07 maggio 2023

Il re del gelato, di Cristina Cassar Scalia

 

Le prime gocce s’erano palesate alle cinque del mattino, precedute da tuoni e fulmini che pareva si stesse aprendo il cielo. Una dopo l’altra, sempre più consistenti, sempre più frequenti, fino a fondersi in uno scroscio dal rumore simile ad una cascata. Una bomba d’acqua di quelle serie,, che in tre minuti avrebbe ridotto Catania a un unico corso d’acqua completo di rapide, dighe naturali e laghi artificiali con tanto di automobili galleggianti.
Il vicequestore aggiunto Giovanna Guarrasi, detta Vanina, aprì gli occhi di colpo balzando sul materasso, il cuore in gola per il boato che aveva appena scosso i vetri.

In attesa del prossimo romanzo con protagonista la vicequestore Vanina (con una enne sola) Guarrasi e in attesa di vederla anche in carne e ossa, nella serie televisiva che andrà in onda su Mediaset, consoliamoci con quest’ultimo “Il re del gelato” che costituisce il capitolo 0 della serie.

La vicequestore è arrivata a Catania da pochi mesi, nel suo nuovo appartamento nel paese di Santo Stefano, vicino alla “muntagna”, come viene chiamato l’Etna, ha ancora tutti i suoi DVD, i suoi libri imballati.

L’arrivo a Catania è sia un ritorno che una fuga, dopo l’esperienza a Milano e dopo la fuga da Palermo, dove lavorava nella sezione contro la criminalità organizzata, sulle orme del padre, l’ispettore Guarrasi, ucciso in servizio. Assieme al procuratore Paolo Malfitano, il pm nel mirino della mafia per il suo lavoro.

Ma per quanti kilometri si possano mettere da Palermo, certi ricordi, certi pensieri non si possono cancellare: il ricordo della relazione con Paolo, il dolore per quell’attentato in cui lei gli salvò la vita, il padre. E ora Catania, alla sezione reati contro la persona, a capo di una nuova squadra con cui ancora deve fare affiatamento. A cominciare dall’ispettore Spanò, uno degli anziani del gruppo

Ispettore, me lo dice che successe, per cortesia? – Spanò sembrava un buon elemento, ma aveva il vizio di parlare assai.

Ragione ha, dottoressa, mi scusi, – s’imbarazzò il poliziotto. – La volevo avvertire che mi chiamarono poco fa dalla gelateria di Agostino Lomonaco -. Si fermò un attimo. – Le conosce le gelaterie di Lomonaco, no?

Il Re del gelato.

Vanina si sforzò di ricordare, ma no: Catania per lei era ancora un’incognita. – No, non le conosco.

Non può essere! Manco una? – si stupí l’ispettore. La Guarrasi perse la pazienza.

Spanò, la vogliamo finire? Mi dice che successe in questa gelateria? Ammazzarono a qualcuno?
- Nonsignore.
- E allora che fu?

Successe una strana faccenda, diversi clienti delle gelaterie di Lomonaco trovarono nel gelato delle pillole: alcuni clienti si spaventarono, andando perfino a denunciare la cosa. Siccome il re dei gelati e l’ispettore si conoscevano, Spanò non se la sentì di lasciar perdere la richiesta di aiuto: Lomonaco era fiero del suo lavoro, queste pillole trovare nei suoi gelati potevano creare danno alla sua immagine.

Inizia così, con una strana storia di gelati e di pillole questa prima inchiesta dentro cui Vanina si getta dentro, perché “per lei, che pativa la mancanza di lavoro almeno quanto altri colleghi ne pativano la sovrabbondanza, in un momento come quello di calma piatta una fesseria era sempre meglio di niente.”

Ma questa storia si rivelerà molto più che una fesseria, perché ci sono due cose che non tornano: lo stesso Lomonaco racconta non aveva nemici, persone che avrebbero potuto vendicarsi contro di lui con quelle pillole. Forse una minaccia che arriva dalla mafia, un tentativo di estorsione? Non può essere, Vanina sa per esperienza personale che i mafiosi ricorrono a strumenti ben diversi, una bomba, un incendio.

E poi, succede che arriva il morto

- Dottoressa, Spanò sono. Mi scusi se la svegliai ma era urgente.
- Tranquillo, non mi svegliò. Che successe?
- Ammazzarono a Lomonaco.

Qualcuno è entrato nella gelateria numero uno e aveva sfondato la testa al re dei gelati. A questo punto l’indagine diventa seria e, come la sua esperienza le aveva insegnato, chiede ai suoi uomini di indagare partendo dalla cerchia dei familiari del morto che andando a scavare nel suo passato

Era una cosa che aveva imparato negli ultimi anni, quando s’era trovata, per propria scelta, a occuparsi di omicidi «comuni», all’apparenza privi di movente. Nei reati di mafia il movente era quasi sempre presumibile, e l’ambiente in cui andare a cercare i criminali più o meno circoscritto. Ampio, certo, viscido da pigliare scivoloni memorabili, ma comunque circoscritto. Vittime e carnefici si scambiavano di continuo i ruoli. Nel caso in cui l’ammazzato o l’ammazzata erano persone «normali», invece, le indagini potevano prendere qualunque direzione. Sul principio le pareva di girare in tondo senza concludere niente. Capire da dove veniva e che vita aveva fatto la vittima aiutava a inquadrarlo meglio. O almeno così funzionava per lei.

Nella cerchia familiare, dentro cui iniziano le prime indagini, c’era qualcosa che non funzionava: i rapporti tra il morto, Agostino Lomonaco e la moglie, per esempio, che si erano raffreddati con gli anni. Andando a controllare i conti dell’azienda e i documenti privati custoditi dentro la cassaforte emerge qualcosa che potrebbe rafforzare la pista familiare.

Tutti indizi che portano dritti contro la figlia, Corinna Lomonaco, con grande soddisfazione del pm Vassalli, “uno che si scanta della sua ombra”, per il timore di imbattersi in personaggi altolocati nelle sue inchieste.
Tutto il contrario di Vanina che non si fa premura né di scomodare questi personaggi né di seguire fino in fondo tutte le piste, perché questa soluzione così facile, così a portata di mano non la convince. Così come la pista dell’estorsione, del racket, le crea qualche problema: quella da Palermo è stata una fuga dalla sua città ma anche una fuga dalle indagini sulla mafia a cui ora il destino sembra volerla riportare.

La squadra di Vanina però troverà la pista giusta, sia ricorrendo agli aiuti della scienza, col prezioso lavoro del medico legale Adriano Calì, che condivide con lei la passione per il cinema (specie i film degli anni 50-60), sia con mezzi meno ufficiali, come la rete dei parenti dell’ispettore Spanò, capace di scovare informazioni su ogni cittadino catanese. Soprattutto, vincendo l'iniziale diffidenza con questa poliziotta all'apparenza spigolosa, ma con le sue fragilità frutto delle tante ferite del suo passato

- C’è bisogno di un po’ di rodaggio, dobbiamo conoscerci meglio, ma la squadra promette bene. Ho fiducia in voi.
- Quindi possiamo chiamarti capo come i tuoi uomini fidati di Palermo? - chiese Marta.
- Direi proprio di sì. Tutti i qui presenti.
In questo romanzo, che precede temporalmente il primo della sere, “Sabbia nera”, ritroviamo già quasi tutti gli ingredienti che abbiamo incontrato poi: per esempio i luoghi dove Vanina va a soddisfare i suoi desideri gastronomici, il bar di Alfio, la putia di Sebastiano (che la salverà dall’ennesima serata a latte e biscotti), la trattoria di Nino. Attenzione a non banalizzare l’argomento, ci sono questioni su cui non si scherza, come ad esempio la differenza tra arancino (come si dice a Catania) e arancine (come si dice a Palermo).

Fa capolino, in un piccolo cameo, un personaggio che ritroveremo, con un ruolo anche determinante, in tutte le future indagini del vicequestore Guarrasi: l’ex commissario Patané, “un uomo anziano, vestito in modo elegante, con cui l’ispettore sembrava molto in confidenza. Spanò lo accompagnò alla sua auto, una Panda bianca scassata che stonava con l’abbigliamento ricercato del conducente..”

La scheda del libro sul sito di Einaudi e il PDF del primo capitolo
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