Le ondate di calore in Italia, i fiumi di ghiaccio al nord, i tornadi a devastare l’hinterland milanese, i torrenti che esondano: siamo in uno stato calamità permanente.
Incredibile che
ancora oggi ci siano persone che sottovalutino questi eventi, che non
si siano ricreduti nemmeno dopo l’alluvione in Romagna. Questo ha
messo in crisi una porzione importante di territorio, sin dalle
montagne: c’è stato un forte richiamo di area calda e umida,
attorno ai primi di maggio, così in pochi giorni è caduta
l’equivalente di sei mesi di pioggia, ma in due giorni spiega a
Presadiretta il responsabile dei meteorologi.
Queste piogge le
ho viste solo in Africa – racconta Alessandro Liverani a Iacona
mentre accompagna il giornalista a vedere le frane in montagne:
passati pochi mesi ci sono ancora strade da mettere in sicurezza, ma
ci sono anche frane enormi, le frane XL, che hanno cambiato la forma
e la struttura della montagna. Hanno franato anche i boschi,
rimangono le “unghiate” della frana: tutto colpa del fatto che i
boschi sono stati abbandonati.
Uno che non ha abbandonato la montagna è il viticoltore Bordini: con piccoli gesti ha tenuto pulita la sua montagna, drenando l’acqua in piccoli fossi, così è riuscito a salvare la sua vigna.
Ma anche la città è tutelata se si proteggono le montagne: dobbiamo essere preparati ad affrontare questi eventi che saranno più frequenti nel futuro.
L’alluvione farà perdere ancora gente alla montagna? Questo il timore nel comune di Modigliana, dove manca personale per lavorare sul territorio, per continuare a far funzionare le attività dell’uomo. Per anni però si è impoverito il pubblico, si sono svilite le province, si è ridotto il personale che poteva lavorare per ricostruire strade, analizzare il corso dei fiumi.
Fiumi che sono stati irregimentati e deviati per fare spazio alle costruzioni nuove: sono i fiumi e i torrenti che hanno ricevuto dalla montagna fango e acqua e che con l’alluvione hanno invaso le case, industrie, attività costruite nell’alveo del fiume.
Negli spazi dei
fiumi l’uomo ha costruito impianti, ha tirato su campi di kiwi (che
si esportano in tutto il mondo): il fiume Marselo si è ripreso
tutto, causando danni per centinaia di migliaia di euro.
Oggi bisognerebbe essere intelligenti e lasciar scorrere e respirare il fiume: alle porte di Faenza il torrente ha inondato la città, come successo per tanti altri torrenti e città: niente deve essere dimenticato, occorre onorare le vittime, occorre capire cosa è successo e cosa va fatto per mantenere la nostra bella e fragile Italia – così Iacona concludeva l’anteprima della puntata.
Giordano Bruno è
uno degli abitanti di Ronta, vicino Cesesa: il fiume ha inondato le
strade della città. Qui sono morte diverse persone, come i genitori
della signora Manuzzi, portati via dalla corrente dell’acqua.
Lucia
Manuzzi come tanti altri è stata salvata dai vigili del fuoco:
migliaia di persone gridavano aiuto dalle finestre, mentre vedevano
le acque entrare nelle loro case, mentre vedevano le loro vite messe
a rischio. L’acqua nelle strade dei paesi era salita fino a due
metri e trascinava via tutto quello che trovava. Qui, a Sant’Agata
sul Santerno ci sono stati due morti, ma potevano essere di più se
l’alluvione fosse arrivato di giorno e non di notte: questo paese
si trova sotto l’argine del fiume, quando l’alluvione ha rotto
l’argine davanti al paese, ha distrutto tutto. Per salvare le
persone sono dovuti arrivare gli elicotteri dei Vigili del Fuoco e
dell’Esercito che nella notte hanno effettuato migliaia di
salvataggi.
Delle sedici vittime ben dieci sono morte nelle città, nelle loro case: come a Forlì, dove le persone sono morte intombate dentro le loro case al pian terreno.
E chi stava ai piani
alti non poteva sapere quando l’acqua si sarebbe fermata…
A
distanza di settimane, quando il servizio è stato girato, le persone
erano ancora sotto choc, ricordavano bene la paura di quei
momenti.
Ma questo non ha impedito alle centinaia di volontari
di mobilitarsi, per salvare le persone, per chiudere alle aziende di
far cessare le attività produttive e mandare le persone a casa.
Sono saltati le fogne, le luci, i servizi: tutto quello che rende le città sicure, quello dell’Emilia Romagna è stato il terzo evento più catastrofico del 2023 proprio perché ha colpito il tessuto delle città.
Bisogna riprogettare il territorio, le città, smetterla di negare questo cambiamento climatico: queste le cose da fare. Ma a che punto è la ricostruzione oggi?
Presadiretta è
andata nelle città per capire qual è la situazione a tre mesi
dall’alluvione: Faenza ha ancora case chiuse, ci sono imprese che
hanno riaperto ma coi soldi del proprietario, perché i fondi
pubblici non sono ancora arrivati e nessuno qui ha voglia di
indebitarsi con le banche.
E gli imprenditori che non hanno
soldi per ripartire? Senza ristori, senza paletti precisi sul quando
ricevere i soldi, le imprese non possono ripartire.
Il governo
ha previsto un finanziamento per aiutare questi imprenditori: ma una
buona parte dei fondi sono rimasti non usati per destinati
all’export. Si deve aspettare fino al 30 settembre – ha risposto
il governo: ma qui le imprese non possono aspettare, i sindaci del PD
della provincia hanno proposto che i fondi non spesi siano messi
subito a disposizione.
Anche le imprese agricole hanno avuto danni: hanno preso 3000 euro per i tre mesi di non produzione, ma è veramente poco.
Così alla fine i
primi soldi sono stati messi dai sindaci dell’Emilia Romagna: come
i soldi per i cerotti, finanziati dal comune di Cesena per esempio.
O
come gli interventi sul territorio iniziati dai sindaci e poi
stoppati dal governo. O come i fondi per le famiglie, per i danni
alle loro case e al loro mobilio.
I comuni hanno speso soldi anche per gli alloggi temporanei destinati agli sfollati: tutti vorrebbero rientrare nelle case, il governo ha stanziato per la ricostruzione delle case 120 ml ma solo sulla carta.
Dopo i primi giorni
è partito un clima di scontro che ha generato una polemica politica,
da parte di esponenti del governo contro i sindaci del PD –
racconta il sindaco di Ravenna De Pascale.
Saranno risarciti
tutti – assicura il senatore di FDI Lisei – che da la colpa alle
procedure degli enti locali, comuni e regione, che non hanno
perimetrato i danni.
In studio era presente il
presidente Bonaccini: il governo ha mandato a Bruxelles un
documento con la quantificazione dei danni, 8 mld, che dunque esiste.
I danno erano stati quantificati, da regione e sindaci: per i privati
sono 4 mld di euro. I 3000 euro alle famiglie sono stati decisi da
Bonaccini stesso, assieme alla Protezione Civile.
Il problema –
continua Bonaccini – è rendicontare e asseverare: ma le persone
ancora non hanno i moduli per le perizie, dei 900 ml come
ammortizzatori sociali della ministra Calderone sono stati usati solo
30ml.
Si comprende la rabbia del presidente oggi, che Iacona non
è riuscito a fermare: difficile accettare le accuse politiche fatte
dal governo di voler cercare visibilità con l’emergenza.
Il punto di vista degli scienziati
Iacona ha
visitato il territorio colpito in Emilia Romagna assieme ai
ricercatori dell’IRPI, del CNR: negli anni l’IRPI ha analizzato
le fragilità del territorio nazionale, realizzando una mappa di
previsione delle frane su tutto il paese.
Sanno cosa andrebbe
fatto, per contenere le frane, le acque dei fiumi (su in montagna,
prima che arrivi a valle), per evitare che le alluvioni si prendano
case e strade.
Il sistema di equilibrio tra uomo e territorio
che ha retto per secoli oggi va rivisto: la politica deve aprire oggi
il cantiere Italia, che sarebbe anche una grande occasione per creare
sviluppo e lavoro.
A Forlì il fiume Montone ha saltato il suo
argine: queste sono state messe in crisi dalle tane degli istrici,
pulire gli argini dagli alberi, dare spazio ai fiumi, “il fiume non
vende mai, affitta sempre” spiega il presidente dell’IRPI.
La
sicurezza delle città non può essere lasciata sola agli argini, ma
oggi non basta: nel quartiere Romiti, a poche centinaia di metri
dall’argine del fiume Montone, è finito tutto sott’acqua.
Meglio
avere fiumi larghi a monte, rinunciando a qualche costruzione e
campi, che fiumi stretti che scorrono veloce e mandano tutta l’acqua
a valle: come l’allevamento di galline ovaiole costruito dentro
l’alveo del Montone.
Servono le casse di
laminazione, lungo il corso dei fiumi, che bloccano le piene a monte
e che servono anche per salvare acqua nei momenti di siccità.
Negli
anni settanta-ottanta si è costruito troppo e male: sono oggi gli
stessi sindaci delle zone colpite che chiedono di smettere di
cementificare e restringere gli alvei dei fiumi.
Tutte cose che
Legambiente a Faenza aveva detto ben prima dell’alluvione: ci sono
tante costruzioni avviate e non ancora costruite, per tutte le
licenze rilasciate dal comune.
Basta consumo del
territorio dentro e fuori le città, a ridotto degli svincoli
autostradali, per i poli logistici dei capannoni, per i parcheggi:
tutto cemento che impermeabilizza il suolo.
Secondo l’ISPRA,
in ER si è continuato a consumare suolo pubblico nonostante la legge
regionale sul consumo del territorio: questa è la terza regione dove
si è costruito di più, raccontano dall’ISPRA: ci sono i cantieri
per la logistica, i cantieri per nuove aree residenziali, gran parte
delle trasformazioni del suolo agricolo sono avvenute in zone ad alta
pericolosità idraulica.
La legge sul consumo del suolo in ER
andrebbe riformata in senso più restrittivo: si sono concesse ai
comuni troppe proroghe, come i poli della logistica fatti passare per
costruzioni di interesse pubblico.
Manca una legge nazionale – la risposta del presidente Bonaccini – che sia restrittiva sul consumo del suolo.
I negazionisti climatici ovvero gli ecodubbiosi
Fa caldo? Beh è estate, ha sempre fatto calso. Piove? Ma come non
c’era la siccità? Fa freddo? Visto, altro che riscaldamento
globale.. Si parla di ecoterrorismo, si fa polemica sul clima
dividendosi come tifosi: Salvini parla di cicli climatici, Pichetto
Fratin dice di non essere certo delle responsabilità umane. Ma gli
scienziati sono tutti concordi su un tema: il tema del clima deve
stare al centro dell’agenda politica, se le cause del riscaldamento
globale sono antropiche è una buona notizia, perché significa che
possiamo porvi rimedio.
Siamo noi la causa dei fenomeni sempre
più estremi: si sentono ancora le favolette su Annibale che ha
attraversato le Alpi, dei cicli naturali devono parlare gli
scienziati non Salvini, che al limite dovrebbe occuparsi di
infrastrutture.
Ma a casa della Lega non ne vogliono sapere e si trincerano dietro articoli di scienziati scettici sui cambiamenti climatici. La stessa presidente Meloni parla poco del riscaldamento globale e della crisi climatica, meglio non scontentare i suoi elettori. Che della transizione ecologica non ne vogliono sentir parlare: la definiscono terrorismo green.
Quando saranno egemoni anche in Europa, questi partiti di destra, cosa faranno dei piani “green”?
Chissà se l’esponente di FDI Procaccini è consapevole che i cambiamenti climatici sono anche responsabili delle migrazioni delle popolazioni dal sud del mondo, come in Tunisia.
Nessun commento:
Posta un commento