Oggi, 9 maggio, è la giornata della memoria delle vittime del terrorismo: considerando come questo governo (di destra, non antifascista) sta riscrivendo la storia di questi anni, mi chiedo in che modo verranno commentati oggi, a 45 anni di distanza i due eventi, la scoperta del cadavere di Aldo Moro e la scoperta, qualche km più in la, del cadavere dilaniato di Peppino Impastato.
Due storia distinte, da una parte il tragico epilogo della prigionia del presidente DC Aldo Moro, stritolato nell'ingranaggio della ragione di Stato e della fermezza nei confronti dei brigatisti e la visione delirante di chi inseguiva la dittatura del proletariato.
Dall'altra parte il piccolo grande siciliano, nato da una famiglia mafiosa, che riesce ad uscire da quel mondo, andando perfino a sfidare la mafia, quel boss che viveva a 100 passi da casa sua.
Si trattava di Tano Badalamenti, che dalla sua radio Peppino chiamava "don Tano seduto", che comandava sul maficipio di Cinisi.
Temo che l'anniversario della morte di Aldo Moro (i cui misteri sono ormai dimenticati dentro uno dei tanti armadi, pieni di ragnatele) verrà strumentalizzato perché considerato un morto da addossare alla sinistra.
E il povero Peppino Impastato, che voleva poter gridare che la mafia è una montagna di merda, denunciare i legami tra amministratori e mafiosi?
Dopo la scoperta del cadavere, i carabinieri sposarono la tesi dell'attentatore solitario che si era fatto esplodere. Oggi uno Impastato verrebbe fatto passare per pazzo, perché la mafia non deve essere disturbata.
Questo pessimismo sulla nostra memoria condivisa, sul terrorismo, sulla mafia, non può che aumentare dopo il servizio di ieri di Report sulla rete di protezione che ha consentito a Matteo Messina Denaro di rimanere latitante per 30 anni (e prima ancora i 40 anni di latitanza non lontano da casa di Provenzano).
Cosa racconteremo oggi, per ricordare Aldo Moro (e del declino della prima repubblica, che inizia a morire in quel 1978) ? Del fatto che la versione dei fatti sull'agguato, sulla prigionia e sulla morte è di fatto quella dei brigatisti, con tutti i punti rimasti colpevolmente oscuri?
E cosa diremo, oltre alle scontate parole di circostanza sulla mafia, su Impastato, sui depistaggi di stato, sul fatto che siamo arrivati alla verità sulla morte di questo pazzo siciliano (che prendeva in giro il potente capomafia di Cinisi) grazie alle rivelazioni dei pentiti?
E cosa diremo il 23 maggio, altra data storica nel nostro calendario laico fatto di martiri?
Che abbiamo sconfitto la mafia, che abbiamo arrestato i boss, che lo stato, la politica è stata inflessibile contro la mafia?
Si tratta della stessa politica che ha avuto nel suo interno un politico come Dell'Utri, condannato per concorso esterno in mafia. O come il sottosegretario D'Alì, condannato pochi mesi fa, poco prima che Messina Denaro fosse catturato.
Oggi, stravolgendo il significato della parola garantismo, abbiamo coperto con un velo di ipocrisia la guerra della mafia allo stato, la trattativa (quando pezzi dello Stato si sono parlati con i mafiosi dopo la strage di Capaci), l'attacco da una parte della politica contro le leggi antimafia. Nel 1978 Peppino Impastato chiamava il capomafia Badalamenti "Tano Seduto" dai microfoni della sua radio. Oggi a Campobello cadono tutti dal pero, dopo gli arresti della rete di protezione che ha aiutato Messina Denaro.
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