i governi dal 2016 hanno sempre fatto
spallucce, il ministro Orlando ha fatto una riforma per limitare le
prestazioni dei giudici onorari, mantenendo le tasse. La riforma
Orlando è stata però bocciata dall’Europa che ha pure avviato una
procedura di infrazione.
La riforma Cartabia ha iniziato una stabilizzazione, ma a scaglioni: se non rispondiamo alle rimostranze dell’Europa rischiamo delle conseguenze gravi, anche di non prendere i soldi del PNRR sulla giustizia.
La stessa Meloni, assieme all’attuale sottosegretario Delmastro, era in piazza a manifestare assieme ai giudici di pace: ma ora che è al governo Meloni continua a parlare di volontari della giustizia, i giudici onorari continuano a lavorare a cottimo.
Ci sono anche giudici che dovrebbero essere stati assunti, ma sono tutti bloccati da una riforma che li tiene appesi in una situazione di precarietà: l’Europa però si era espressa chiaramente, l’ultima lettera di messa in mora di questo sistema è del luglio 2022, dove la commissione europea sosteneva come in Italia ci fosse una condizione di disparità di trattamento per i giudici onorari. Nella lettera la commissione scrive che “i magistrati onorari e i giudici togati sono lavoratori comparabili”. Quando erano all’opposizione, Meloni e l’attuale sottosegretario Delmastro ne chiedevano conto ai precedenti governi: Delmastro ha anche la delega alla giustizia, nel passato ha sempre accompagnato la protesta dei giudici onorari.
Ma oggi sembrerebbe che abbia cambiato idea, “propone una gestione autonoma di Inps quando noi dovremmo avere la gestione ordinaria dell’Inps come l’hanno i magistrati” racconta al giornalista Maria Flora di Giovanni giudice a Chieti. Oggi Delmastro e Meloni tengono in vita la riforma Cartabia che, dal gennaio di quest’anno, assume in diversi scaglioni per tre anni i magistrati onorari col trattamento economico dei funzionari amministrativi. Un compenso che la commissione europea ha bocciato perché inadeguato, col rischio di incappare nell’ennesima procedura di infrazione che costerà all’Italia milioni di euro.
La
riforma Cartabia non prevede nessuno scatto di anzianità fino a 70
anni, stabilisce che i magistrati assunti non debbano pretendere
nulla di pregresso dal passato, di fatto rischieranno di prendere una
pensione minima.
Oggi il governo di fronte agli scioperi dei
giudici di pace risponde “vedremo”: i problemi dovrebbero
risolverli proprio Delmastro, che chiamava l’ex ministro Bonafede
“malafede”, facile stare all’opposizione, meno al governo.
Ma
comunque Delmastro assicura a Report una riforma che soddisfi le
richieste dei giudici di pace: nel frattempo ha già fissato dei
punti assieme ai sindacati dei giudici di base, che temono i blocchi
dei tanti magistrati fuori ruolo dentro il ministero.
L’ANM si
metterà di traverso a questa riforma? Secondo il segretario la
posizione dei giudici di pace (4500 in totale) è temporanea, non
possono essere equiparati ai giudici che hanno fatto un concorso.
I
lavoratori socialmente utili nascono come fenomeno negli anni 80, dai
cassintegrati: sono stati utilizzati dai comuni, perfino nei
tribunali creando un esercito di persone pagate con un contributo
dello stato, dovevano essere lavoratori temporanei ma sono stati
tenuti in vita per 25 anni.
dal
2020 quasi tutti sono stati assunti dei rispettivi enti pubblici dove
hanno prestato servizio per 25 anni con un sussidio di 580 euro al
mese. Adesso ricevono uno stipendio, in parte con un incentivo dallo
Stato e la restante parte toccava ai comuni che, sempre in dissesto,
non hanno soldi e dunque si ritrovano ad essere dipendenti ad ore,
con lo stesso stipendio di prima, ma tassati arrivando
al paradosso di prendere meno soldi.
Lo racconta un dipendente del comune di Atella (CE): dopo essere
stato inquadrato ha iniziato a prendere anche i contributi, ma lo
stipendio (per 11 ore settimanali) da 600 è passato a 430 euro.
Due signore sono state assunte a 18 ore settimanali nel comune di Castello di Cisterna: lavoravano dal 1995 nel comune e ora sono state stabilizzate con uno stipendio di 618 euro per 18 ore a settimana, senza avere però un passato contributivo. Si sono state fare un estratto dall’Inps e hanno visto che verrebbero a prendere 270 euro di pensione dopo aver lavorato per tanti anni in un comune.
A
Fratta Maggiore il comune ha assunto i LSU a 20 ore settimanali: si
arriva a 800 euro al mese, ma sono costretti costretti a fare altri
lavori a nero, sono quasi obbligati raccontano a Iovene, senza
preoccuparsi né delle forze dell’ordine né dell’ispettorato.
Non si fa problemi questa persona, il
signor Domenico,
che aggiunge anche di aver subito pressioni da qualcuno per fare dei
lavori nella casa di amministratori del comune. Il tutto nelle ore
dell’LSU, non fuori dall’orario di “lavoro”.
I
comuni pagano gli LSU solo col contributo dello stato, gli enti non
hanno soldi per coprire gli oneri accessori e hanno usati quei soldi
per coprire i loro buchi.
Il sindaco di Melito ha raccontato a
Report di un contributo della regione, poi scomparso.
De
Magistris a Napoli ha integrato il fondo statale con quello comunale
e oggi sono stati assunti dal comune: oggi molti di loro hanno ferie,
malattie (ma la pensione sarà misera).
Report ha raccontato la
storia di LSU che, una volta in pensione, hanno scoperto che senza
contributi versati sono destinati ad una vecchiaia in povertà.
L’ex
presidente Tridico aveva studiato una soluzione per risolvere questo
problema, degli LSU senza pensione: costerebbe allo stato circa 200ml
di euro da investire in un fondo pubblico.
La
logistica vale più dell’8% del PIL nazionale, si tratta più di 1
ml di persone: ma a quali condizioni lavorano?
Dai
capannoni della Italtrans partono i camion che riforniscono le catene
di supermercati di tutta Italia. I lavoratori in appalto da
cooperative esterne in appalto sono circa 700, quelli iscritti al
sindacato USB chiedono maggiori salari, una mensa che non c’è e
più diritti. Report ha mostrato le immagini della loro protesta,
quando questi lavoratori hanno bloccati i cancelli all’ingresso,
causando code di chilometri, causando l’intervento della polizia,
con gli sgomberi e le manganellate. Una rivendicazione di diritti, di
salari diventa, non solo con questo governo, una questione di
sicurezza pubblica, da gestire con le forze dell’ordine. Una cosa
grave, raccontano i rappresentanti dell’USB: “abbiamo fatto tre
scioperi fuori dai cancelli e tre volte c’è stato l’intervento
delle forze dell’ordine” racconta Elisa Fornoni “per sciogliere
il picchetto”.
“Non siamo animali” racconta a Bernardo
Iovene uno di questi scioperanti tutti dipendenti di cooperative
“siamo persone con dei nostri diritti, chiediamo il buono pasto”,
perché manca la mensa, i salari dovrebbero tener conto di questo.
Non
pagano la malattia, il lavoro è pesante, devono sollevare pesi per
tutto il giorno: la dirigenza aziendale dell’Italtrans ha
accompagnato Iovene dentro i capannoni, mostrando il lavoro che fanno
queste persone. Gli scioperanti chiedono 80 colli l’ora, i
dirigenti vorrebbero farli lavorare per più colli, perché non tutti
sono pesanti e poi, se vogliono guadagnare di più..
Chi
protesta è rappresentato da qualcuno che non ha mai lavorato, spiega
il direttore della Italtrans.
Il fatto di essere assunti da cooperative e non da Italtrans rende più difficile la loro lotta: ci sono dieci cooperative diverse con trattamenti diversi, pagano la malattia in modo diverso. Ci sono ancora dipendenti che dopo anni hanno ancora un contratto part time ma l’azienda pretende che si fermino a fare gli straordinari. Si parla di almeno 10-12 ore al giorno e a fine mese ci si ritrova con una busta paga da 1200 euro, quando si va a chiedere più soldi ti viene risposto “ma potevi fare straordinario”.
L’azienda ha 800 persone che lavorano nei capannoni ma solo 100 dipendenti: tutto questo è fatto al fine di pagare meno il lavoro, risparmiando.
È conveniente avere il 90% dei lavoratori in mano alle cooperative: dopo questa protesta, dopo qualche giorno, una di queste ha mandato ai delegati USB una lettera di licenziamento immediato e un’altra di contestazione con sospensione, intercettando dei messaggi whatsapp tra i lavoratori. Così è ripreso il blocco dei tir in ingresso e uscita. A parte questa situazione di conflittualità ci sono migliaia di cooperative e società che sono serbatoi di manodopera che chiudono dopo due anni frodando sia il fisco che il lavoratore.
Report ha raccontato la storia di Simone, nome di fantasia, che lavora per la BRT ma attraverso una società esterna che gli ha addebitato le rate del furgone facendogli credere che poi sarebbe diventato suo. Poi gli hanno sempre consegnato buste paga che non corrispondevano al reale pagamento: quello che c’è scritto sulla busta paga non corrisponde a quanto viene versato sul conto in banca.
Simone
ha preso una busta paga da 2000
euro, ma gli sono stati versati solo 260
euro e poco più, sono solo buste paga farlocche (dalla
busta paga veniva tolto la rata del mezzo..).
Attualmente BRT, colosso dei trasporti, su richiesta della
procura di Milano è in amministrazione giudiziaria per frode fiscale
e stipula di fittizi contratti di manodopera e ha subito un sequestro
da 68 ml di euro. L’operazione della procura ha colpito anche la
Geotis, l’altra multinazionale della logistica e un’azienda
intermediaria: complessivamente lo Stato ha recuperato 126 ml di
euro.
Iovene
ha intervistato il comandante del nucleo della GDF di Milano Emilio
Palermo: “BRT e Geotis utilizzavano manodopera a bassissimo costo
ed in modo illecito, detraggono
l’IVA ma in modo illecito.
Spesso le buste paga sono state in qualche modo manomesse. Ma sono
società costituite per avere una vita breve, non più di 3 anni,
scompaiono in modo da essere difficilmente rintracciabili soprattutto
per il fisco. In mezzo ci sono i nuovi schiavi…”
I
nuovi schiavi.
Anche
in DHL
sono stati trovati i nuovi schiavi: da questa azienda GDF ha
recuperato 60ml di euro e l’azienda ha concordato con
l’amministrazione giudiziaria l’assunzione di questi
lavoratori.
Corrieri di DHL che lavorano per DHL da anni ma che
non sono assunti da DHL…
Sono
situazioni di lavoro che, in nome della flessibilità, nata col
ministro Tiziano Treu (governo Dini e Prodi), hanno creato situazione
di disuguaglianza, di povertà, mortificando la dignità dei
lavoratori: la sua riforma ha consentito che qualcuno guadagnasse
sulle spalle dei lavoratori.
Questa flessibilità è cresciuta
poi con la legge Biagi, molte cooperative sono diventate strumento di
lavoro a basso costo.
Siamo il paese col più vasto patrimonio culturale con siti Unesco, parchi archeologici: ma poi i lavoratori che ci lavorano dentro hanno un contratto da vigilantes.
A Verona, città d'arte, nei musei civici, oltre ai dipendenti comunali, lavorano anche 65 operatori museali dipendenti e soci, che è vincitrice di una gara d’appalto, la maggior parte sono giovani laureati e sono pagati 4 euro l’ora, nonostante conoscano le lingue e siano specializzati nella materia dei beni culturali.
Un operatore museale che preferisce mantenere l’anonimato ha raccontato a Report la sua situazione: lavora presso la casa di Giulietta, l’Arena, Castelvecchio: il loro contratto dovrebbe essere quello di federculture, ma nessuno di loro ha questo contratto. In realtà lavorano con un contratto fiduciario, che è quello degli operatori di sorveglianza nei musei e la paga è di 4 euro all’ora. Si parla di mille, mille e cento euro al mese quando va bene: “pensavo che una paga oraria così bassa non esistesse neanche più.”.
Sono lavoratori che si sentono sfruttati, presi in giro, molti di loro sono laureati nel settore dei beni culturali e non si sentono valorizzati.
La cooperativa Le macchine celibi di Bologna ha vinto l’appalto con il comune di Verona applicando un contratto multiservizi, quello per gli addetti alle pulizie, già di per sé penalizzante, ma poi in corsa, senza accordi e unilateralmente ha peggiorato il contratto in quello della vigilanza, si chiama servizi fiduciari, che prevede appunto paghe da 4 euro l’ora.
Quello che indigna è che dei lavoratori oggi siano costretti a raccontare la loro situazione di sfruttamento incappucciati come fossero dei mafiosi pentiti: non ci mettono la faccia perché vengono minacciati, rischiano di perdere il posto di lavoro. E i sindacalisti? Racconta uno di questi ragazzi “le posso assicurare che non si esporrà proprio perché la paura è forte. Penso che la paura sia forte per il sindacalista, soprattutto nella direzione museale perché hanno questo sistema di minacce e di ricatto..”
La
paura
è forte: nemmeno il delegato CGIL ha voluto metterci la faccia, la
segretaria del settore turismo e servizi non ha voluto fare il nome
dell’azienda, della cooperativa che ha cambiato le condizioni di
lavoro in peggio.
“Hanno fatto una cosa lecita ma l’hanno
fatta senza l’accordo dei sindacati…”: nel settore del turismo
esiste una forma di ricatto nei confronti dei lavoratori e il
sindacato non può fare nulla?
Dobbiamo abituarci a questo?
L’imbarazzo della segretaria Filcams è palpabile: ci sono cose che non si possono dire, sono permesse dalla legge e non si può fare nulla, né contro la cooperativa né contro il comune.
E il comune di Verona? L’assessore dice che servirebbe un contratto nazionale da applicare, peccato che esista, è quello della federculture. Ma perché allora non applicano quei contratti? Perché non scelgono meglio le cooperative? Come mai il timore delle ritorsioni da parte dei lavoratori museali?
I lavoratori in appalto al Colosseo lavorano a sei euro all’ora: il consorzio CNS, che ha vinto l’appalto, è lo stesso del comune di Verona. Così a Roma come a Verona i lavoratori della cultura si mostrano senza volto, anche loro temono di vedersi applicati il contratto multiservizi.
E la coop che dice? Legacoop spiega che CNS è stata espulsa dal mondo delle cooperative, ma rimane legata a Legacoop: anche loro sarebbero disposti a trovare un accordo nazionale.
Anche Confcooperative che associa migliaia di aziende si dimostra disponibile a voler applicare contratti migliori..
E
dunque cosa aspettiamo?
Che aspetta il ministro Sangiuliano a tutelare le
persone che lavorano nel mondo della cultura?
Vogliamo
dire che è una vergogna vedere persone costrette all’anonimato per
paura di ritorsioni? Che è una vergogna vedere contratti a 4 euro
l’ora? Di vedere persone che guadagnano sul lavoro degli altri, sul
lavoro a somministrazione?
Dopo
la pandemia lo stato, che ha dovuto erogare i ristori, ha scoperto
dell’esistenza di un esercito di invisibili, lavoratori nelle
palestre e nelle piscine: 600mila professionisti pagati come
dilettanti, come collaboratori sportivi. È un contratto illecito,
che però viene applicato: almeno finché la CGIL ha aperto le
vertenze, che i lavoratori avrebbero vinto.
Durante il lockdown
questi lavoratori erano senza ristori: da qui si è aperta una
finestra sui collaboratori sportivi, ma dal 2021 la riforma su queste
persone non è ancora partita, osteggiata dal Coni e dalle imprese
sportive che non vorrebbero pagare maggiori costi.
Il
ministro Abodi ha preso l’impegno di cambiare le cose per luglio:
aumenteranno i costi di gestione, ma ne vale la pena, se si tratta di
tutelare il lavoro e la salute delle persone.
Da
dove
nasce questa situazione nel lavoro, dove nasce questo precariato?
Dalle lettera di Draghi e Trichet a Berlusconi, dalla riforma di
Monti, dalle riforme di Renzi e Poletti (e i voucher esplosi) con la
cancellazione dell’articolo 18. Fino al decreto lavoro di Meloni,
lanciato proprio il 1 maggio, che ha ampliato ancora di più la
flessibilità.
Dal mercato degli schiavi si uscirà solo quando
politici e imprenditori capiranno che dalla stipula del contratto c’è
anche la dignità della persona.
A RUOTA LIBERA di Antonella Cignarale, con la collaborazione Marzia Amico
Quando compriamo uno pneumatico paghiamo anche il contributo per lo smaltimento: questa regola salta quando si prendono pneumatici dal circuito illegale.
Così, con le gomme dei flussi illegali e quelle pagate in nero creano problemi per lo smaltimento, portando all’accumulo delle gomme non smaltite.
Attenzione anche agli acquisti online, va sempre verificato che sia presente anche nella ricevuta fiscale il contributo per lo smaltimento.
Ma
i rivenditori che non indicano il contributo ambientale non rischiano
alcuna sanzione – ha scoperto Report, ci sono poi enti pubblici che
non sono convinti di doverla pagare.
Il principio è che chi
immette uno pneumatico debba anche occuparsi dello smaltimento o
direttamente oppure tramite i consorzi: per legge si devono smaltire
il 95% in peso di quelli immessi sul mercato. Se non ci fosse il nero
o i furbetti: per questi controlli servirebbe un registro elettronico
dei produttori importatori che ancora non esiste, avrebbe dovuto
essere pronto nel 2021. Oggi il ministero dell’ambiente deve
basarsi sulle autodichiarazioni dei produttori e sui controlli della
GDF che fa controlli a campione. Alla fine si tratta di un controllo
fallace: così nelle officine le gomme si accumulano, creando anche
problemi di sicurezza.
Così le autofficine diventano
responsabili dell’accumulo degli pneumatici: perché chi deve
raccogliere le gomme arriva al 95%, non è tenuto a raccoglierne
altre.
Servirebbe il tracciamento delle gomme anche per evitare
i traffici illeciti: il ministero dell’ambiente nel frattempo ha
scelto di imporre ai consorzi una maggiore percentuale di pneumatici,
consentendo l’aumento dei contributi, dunque a carico nostro.
Le
gomme potrebbero essere riciclate, per isolare le sale dove si
registra musica, con la gomma riciclata si creano scarpe per curare
le mucche malate. La gomma è destinata anche a piste d’atletica,
per pavimentazioni antishoc per i bambini, si può usare nell’asfalto
…
Dallo pneumatico si ricava gomma, acciaio e fibra tessile,
si ricava anche energia come combustibile: la legge indica come
preferenza il recupero di materiale rispetto al recupero energetico,
sebbene sia più conveniente bruciare gli scarti.
Ma bruciare è
un retaggio della vecchia gestione, che va a discapito del ricircolo
dei materiali.
Nessun commento:
Posta un commento