Il doppio sì rimbombò nella chiesa vuota. Le parole del sacerdote si persero tra le volte, s’infilarono fra i banchi abbandonati, soffermandosi sopra le statue degli altari, fino a lambire i preziosi dipinti. Ikram fissò Sarah. Sarah ricambiò.
Cosa può esserci di più romantico di due ragazzi che si guardano innamorati, mentre pronunciano il si per una promessa di amore che si pensa sia eterna? E quale posto migliore per incorniciare questo momento che non sia Venezia?
In questo romanzo Bruno Montin ci porta dentro una Venezia distante anni luce dal modello Las Vegas con le migliaia di turisti vocianti scaricati dalla terraferma coi vaporetti e i treni, attratti dal turismo mordi e fuggi, uno scatto, un selfie e via. E nemmeno quella promessa d’amore sarà per sempre:
Sarah Mordingale tre giorni dopo venne a galla in un canale laterale della Giudecca, il Rio de la Palada. Nuda, il vestito bianco ingoiato dall’acqua.
Sarah, la giovine sposa, viene infatti trovata morta pochi giorni dopo il si, colpita da tre colpi di pistola, quasi un’esecuzione. Mentre lo sposo, Ikram, un immigrato tunisino che Sarah aveva conosciuto poco tempo prima in un centro di accoglienza a Venezia, è sparito.
No, non c’è nulla di romantico e di scontato in questo giallo ambientato in una Venezia svuotata dai turisti per il covid, con le restrizioni che obbligano tutti o quasi a starsene chiusi in casa e a copristi il volto con le mascherine. In questa Venezia, straniante, che fa quasi paura, si muove tra le calli e i bacoli l’investigatore delle ombre, Sebastiano Faliero.
Ex poliziotto nonché ospite del “nobil homo” Loredano Dolfin, erede di una antica famiglia della Serenissima nonché amico della famiglia Mordingale: come un favore alla famiglia inglese gli viene chiesto di portare avanti una sua indagine sulla morte di Sarah, parallela a quella della polizia, forse poco incline a voler approfondire quel delitto così scontato. Perché, seguendo una ricostruzione che farebbe comodo a tutti, ad uccidere la bella ragazza inglese non può che essere stato l’immigrato, l’uomo nero venuto da fuori il diverso.
Chi meglio di Sebastiano, «cacciatore di ombre», poteva venire a capo dell’enigma?, aveva concluso il patrizio. «Hai offerto il mio impegno alla tua amica, immagino…»
Perché l’ex poliziotto è chiamato investigatore delle ombre? Perché sono proprio loro, le cose “assenti” a raccontarci meglio le vittime:
Lui segue chi non c’è. Attorno alla vittima si concentra su chi è assente, chi non si vede. Ma esiste. Le ombre, appunto.
E cosa non c’è attorno alle due vittime, non solo Sarah ma anche Ikram, il ragazzo scomparso?
Non ci sono gli amici, quelli del centro di accoglienza e i colleghi che lavoravano con Ikram nell’albergo assenti al matrimonio. Per i proprietari dell’albergo Ikram era solo manovalanza, braccia per lavorare, uno che se ne stava sulle sue, “non aveva rapporti con nessuno del personale”.
Non c’è nessun sentimento di vicinanza, di empatia per Ikram, sia da parte di quello strano prete che ha celebrato il loro matrimonio, freddo, distaccato, che nemmeno si sforzava a nascondere il suo disgusto per quella coppia e per quel ragazzo venuto da lontano.
Doveva rassegnarsi, gli mancavano troppi elementi nella sua ricerca di un’ombra che poteva essere assassina. Il prete, le autorità dell’accoglienza, i responsabili delle cooperative, l’effettivo datore di lavoro, da tutti era stato respinto. E i connazionali, i compagni di avventura o sventura?
A dargli uno spunto, una pista da seguire per la sua indagine sarà il nobil homo, in una delle chiacchierate serali nella sua dimora patrizia, capace di raccogliere le voci dalle calli della sua Venezia: “anche qui a Venezia vedo e sento l’odio nelle calli” gli racconta Loredano, un paradosso per una città che ha incontrato nei suoi commerci tutte le razze e tutte le religioni.
La seconda voce che lo metterà sulla pista giusta sarà quella di Cristina, la sua compagna, lontana nella sua villa in riva all’Adriatico, che gli indica la direzione
«Scontorna chi soffia l’odio, te lo ripeto ancora una volta» sussurrò Cristina nel cellulare, con una sorta di miagolio «non inseguire gli uomini. Mettiti sulla scia dell’onda che avverti sospesa. Lei ti condurrà da chi non si vede però esiste .. »
E chi è che soffia questo odio, a Venezia, contro questi due ragazzi? Qual era la loro colpa? Essere diversi dagli altri?
Sebastiano ebbe la consapevolezza, suo malgrado, di essere finito in un labirinto. Come al solito, quando si trovava in quelle situazioni, all’improvviso una piccola porta di porcellana blu appariva a pochi passi da lui.
Non è solo il coronavirus ad aver colpito Venezia, un altro virus ha avvelenato l’anima della città (e del paese): è il virus del razzismo latente, della finta accoglienza, di quanto con una mano fanno finta di accogliere chi arriva da lontano a patto che si lasci sfruttare per la gloria antica di Venezia. Il virus dell’impunità di chi sa di poter agire perché ha le spalle coperte, il virus di chi, dall’altra parte della linea rossa, sa che deve chinare la testa, accettare tutto per disperazione.
E poi il virus di chi vede tutto questo ma lo accetta, per complicità o per indifferenza.
Il cacciatore di ombre si ritroverà di fronte ad un nemico potente e pericoloso, sapendo però di contare dell’aiuto di “Katanga” un poliziotto a cui confida gli sviluppi della sua indagine e il cui intervento si rivelerà molto provvidenziale per salvargli la pelle e consentirgli di spazzare via da Venezia quella “bruma” che cela la sua anima oscura.
«Ho bisogno di un calvados, Cristina» proruppe, improvviso «per anestetizzare i ricordi peggiori e garantirmi, dentro, una nebbia placida e innocente. Che, stavolta, non celi l’animo oscuro dell’uomo come fa la bruma Serenissima.»
(e chi vuole vederci un richiamo all'Alligatore di Massimo Carlotto è libero di farlo..)
Se i fatti di cui si parla nel racconto sono un’invenzione letteraria dell’autore (ma nemmeno troppo lontani dalla realtà che vediamo attorno a noi), i luoghi di Venezia in cui si muove Sebastiano Faliero sono abbastanza fedeli alla realtà, anche se alcuni sono stati adattati all’esigenza del racconto, dove si rischia di rimanere spiazzati per questa Venezia che fa quasi paura, dove il protagonista sembra di trovarsi in un labirinto intricato come l’enigma che deve risolvere.
La
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