05 settembre 2023

Presadiretta – Stato di calamità permanente

Le ondate di calore in Italia, i fiumi di ghiaccio al nord, i tornadi a devastare l’hinterland milanese, i torrenti che esondano: siamo in uno stato calamità permanente.

Incredibile che ancora oggi ci siano persone che sottovalutino questi eventi, che non si siano ricreduti nemmeno dopo l’alluvione in Romagna. Questo ha messo in crisi una porzione importante di territorio, sin dalle montagne: c’è stato un forte richiamo di area calda e umida, attorno ai primi di maggio, così in pochi giorni è caduta l’equivalente di sei mesi di pioggia, ma in due giorni spiega a Presadiretta il responsabile dei meteorologi.
Queste piogge le ho viste solo in Africa – racconta Alessandro Liverani a Iacona mentre accompagna il giornalista a vedere le frane in montagne: passati pochi mesi ci sono ancora strade da mettere in sicurezza, ma ci sono anche frane enormi, le frane XL, che hanno cambiato la forma e la struttura della montagna. Hanno franato anche i boschi, rimangono le “unghiate” della frana: tutto colpa del fatto che i boschi sono stati abbandonati.

Uno che non ha abbandonato la montagna è il viticoltore Bordini: con piccoli gesti ha tenuto pulita la sua montagna, drenando l’acqua in piccoli fossi, così è riuscito a salvare la sua vigna.

Ma anche la città è tutelata se si proteggono le montagne: dobbiamo essere preparati ad affrontare questi eventi che saranno più frequenti nel futuro.

L’alluvione farà perdere ancora gente alla montagna? Questo il timore nel comune di Modigliana, dove manca personale per lavorare sul territorio, per continuare a far funzionare le attività dell’uomo. Per anni però si è impoverito il pubblico, si sono svilite le province, si è ridotto il personale che poteva lavorare per ricostruire strade, analizzare il corso dei fiumi.

Fiumi che sono stati irregimentati e deviati per fare spazio alle costruzioni nuove: sono i fiumi e i torrenti che hanno ricevuto dalla montagna fango e acqua e che con l’alluvione hanno invaso le case, industrie, attività costruite nell’alveo del fiume.

Negli spazi dei fiumi l’uomo ha costruito impianti, ha tirato su campi di kiwi (che si esportano in tutto il mondo): il fiume Marselo si è ripreso tutto, causando danni per centinaia di migliaia di euro.

Oggi bisognerebbe essere intelligenti e lasciar scorrere e respirare il fiume: alle porte di Faenza il torrente ha inondato la città, come successo per tanti altri torrenti e città: niente deve essere dimenticato, occorre onorare le vittime, occorre capire cosa è successo e cosa va fatto per mantenere la nostra bella e fragile Italia – così Iacona concludeva l’anteprima della puntata.

Giordano Bruno è uno degli abitanti di Ronta, vicino Cesesa: il fiume ha inondato le strade della città. Qui sono morte diverse persone, come i genitori della signora Manuzzi, portati via dalla corrente dell’acqua.
Lucia Manuzzi come tanti altri è stata salvata dai vigili del fuoco: migliaia di persone gridavano aiuto dalle finestre, mentre vedevano le acque entrare nelle loro case, mentre vedevano le loro vite messe a rischio. L’acqua nelle strade dei paesi era salita fino a due metri e trascinava via tutto quello che trovava. Qui, a Sant’Agata sul Santerno ci sono stati due morti, ma potevano essere di più se l’alluvione fosse arrivato di giorno e non di notte: questo paese si trova sotto l’argine del fiume, quando l’alluvione ha rotto l’argine davanti al paese, ha distrutto tutto. Per salvare le persone sono dovuti arrivare gli elicotteri dei Vigili del Fuoco e dell’Esercito che nella notte hanno effettuato migliaia di salvataggi.

Delle sedici vittime ben dieci sono morte nelle città, nelle loro case: come a Forlì, dove le persone sono morte intombate dentro le loro case al pian terreno.

E chi stava ai piani alti non poteva sapere quando l’acqua si sarebbe fermata…

A distanza di settimane, quando il servizio è stato girato, le persone erano ancora sotto choc, ricordavano bene la paura di quei momenti.
Ma questo non ha impedito alle centinaia di volontari di mobilitarsi, per salvare le persone, per chiudere alle aziende di far cessare le attività produttive e mandare le persone a casa.

Sono saltati le fogne, le luci, i servizi: tutto quello che rende le città sicure, quello dell’Emilia Romagna è stato il terzo evento più catastrofico del 2023 proprio perché ha colpito il tessuto delle città.

Bisogna riprogettare il territorio, le città, smetterla di negare questo cambiamento climatico: queste le cose da fare. Ma a che punto è la ricostruzione oggi?

Presadiretta è andata nelle città per capire qual è la situazione a tre mesi dall’alluvione: Faenza ha ancora case chiuse, ci sono imprese che hanno riaperto ma coi soldi del proprietario, perché i fondi pubblici non sono ancora arrivati e nessuno qui ha voglia di indebitarsi con le banche.
E gli imprenditori che non hanno soldi per ripartire? Senza ristori, senza paletti precisi sul quando ricevere i soldi, le imprese non possono ripartire.
Il governo ha previsto un finanziamento per aiutare questi imprenditori: ma una buona parte dei fondi sono rimasti non usati per destinati all’export. Si deve aspettare fino al 30 settembre – ha risposto il governo: ma qui le imprese non possono aspettare, i sindaci del PD della provincia hanno proposto che i fondi non spesi siano messi subito a disposizione.

Anche le imprese agricole hanno avuto danni: hanno preso 3000 euro per i tre mesi di non produzione, ma è veramente poco.

Così alla fine i primi soldi sono stati messi dai sindaci dell’Emilia Romagna: come i soldi per i cerotti, finanziati dal comune di Cesena per esempio.
O come gli interventi sul territorio iniziati dai sindaci e poi stoppati dal governo. O come i fondi per le famiglie, per i danni alle loro case e al loro mobilio.

I comuni hanno speso soldi anche per gli alloggi temporanei destinati agli sfollati: tutti vorrebbero rientrare nelle case, il governo ha stanziato per la ricostruzione delle case 120 ml ma solo sulla carta.

Dopo i primi giorni è partito un clima di scontro che ha generato una polemica politica, da parte di esponenti del governo contro i sindaci del PD – racconta il sindaco di Ravenna De Pascale.
Saranno risarciti tutti – assicura il senatore di FDI Lisei – che da la colpa alle procedure degli enti locali, comuni e regione, che non hanno perimetrato i danni.

In studio era presente il presidente Bonaccini: il governo ha mandato a Bruxelles un documento con la quantificazione dei danni, 8 mld, che dunque esiste. I danno erano stati quantificati, da regione e sindaci: per i privati sono 4 mld di euro. I 3000 euro alle famiglie sono stati decisi da Bonaccini stesso, assieme alla Protezione Civile.
Il problema – continua Bonaccini – è rendicontare e asseverare: ma le persone ancora non hanno i moduli per le perizie, dei 900 ml come ammortizzatori sociali della ministra Calderone sono stati usati solo 30ml.
Si comprende la rabbia del presidente oggi, che Iacona non è riuscito a fermare: difficile accettare le accuse politiche fatte dal governo di voler cercare visibilità con l’emergenza.

Il punto di vista degli scienziati

Iacona ha visitato il territorio colpito in Emilia Romagna assieme ai ricercatori dell’IRPI, del CNR: negli anni l’IRPI ha analizzato le fragilità del territorio nazionale, realizzando una mappa di previsione delle frane su tutto il paese.
Sanno cosa andrebbe fatto, per contenere le frane, le acque dei fiumi (su in montagna, prima che arrivi a valle), per evitare che le alluvioni si prendano case e strade.
Il sistema di equilibrio tra uomo e territorio che ha retto per secoli oggi va rivisto: la politica deve aprire oggi il cantiere Italia, che sarebbe anche una grande occasione per creare sviluppo e lavoro.
A Forlì il fiume Montone ha saltato il suo argine: queste sono state messe in crisi dalle tane degli istrici, pulire gli argini dagli alberi, dare spazio ai fiumi, “il fiume non vende mai, affitta sempre” spiega il presidente dell’IRPI.
La sicurezza delle città non può essere lasciata sola agli argini, ma oggi non basta: nel quartiere Romiti, a poche centinaia di metri dall’argine del fiume Montone, è finito tutto sott’acqua.
Meglio avere fiumi larghi a monte, rinunciando a qualche costruzione e campi, che fiumi stretti che scorrono veloce e mandano tutta l’acqua a valle: come l’allevamento di galline ovaiole costruito dentro l’alveo del Montone.

Servono le casse di laminazione, lungo il corso dei fiumi, che bloccano le piene a monte e che servono anche per salvare acqua nei momenti di siccità.
Negli anni settanta-ottanta si è costruito troppo e male: sono oggi gli stessi sindaci delle zone colpite che chiedono di smettere di cementificare e restringere gli alvei dei fiumi.
Tutte cose che Legambiente a Faenza aveva detto ben prima dell’alluvione: ci sono tante costruzioni avviate e non ancora costruite, per tutte le licenze rilasciate dal comune.

Basta consumo del territorio dentro e fuori le città, a ridotto degli svincoli autostradali, per i poli logistici dei capannoni, per i parcheggi: tutto cemento che impermeabilizza il suolo.
Secondo l’ISPRA, in ER si è continuato a consumare suolo pubblico nonostante la legge regionale sul consumo del territorio: questa è la terza regione dove si è costruito di più, raccontano dall’ISPRA: ci sono i cantieri per la logistica, i cantieri per nuove aree residenziali, gran parte delle trasformazioni del suolo agricolo sono avvenute in zone ad alta pericolosità idraulica.
La legge sul consumo del suolo in ER andrebbe riformata in senso più restrittivo: si sono concesse ai comuni troppe proroghe, come i poli della logistica fatti passare per costruzioni di interesse pubblico.

Manca una legge nazionale – la risposta del presidente Bonaccini – che sia restrittiva sul consumo del suolo.

I negazionisti climatici ovvero gli ecodubbiosi

Fa caldo? Beh è estate, ha sempre fatto calso. Piove? Ma come non c’era la siccità? Fa freddo? Visto, altro che riscaldamento globale.. Si parla di ecoterrorismo, si fa polemica sul clima dividendosi come tifosi: Salvini parla di cicli climatici, Pichetto Fratin dice di non essere certo delle responsabilità umane. Ma gli scienziati sono tutti concordi su un tema: il tema del clima deve stare al centro dell’agenda politica, se le cause del riscaldamento globale sono antropiche è una buona notizia, perché significa che possiamo porvi rimedio.
Siamo noi la causa dei fenomeni sempre più estremi: si sentono ancora le favolette su Annibale che ha attraversato le Alpi, dei cicli naturali devono parlare gli scienziati non Salvini, che al limite dovrebbe occuparsi di infrastrutture.

Ma a casa della Lega non ne vogliono sapere e si trincerano dietro articoli di scienziati scettici sui cambiamenti climatici. La stessa presidente Meloni parla poco del riscaldamento globale e della crisi climatica, meglio non scontentare i suoi elettori. Che della transizione ecologica non ne vogliono sentir parlare: la definiscono terrorismo green.

Quando saranno egemoni anche in Europa, questi partiti di destra, cosa faranno dei piani “green”?

Chissà se l’esponente di FDI Procaccini è consapevole che i cambiamenti climatici sono anche responsabili delle migrazioni delle popolazioni dal sud del mondo, come in Tunisia.

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