26 dicembre 2025

Delitto sotto la Mole di Maurizio Blini

Torino, sabato 10 febbraio 2024.

Piazza Rebaudengo Guardo l’ora, le undici passate, è buio e fa un freddo cane. Mi stringo nel giubbotto guardando in strada. Il taxi arriva in pochi minuti. Lo guida una donna. È carina, ha gli occhi azzurri e il rossetto rosso fuoco. Mi fissa per qualche istante dallo specchietto retrovisore. Poi sbotta: «Non è più una bella zona come una volta questa.»

Viviamo nell’epoca dei delitti mediatici, raccontati ed eviscerati in televisione in ogni singolo dettaglio. Ma le indagini, quelle vere, che passano per la raccolta delle testimonianze, ore a visionare immagini delle telecamere (quando ci sono), ad incrociare tabulati, ad analizzare anche le prove raccolte dalla “scientifica”, sono un altra cosa e Maurizio Blini, ex poliziotto, lo sa bene.

A Torino ha ambientato i suoi gialli con protagonisti la coppia di investigatori Vivaldi e Meucci, dirigenti della squadra Mobile torinese.

In questo romanzo sono già diventati ex poliziotti andati in pensione e tornati sotto la Mole dopo una lunga vacanza a Cuba.

Il caso vuole che proprio Maurizio Vivaldi sia testimone in diretta di un omicidio, mentre si appresta a varcare il portone di casa.
Un semaforo rosso, uno stridio di gomme, due killer che si avvicinano ad una macchina e poi una sequenza di spari. Un’esecuzione in piena regola, in pieno giorno a Torino.

Sul posto accorrono subito gli ex colleghi di Vivaldi, non solo quelli della Mobile, ma anche gli investigatori della Digos, perché il morto non era uno qualunque:

«Antonino Strangio…» «Quello Strangio ? U Tignusu ?» Ripeto.
«Già…» Cazzo. Se mi hanno visto e riconosciuto sono un uomo morto.

Antonio Strangio, ndranghestista che era stato al vertice di enormi traffici tra cui quello di armi verso paesi africani. Si può dire una vecchia conoscenza di Vivaldi che, assieme a Meucci, era aveva indagato a lungo su di lui fino a farlo arrestare.

Ma poi erano subentrati i servizi e Strangio era improvvisamente sparito dalla circolazione, forse una nuova identità in cambio della rivelazione dei suoi segreti.
E ora, dopo quasi trent’anni, questa morte, questo “delitto sotto la Mole”: per quale motivo era tornato a Torino “U Tignusu”? Che traffici stata mettendo in piedi adesso?

Le indagini, coordinare dal pubblico ministero, sollevano subito problemi di rivalità tra la Mobile e la Digos (stava forse recuperando del materiale per un attentato), dentro cui si insinuano pure i cugini dell’Aise, che mettono sul piatto una soffiata che parlava di un container di esplosivo scomparso proprio a Torino.

Ma ci si può fidare dei servizi?

All’improvviso Vivaldi e Meucci si ritrovano nuovamente sul campo, coinvolti loro malgrado in questo caso spinoso: non solo perché Vivaldi è stato testimone del delitto, ma per le loro passate indagini sui traffici criminali del morto.

Da una parte c’è l’istinto di “sbirro”, quello che ti fa scattare crescere l’adrenalina in corpo e la voglia di dare una risposta a tutti i perché del delitto.

Dall’altra però, nei due poliziotti ora pensionati, c’è l’impressione di essersi ritrovati nel mezzo di un gioco più grande, come due pedini che, all’occorrenza potrebbero essere anche sacrificate.

E allora la tentazione di mollare tutto, di scappare da Torino, dal delitto Strangio, da quell’indagine pericolosa e dai contorni sfuggenti, è tanta.

Mi sento dannatamente solo. E se da una parte seguirei Meucci in una fuga strategica, dall’altra sono intimamente curioso di sapere, scoprire la verità. Questa indole bastarda che mi insegue con il fiato sul collo e che mi porterà alla tomba.

Il racconto si sdoppia, alternando i capitoli, tra l’indagine su Strangio e i suoi perché, con la storia di Daniela.

All’improvviso deve fare i conti con la morte della sorella Irene, di dieci anni più giovane, finita sotto le ruote di un tram per un incidente stradale. Tanti anni prima aveva abbandonato la famiglia e Asti in cerca di una sua libertà a Torino, una rottura che in questi anni non si era mai risanata.

Già, sua sorella, questa sconosciuta. In fondo non l’aveva mai capita. Altra generazione, mentalità. Forse non ci aveva nemmeno provato più di tanto. Chissà.

Dopo anni senza avere sue notizie, Daniela si ritrova nell’appartamento di Irene alle prese con le tante domande a cui non aveva voluto dare risposta nel passato.
Perché quella fuga a Torino? Aveva trovato poi una sua dimensione, una sua vita, nella città della Mole? Degli amici, un amore..
Fino alla scoperta di un diario.

Il destino ha voluto che sua sorella le parlasse da morta, che le raccontasse delle cose, che la coinvolgesse. Non può essere un caso, no. Quel diario era lì per lei. Per nessun altro. Sono affari di famiglia.

La storia raccontata nel diario personale di Irene porta Daniela a compiere una sua indagine sulla morte della sorella che, all’improvviso, da sconosciuta che era, prende forma e voce. Iniziando a parlarle della sua vita. E dei suoi

Come due rette non parallele, queste due storie, le indagini pericolose di Vivaldi e l’indagine sono destinate ad incrociarsi, una sola volta, in un sorprendente gioco di enigmi e inganni.

Interessante la scelta del doppio binario, non parallelo, con cui si sviluppa il racconto. Bello e realistico il racconto della Torino che sta dietro le due storie: la ex città industriale trasformata in città multietnica dall’immigrazione dai paesi del sud del mondo, crocevia di traffici criminali che sfuggono ad uno sguardo superficiale sulla ciittà.

L’unica nota negativa, il come l’autore racconta i pensieri dei protagonisti, che ho trovato poco realistico.

Buona lettura!

La scheda del libro sul sito di Frilli Editore
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20 dicembre 2025

Anteprima inchieste di Report – il business dell’acqua privata, la carne scaduta in commercio, il sistema Amazon

L’Italia senz’acqua

Immaginatevi di alzarvi una mattina e di non avere acqua corrente per lavarvi, per fare colazione, per cuocere il cibo.

Ecco, un pezzo di Italia vive in queste condizioni: è la Sicilia dei commissari speciali, dei consorzi e degli impianti abbandonati con le reti idriche che perdono acqua prima di arrivare nelle case.

Succede nella Sicilia dei gattopardi e dei furbetti che si arricchiscono col business del servizio idrico privato e delle autobotti per fare scorta di acqua.


LAB REPORT: UN BUCO NELL’ACQUA

Di Alessandro Spinnato

Collaborazione Tiziana Battisti

Tra dighe incompiute, reti colabrodo, consorzi di bonifica commissariati e impianti abbandonati, in Sicilia la crisi idrica non è solo una questione di siccità, ma il risultato di una gestione fallimentare che dura da decenni. Sullo sfondo, un’inchiesta giudiziaria che ha portato all’arresto dell’ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro, svela intrecci tra politica, clientele e appalti sospetti.

La sanità del cuore in Sicilia


Sempre in Sicilia, per parlare della sanità regionale e della cardiochirurgia pediatrica.


La scheda del servizio: IL CUORE DEL PROBLEMA

di Claudia Di Pasquale

Collaborazione Giulia Sabella

In base al Decreto Balduzzi può esserci una sola cardiochirurgia pediatrica ogni 4-6 milioni di abitanti. Alla Sicilia ne spetterebbe una, ma qui ce ne sono due. Una a Palermo, aperta nel 2023 e gestita in collaborazione con il Policlinico San Donato, e una a Taormina gestita da 15 anni in convenzione con il Bambino Gesù. Potranno restare aperte tutte e due? Sulla base di quali dati vengono prese le decisioni?

Come funziona il sistema Amazon all’interno?

In questi giorni di Natale molti di noi si rivolgeranno ad Amazon per comprare i regali e farseli inviare a casa. Perché è comodo, semplice, efficiente. Ma su cosa si basa l’efficienza del sistema Amazon? Anche tramite interrogatori a cui vengono sottoposti i dipendenti grazie a cui riceviamo i famosi pacchi nelle nostre case.

Interrogatori condotti da manager che hanno esperienza di polizia investigativa, che seguono la tecnica Wicklander-Zulawski: dubito che vorremmo che questa fosse applicata a noi.

Una tecnica citata nei documenti interni, dove si specificano i passi da seguire in una investigazione interna: sono tecniche che ad investigatori privati non sarebbero consentite, sono attività che competono solo all’autorità giudiziaria.

La scheda del servizio: I GIOCHI DI AMAZON

di Emanuele Bellano

Collaborazione Chiara D’Ambros, Goffredo De Pascale, Madi Ferrucci

Fondata da Jeff Bezos come sistema per distribuire libri, oggi Amazon è una big-tech che ha rami operativi in ogni settore. E la sua crescita è vertiginosa: ha fatturato - nel 2024 – oltre 630 miliardi di euro, l’11 per cento in più rispetto all’anno precedente e ormai conta una capitalizzazione di mercato di 2.380 miliardi di dollari. Riesce a fare questi numeri grazie al lavoro di migliaia di dipendenti che selezionano la merce, la imballano, la preparano e la spediscono. Ma l'efficienza di Amazon ha un prezzo: Report è in grado di ricostruire con testimonianze e documenti inediti la pressione alla quale sarebbero sottoposti i dipendenti in un clima di controllo che sarebbe basato anche su attività non lecite per un datore di lavoro, come investigazioni, interrogatori illegali e dossieraggio.

La carne scaduta del macello Bervini

Giulia Innocenzi torna ad occuparsi della carne scaduta (e che veniva importata dal sudamerica) che nel macello Bervini nel mantovano veniva veniva “ripulita” e re impacchettata: a chi è stata venduta? Come è possibile che in questi anni nessuno, Asst, carabinieri del Nas, la regione, se ne sia accorto di nulla?


Sul Fatto Quotidiano trovate un’anteprima del servizio

Dopo che Report ha consegnato all’Ats Valpadana le etichette e le informazioni raccolte sulla carne scaduta rimessa in commercio dal macello Bervini, è scattata l’allerta alimentare. E cioè si procede al ritiro della carne potenzialmente pericolosa finita in bar, ristoranti e mense. Inoltre, l’Autorità sanitaria ha inoltrato il fascicolo alla procura di Mantova per i reati di frode nell’esercizio in commercio e vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine. Ma dov’è finita davvero la carne scaduta? E perché ci è voluto tanto per intervenire?

La scheda del servizio: CHI L’HA MANGIATA?

di Giulia Innocenzi

Collaborazione Greta Orsi

Un nuovo sequestro è stato disposto dalla Usl di Reggio Emilia con i Nas di Parma nell'impianto di Salvaterra del macello Bervini a seguito dell'inchiesta sulla carne scaduta di Report. Grazie a nuove testimonianze e prove documentali emergono ulteriori tasselli che delineano un quadro inquietante: la carne scaduta veniva messa in commercio almeno dal 2018, ed emergono ombre anche sulla macellazione degli animali, attività a oggi ancora portata avanti dal macello Bervini. E resta ancora una domanda inevasa: dov'è finita la carne scaduta?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

19 dicembre 2025

Uomo morto non mente. La notte più oscura della Repubblica di Flavia Carlini


 

Al processo ci assolsero tutti. Non uno solo fra noi fu giudicato colpevole per il colpo di Stato che organizzammo la notte dell’Immacolata. “Un golpe da operetta”, così definirono la nostra macchina da guerra. E poi chiusero il caso, intendendo che non c’era nulla di reale in tutto ciò che noi stessi, negli anni, testimoniammo.

Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 reparti militari e gruppi di civili fecero irruzione dentro il ministero dell'Interno a Roma. Una colonna di militari della Forestale attendeva fuori Roma prima di procedere con degli arresti di esponenti dei partiti di sinistra, sindacalisti ed altri “nemici dell’Italia”.

Questa operazione faceva parte di un piano più esteso che prevedeva, oltre alla neutralizzazione e deportazione in Sardegna dei leader dei partiti di sinistra, la caduta del governo DC di Emilio Colombo per mettere in piedi un nuovo governo nelle mani di militari.

Stiamo parlando del golpe Borghese, ideato dal leader del Fronte Nazionale, l’ex comandante del reparto della Decima Flottiglia, condannato a morte dal CLN per crimini di guerra e salvato dal plotone di esecuzione dagli americani nel 1945.
Questo golpe è passato alla storia come "un golpe da operetta", un finto colpo di Stato messo in piedi da un gruppo di vecchietti nostalgici dei tempi che furono sotto il regime fascista.

Ma la storia è ben diversa da come l’hanno raccontata le sentenze che, con un incredibile gioco di prestigio, sono riuscite ad assolvere perfino i rei confessi di questo colpo di Stato.

Ma, come racconta Flavia Carlini in questo libro a metà il romanzo e il saggio storico, la storia è stata ben diversa: l'Italia è stata veramente ad un passo dall'avere, dopo la Grecia, dopo il Portogallo, il sovvertimento delle istituzioni democratiche per un colpo di stato militare fascista.

Se tutto ciò non è avvenuto è stato perché, per i veri burattinai, quello che contava non era mettere in piedi una giunta militare, ma, usando un termine che ho appreso dallo storico Aldo Giannuli, ma “l’intentona”, ovvero lanciare un messaggio a chi di dovere.

Erano gli anni post 1968, quando gli italiani, studenti, operai, si mobilitavano in piazza per chiedere maggiori diritti, per svecchiare lo Stato, le istituzioni, dove era ancora forte l’impronta fascista.

Erano gli anni degli scioperi, dove si stava saldando l’asse tra studenti ed operai.

Ma erano anche gli anni della rivolta di Reggio Calabria: il governo il governo democristiano aveva deciso di designare Catanzaro come capoluogo al posto di Reggio.

Questa fu la miccia delle proteste dei reggini, contadini, operai, studenti di quel sud che si sentiva condannato all’emigrazione forzata come alternativa a quella povertà a cui erano costretti a vivere.

Voglio chiarire adesso, all’inizio di questo mio testo, che il Partito Comunista fu estremamente stupido: voleva dialogarci, col Presidente del Consiglio. Ottenere qualche industria più piccola o qualche altra cosa marginale per Reggio Calabria [..] I comunisti, idealisti stupidi privi di sagacia, non riuscirono a cogliere il mastodontico potenziale di quelle piazze piene.

Proteste la cui portata era sfuggita ai partiti di sinistra e che invece fu sfruttata dai movimenti di estrema destra, come il fronte nazionale di Borghese, appunto, come i movimenti Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, fuoriusciti dal Movimento Sociale di Almirante.
Questa protesta, che aveva dentro anche delle motivazioni sicuramente importanti:

Tra queste persone che parteciparono alle proteste, anche Lucrezio Fiorenzo Amodio, un ragazzo di venticinque anni, protagonista di questo romanzo che, in una sorta di diario personale, ci racconta in prima persona dei moti di Reggio, delle barricate messe in piedi sulle strade dai reggini col supporto di tutta la popolazione. Di come dietro questa protesta si fossero appuntati altri occhi, quelli dei movimenti fascisti per primi:

Quella era la rivolta dei padri di famiglia, dei tanti disoccupati, degli studenti e delle madri giovani coi bambini appena nati e già senza futuro. Bisognava reincarnarla politicamente, quella rabbia. Usarla. Strumentalizzarla. La sinistra si escluse da sola..

Usare la protesta per fare pressione contro il governo, strumentalizzare la disperazione delle persone in ottica politica, per prendersi la loro fiducia, come la destra ha fatto anche in tante altre occasioni, presentandosi come forza “sociale” dalla parte degli ultimi.
Ma cosa c’entra tutto questo con il golpe della notte dell’Immacolata? È lo stesso Amodio a raccontarcelo, ad anni di distanza: lui quell’ambiente della destra extraparlamentare, che si ispirava senza nemmeno nasconderlo, al ventennio fascista, la conosceva perfettamente per i legami del padre con la rete Gehlen (ex generale nazista che costituì i primi servizi della Repubblica Federale Tedesca). È proprio grazie a questi contatti che entra dentro la struttura del Fronte Nazionale, arrivando perfino a conoscere il principe, Junio Valerio Borghese.
Non si era rassegnato alla democrazia, seppure giovane e con tante contraddizioni, il comandante della Decima: come tanti italiani che costituivano la parte più retrograda e reazionaria non poteva accettare gli scioperi per rivendicare maggiori tutele, il diritto alla casa. Gli studenti che scioperavano per una scuola ed una università più aperta. Non si rassegnava a dover accettare che in un paese civile dovesse esistere il diritto al divorzio e, come succederà poi, all’aborto.

Serve, per risollevare il paese da questo sfascio, un nuovo assetto istituzionale, senza partiti, anzi con un partito solo, che difenda gli interessi della nazione. Attraverso il racconto di Amodio, andremo a seguire i preparativi, passo dopo passo, di questo cambiamento.

Con gli attentati, da far addossare alla sinistra e funzionali alla crescita della tensione del paese (secondo uno scenario che l’anno precedente era culminato con la strage di Milano il 12 dicembre 1969): tra questi, la strage di Gioia Tauro con la bomba fatta scoppiare sui binari che portò al deragliamento della “freccia del sud” (settanta feriti e sei morti).

.. la mia visione era senza dubbio più pratica: la gente doveva avere paura di vivere, di uscire di casa, di prendere il treno, di entrare in banca. Era necessario che il popolo credesse che la sinistra, liberale o radicale che fosse, portava solo caos e anarchia.

E poi il colpo di Stato: per un obiettivo così ambizioso Borghese aveva bisogno dell’appoggio di altre forze che costituiscono il vero potere in Italia.

Le mafie al sud: le ndrine calabresi e la Santa e le famiglie di cosa nostra in Sicilia perché “non si può organizzare un colpo di Stato senza coinvolgere la criminalità organizzata. La sola rivolta di Reggio sarebbe evaporata in una settimana senza il sostegno della ’ndrangheta”.

Oltre alle mafie, i grandi imprenditori del nord, anche loro interessanti al blocco dell’espansione delle sinistre in Italia:

I più spaventati dall’ascesa del comunismo sono gli imprenditori, i proprietari, gli industriali esausti dagli scioperi e dalle pretese degli operai che chiedono più soldi per lavorare meno: e allora è su di loro che serve puntare per ottenere i finanziamenti necessari a organizzare il capovolgimento di questa Repubblica..

A finanziare il golpe Borghese, il golpe da operetta, fu il costruttore Orlandini, l’ingegnere Andrea Maria Piaggio

Infine, l’appoggio del governo Americano senza di cui nessun cambio di potere sarebbe possibile in Italia, né oggi né domani: anche qui, se è il romanzo che racconta, sono le carte che parlano.

Dei contatti con Nixon per avere il beneplacito del golpe che arrivò dall’amministrazione americana (a proposito della protezione che abbiamo avuto negli anni della guerra fredda), ma dietro precise condizioni:

Nixon considera l’Italia l’anello debole della solidarietà occidentale. I servizi statunitensi si sono detti favorevoli al golpe, ma con condizioni precise. Primo: serve pieno accordo con le forze armate italiane. Secondo: va designato subito un Presidente pro tempore ..

Come poi sono andate veramente le cose, la notte dell’Immacolata, tra il 7 e l’8 dicembre, lo scopriremo leggendo le pagine degli ultimi capitoli.

Il golpe Borghese fu solo “un’operazione grottesca di un manipolo di vegliardi” (come scrissero quelle sentenze che sconfessarono anche i rei confessi)?

Come già scritto all’inizio, forse l’intenzione dei veri burattinai, non Borghese, non i fascisti di Avanguardia Nazionale, era solo quella di dare un segnale a chi stava al timone della barca Italia: “la strategia della tensione non fu mai una deviazione: era il percorso” scrive Amodio nelle sue memorie. Un percorso per tenere il paese stabile nella sua barra al centro, per tenere quel nucleo di potere, politico, affaristico, massonico, al potere. Per spezzare quella saldatura tra comunisti e cattolici che per quel potere, malato, asfittico, poteva rappresentare un problema.

Il prezzo da pagare sono stati i 4584 attentati, di cui la maggior parte per responsabilità dell’estrema destra. Per tenere quell’Italia frenata, per bloccarne le svolte progressiste, per bloccare il rinnovamento della classe politica.

Forse è vero quello che scrive, a fine libro, il nostro protagonista: quel colpo di stato è durato meno di una notte, ma gli effetti si vedono fino ad oggi.

E sto parlando del tempo presente, dove governa la destra erede di quel movimento sociale che intende smantellare tutti i corpi intermedi e tutti gli organismi di controllo (giustizia, libera informazione, fino alla Corte dei Conti). Quella destra dove il ministro della giustizia si riferisce al signor Gelli, come fosse una persona qualsiasi, riferendosi alla sua riforma sulla separazione delle carriere.

Il discorso che Valerio Borghese avrebbe dovuto tenere alla Rai:

https://youtube.com/shorts/R8ERQKZEKJk?si=8RMjymktktv178c1

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13 dicembre 2025

Anteprima inchieste di Report – l'assalto alle democrazie della tecnodestra, la ricostruzione di Odessa e il gas a Gaza

LAB REPORT: GAZA. LA PACE DEL GAS

Di Nancy Porsia

Dopo la firma del piano di pace di Donald Trump, Gaza viene nuovamente bombardata, come mostrano le immagini girate nella Striscia all’indomani dell’accordo. L’inchiesta di Report segue gli effetti del piano tra Stati Uniti, Cisgiordania e Israele, ricostruendo pressioni religiose e politiche, l’avanzare delle annessioni, le tensioni sul gas offshore conteso e il ruolo dell’ENI nelle partnership energetiche con Israele. Le testimonianze di esperti, giuristi e analisti delineano i rischi geopolitici ed economici del dossier Gaza Marine, mentre la storia della diciassettenne Shireen Abu Al-Kas riporta alle conseguenze umane del conflitto.

Le nuove tecnocrazie all'assalto della democrazia

Siamo spiati, conoscono i nostri dati personali, i nostri gusti, quello che pensiamo, dove stiamo andando, cosa consumiamo e riescono ad anticipare i nostro desideri.

Non è il mondo distopico immaginato da Orwell o lo scenario raccontato nel film “Minority Report”: è come le big tech che controllano internet stanno plasmando il mondo. Che ci piaccia o meno hanno in mano i nostri dati, glieli abbiamo dati noi, e li usano per addestrare l’algoritmo. Per fare cosa?

I rapporti tra Elon Musk, il proprietario di X (o Twitter) e Donald Trump sono noti, come sono noti anche i buoni rapporti col governo sovranista di Giorgia Meloni: si sono conosciuti poco dopo l’insediamento del governo, ad intermediare il primo incontro è stato un ex hacker romano che oggi lavora con Musk, Andrea Stroppa. A contattare palazzo Chigi è stato il giornalista di Rete 4 Nicola Porro.

Da questi buoni rapporti – la comune visione di destra del mondo – sarebbe nato l’accordo non ancora definito per usare i satelliti di Musk per le trasmissioni in chiave degli organi di Difesa e intelligence (che finirebbero nelle mani di un privato..).

Ma – racconta il servizio di Report – un altro miliardario ha preferito rimanere nell’ombra: Peter Thiel, amico e cofondatore con Musk di Paypal, oggi è uno dei miliardari più influenti negli Stati Uniti, coi suoi fondi di investimento ha contribuito a lanciare sul mercato startup come Facebook, AirBNB, Linkedin e il nucleo originaio di Open AI, produttore di ChatGPT. Tutte startup diventati giganti nel settore tecnologico. In questi primi mesi dell’amministrazione Trump per alcuni dei dossier più delicati, come il monitoraggio delle proteste nelle università e la gestione delle deportazioni di massa si è affidata ad una delle compagnie più controverse di Peter Thiel, Palantir.


E’ qualcosa che va oltre la letteratura distopica o film come Minority Report o Blade Runner, Palantir aiuta i governi e le aziende private a sfruttare al massimo tutti i dati che mettiamo online o che sono conservati nei database governativi, sia che lo scopo sia quello di guadagnarci di più, che sorvegliarci” racconta a Giorgio Mottola l’ex dipendente di Palantir Juan Sebastian Pinto.
Non solo decidono cosa dobbiamo leggere sui social, censurando o nascondendo contenuti ostili al governo (o ad esempio su quanto sta facendo a Gaza il governo di Israele), ma i big di internet riescono a influire sull’opinione delle persone, ad influenzare le elezioni (è già successo con facebook e il referendum sulla Brexit, non è complottismo).

La tecnologia non è agnostica. È sta prevalendo sulla politica.

Palantir è ovunque – racconta a Report Sophie in T Veld europarlamentare di Renew Europe – in tutti i paesi europei, viene usato in tutti i sistemi critici come la sanità, i dati degli ospedali e dei pazienti o servizi di polizia e di intelligence. Palantir è stata assunta anche dagli ucraini per fare intelligence sul campo di battaglia.

In Europa grandi clienti di Palantir sono aziende come Deutsche Telecom e le industrie chimiche Enkel e Basf. In Italia fino allo scorso anno aveva sottoscritto una partnership con la Ferrari: il pilota Leclerc aveva pure preso parte allo sport per pubblicizzare la società americana. La famiglia Elkann ha da anni ottimi rapporti con Peter Thiel e nel 2022 Palantir ha sottoscritto un accordo con Stellantis per ottimizzare le prestazioni dei propri veicoli attraverso l’invio dei dati di guida raccolti dalla casa madre tramite WiFi dalle milioni di autovetture Stellantis in circolazione.

Ciò che è più preoccupante di questa collaborazione delle industrie automobilistiche” continua Juan Sebastian Pinto “è l’enorme quantità di dati che queste aziende hanno a disposizione. Oggi nelle nuove automobili quasi ogni componente è tracciato..”

Finora l’economia di internet si è basata sul principio “il prodotto sei tu” (come titolava un vecchio servizio del 2011 di Report): da anni sappiamo che ogni nostra attività online viene tracciata e profilata. Abbiamo poi scoperto che con l’utilizzo di orologi e di bracciali ed elettrodomestici connessi alla rete le aziende private ricevono dati in tempo reale sulla nostra salute, sulle nostre abitudini di vita e grazie ai robot pulisci pavimenti persino la piantina dettagliata delle nostre case.

Fino a questo momento, però – racconta nel servizio Giorgio Mottola – eravamo convinti che l’utilizzo di questi dati avesse esclusivamente finalità commerciali, venderci altri prodotti.

Con Palantir siamo invece entrati in una nuova era: dal prodotto sei tu all’obiettivo sei tu. Quei dati che forniamo navigando in rete o usando oggetti connessi ad internet possono essere usati infatti da governi e soggetti privati per monitorarci, reprimerci e sorvegliarci. E, nei casi estremi come abbiamo visto a Gaza, ucciderci con precisione millimetrica nelle nostre case. Sebbene al momento nel vecchio continente abbiamo regole più restrittive per i giganti tecnologici anche l’Europa è diventata da tempo terreno di caccia per Palantir.

In questo modo l’Europa si è legata ad un uomo che non ama la democrazia non ama la libertà e soprattutto non ama l’Unione Europea” ha commentato l’europarlamentare Sophie in ‘T Veld.

Ecco spiegati gli attacchi all’Europa decadente di Trump. È un attacco ai principi della nostra democrazia.


Welcome to Favelas è una pagina Facebook creata inizialmente da Massimiliano Zossolo, “in un periodo in cui ero ristretto ai domiciliari” perché – come racconta a Report - nel 2011 aveva partecipato alla manifestazione degli “indignados” e fu arrestato per gli scontri con le forze dell’ordine. Oggi, per una ironia della sorte, come si vede alla festa di Gioventù Nazionale (i giovani di fratelli d’Italia che ogni tanto cantano qualche canzoncina fascista), oggi Zossolo è un idolo dei giovani di destra. E Welcome to favelas è diventata una macchina da click con centinaia di migliaia di visualizzazioni quotidiane e si sta proponendo come principale organo di giornalismo partecipativo e di denuncia del nostro paese.

Anche se inizialmente su quelle pagine si pubblicavano inizialmente contenuti inappropriati: foto di ex fidanzate, foto rubate per strada, anche se su gruppi privati. Non erano solo foto di incidenti stradali (che comunque anche se pubblicate in modo privato, costituiscono un problema se poi girano in rete): anche foto di revenge porn e porno scaricati da altri siti.

Era poca roba rispetto al totale del materiale caricato – ha provato a giustificarsi così Zossolo ma Report ha analizzato i contenuti da marzo ad ottobre 2025 tramite l’esperto di propaganda online Alex Orlowski: sono immagini di sparatorie, donne picchiate, ubriaco al volante, “botte tra maranza”. I contenuti che funzionano di più sulle pagine sono quelli ad alto contenuto di violenza dove non è chiaro se le persone ritratte dalle immagini abbiano dato il permesso alla pubblicazione su internet.

Come racconterà il servizio di Report, emissari di Elon Musk hanno contattato gli organizzatori di questa pagina “per contribuire a creare una rete di media alternativi con l’obiettivo di esportare in Europa il verbo politico del fondatore del Ceo di Tesla. E in effetti come abbiamo visto nel caso del Regno Unito, è anche con il sostegno a personaggi di internet e influencer che Musk si muove per promuovere la sua agenda in Europa.”

Un altro tassello della macchina della propaganda di questa destra insofferente alle regole della democrazia, che vengono bypassate raccontando la loro “verità alternativa”.

La violenza colpa dell’immigrazione incontrollata, che la sinistra ha lasciato entrare nel nostro paese senza mettere paletti.

La scheda del servizio: LA TECNODESTRA ALL’ASSALTO DELL’EUROPA

di Giorgio Mottola

Collaborazione Greta Orsi

Dal documento ufficiale sulla strategia nazionale di sicurezza pubblicato dalla Casa Bianca qualche giorno fa, emerge sempre più nitido il progetto di Donald Trump per indebolire l’Unione Europea. L’obiettivo è condiviso dai colossi della Silicon Valley che vedono con il fumo negli occhi i rigidi regolamenti europei sul monopolio e sulla protezione dei dati. Da mesi Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, ha iniziato a sostenere pubblicamente i partiti del Vecchio Continente più critici con Bruxelles. In particolare ha costruito in Italia un rapporto preferenziale con la presidente del consiglio italiano Giorgia Meloni. Per la prima volta, l’emissario in Italia di Elon Musk, Andrea Stroppa, racconta davanti alle telecamere come è nata questa relazione speciale e quali sono state le implicazioni politiche e commerciali del filo diretto tra Musk e Meloni. Nella strategia di influenza americana sulla democrazia europea un ruolo fondamentale lo sta giocando un altro miliardario della Silicon Valley, Peter Thiel, ex socio di Musk e fondatore di Palantir, una della più misteriose e discusse società tecnologiche del settore della difesa che potrebbe rischiare di far sembrare il Grande Fratello di Orwell una favola per bambini. Giorgio Mottola ha intervistato l’ideologo di riferimento di Peter Thiel e della cosiddetta tecnodestra americana, Curtis Yarvin. Ingegnere informatico e filosofo autodidatta è una delle figure più controverse del panorama intellettuale statunitense per via delle sue posizioni delle sue posizioni estreme sul razzismo e sulla democrazia, che però hanno fatto presa su alcune figure cruciali dell’amministrazione Trump.

La ricostruzione dell’Ucraina

La chiamano la pace di Trump, ma si tratta sempre di business as usual: smettiamola con questa guerra, diamo a Putin quello che vuole perché dobbiamo riprendere gli affari con la Russia.



E tra gli affari che attirano gli appetiti di tanti avvoltoi, il business della ricostruzione: nonostante la guerra sia ancora in corso l’Europa sta già pensando alla sua ricostruzione e l’Italia ha voluto avere sin da subito un ruolo da protagonista, organizzando eventi e incontri per attrarre investimenti. L’ultimo la scorsa estate a Roma, dove la presidente Meloni si è incontrata con Zelenski e altri 15 capi di governo.

Investire in Ucraina è un investimento su noi stessi perché piaccia o no quello che accade in Ucraina riguarda ciascuno di noi” raccontava alla platea la stessa Meloni: in quell’evento si sono raccolti 10 miliardi di euro. La maggior parte dei nostri sforzi si concentreranno nell’area di Odessa dove sono in arrivo circa 47 ml di euro di fondi pubblici italiani di cui 32ml per il restauro e la conservazione del patrimonio culturale. A firmare gli accordi per la ricostruzione c’era anche l’ex sindaco di Odessa Trukhanov, che negli ultimi anni è stato di casa nelle istituzioni italiane incontrando politici e ministri di ogni sorta per favorire la cooperazione tra i due paesi e attrarre gli investimenti per la sua città.

Roma per me è come casa” spiegava al giornalista di Report: secondo il rapporto della polizia si sarebbe stabilito a Roma negli anni ‘90 ottenendo un permesso di soggiorno per motivi familiari, grazie ad un matrimonio fittizio con una donna italiana. Lo SCO, il servizio centrale della polizia che indaga sulla criminalità organizzata lo aveva inserito ai vertici della mafia ucraina, un’organizzazione criminale nata ad Odessa e dedita ad estorsioni, pianificazioni di omicidi di politici e oppositori, ma soprattutto al traffico di petrolio e dell’immenso armamento russo che dopo la caduta dell’Unione Sovietica veniva smerciato in tutto il mondo.

Ma il sistema Italia è pronto a fare la differenza – rassicura la presidente Meloni – per la ricostruzione dell’Ucraina, strade, scuole, ponti, ospedali e chiese. In particolare ad Odessa – la città italiana secondo il ministro Tajani – per la tutela del patrimonio artistico. Ma di strade, ponti e ospedali ricostruiti dall’Italia ad Odessa non c’è traccia fino ad oggi: solo pochi metri quadri del tetto di una cattedrale ortodossa distrutta da un bombardamento su cui si sono concentrati la maggior parte dei nostri sforzi.

Ma l’Italia aveva promesso di voler ricostruire interamente la cattedrale – racconta a Report il priore della cattedrale Myroslav Vdovodych – “il vicepremier Tajani aveva detto che avrebbero iniziato la ricostruzione di Odessa partendo proprio dalla cattedrale. L’Italia due anni fa ha stanziato 500mila euro e con questi soldi sono stati ricostruti 110 metri quadrati del tetto. Tutti gli altri 3000 metri quadrati li ha pagati la diocesi e come si può vedere c’è ancora moltissimo lavoro da fare. I fondi non sono arrivati direttamente alla cattedrale, ma all’Unesco che ha svolto i lavori nella cattedrale. Non fatemi parlare dell’Unesco perché avrei cose molto interessanti da dire su come lavorano ..”
Chi ha svolto materialmente i lavori? LA Stikon, un’impresa di Odessa citata in una indagine anti corruzione su presunti favori edilizi in cambio di immobili e già beneficiaria di appalti pubblici poco trasparenti anche se mai condannata in via definitiva. L’Unesco l’ha incaricata con un affidamento diretto. L’Unesco ha fatto un controllo su come ha lavorato questa impresa?

Il capo ufficio Unesco in Ucraina Chiara Bardeschi ha spiegato come si sia fatta una due diligence nei limiti delle loro possibilità e nei limiti della loro procedura.

Il giornalista di Report ha anche chiesto conto del ruolo di un cittadino italiano, Attilio Malliani che era a capo del dipartimento Urban Plan and Restoration di Odessa: è un advisor del sindaco ma non è stata l’unica persona coinvolta nei lavori.

La scheda del servizio: ODESSA CONNECTION

di Sacha Biazzo

Collaborazione Samuele Damilano

Report ricostruisce il ruolo dell’Italia nei progetti di ricostruzione dell’Ucraina, in particolare i 47 milioni di fondi pubblici destinati all’area di Odessa, seguendo i rapporti tra le istituzioni italiane, l’ex sindaco della città Gennadiy Trukhanov e il suo consigliere per la cooperazione internazionale Attilio Malliani. L’inchiesta, basata su atti giudiziari, rapporti di polizia e testimonianze, documenta i procedimenti anticorruzione che riguardano Trukhanov, i lavori sulla cattedrale di Odessa finanziati tramite l’UNESCO e alcuni casi di gestione dei fondi umanitari, anche mettendoli a confronto con il modello anticorruzione adottato dalla Danimarca a Mykolaiv.

La tutela dell’ambiente

La Repubblica italiana – sancisce la nostra Costituzione nell’articolo 9 – “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. ”

Ma questo vale sulla carta: nella realtà colate di cemento ricoprono porzioni sempre più estese del nostro paese, anche in zone con rischio idrogeologico (alla faccia dell’interesse delle future generazioni), anche in zone dall’alto valore simbolico, come le Dolomiti.

Dove sorgono casette per turisti facoltosi senza autorizzazione. Tanto poi ci pensa la politica a sfornare la legge per rendere lecito ciò che lecito non era.

La scheda del servizio: STARLIGHT ROOMS

di Lucina Paternesi

Dormire sotto la volta celeste nel cuore delle Dolomiti, a 700 euro a notte. È l'idea che ha avuto un noto imprenditore di Cortina D'Ampezzo che qualche anno fa ha realizzato le Starlight rooms, stanze panoramiche che ruotano fino a 360 gradi posizionate a 2.055 metri di quota e rivestite di legno e vetro per permettere, appunto, di osservare le stelle durante la notte. Ma chi le ha realizzate - e ha ospitato anche cantanti e attori famosi - non avesse le autorizzazioni per farlo, dal momento che la legge regionale del Veneto sul turismo prevede il divieto di costruire sopra i 1.600 metri, ad eccezione di rifugi e bivacchi. A sanare le casette dell'imprenditore ampezzano è stata la passata giunta presieduta da Luca Zaia che ha modificato la norma e ora ogni comune montano potrà dotarsi di almeno due stanze panoramiche anche sopra i 1600 metri d'altitudine.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

12 dicembre 2025

L'Italia mancata con Piazza Fontana

"Per cerchi concentrici ognuno sa che cosa deve fare.

Non è che l’onorevole X dice ai servizi segreti di recarsi in Piazza Fontana e mettere una bomba. Non accade così.

Al livello più alto della stanza dei bottoni si afferma: il Paese va alla deriva, i comunisti finiranno per andare presto al potere.

Poi la parola passa a quelli del cerchio successivo e inferiore dove si dice: sono tutti preoccupati, cosa possiamo fare?

Si va avanti così fino all’ultimo livello, dove c’è qualcuno che dice “va bene, ho capito ”.

Poi succede quello che deve succedere.

Una strage in una banca, in una stazione, in una piazza, sopra un treno.

Oppure, come nel nostro caso, un omicidio di due ragazzini [si riferisce all'omicidio di Fausto e Iaio a Milano nel 1978].

Così nessuno ha mai la responsabilità diretta.

E se vai a dire all’onorevole X che lui è il mandante della strage di Piazza Fontana, ti risponderà di no. In realtà, è avvenuto questo processo per cerchi concentrici".

Corrado Guerzoni, collaboratore di Aldo Moro

Adesso riusciamo a parlare di strage fascista, invitando magari la maggioranza di governo a sfogliare il suo album di famiglia, considerando i legami tra Ordine Nuovo, chi ha messo la bomba e il Movimento Sociale.

Forse un giorno arriveremo ai burattinai, che usarono i fascisti come manovalanza nel loro gioco cinico con le bombe, le stragi, per fermare lo sviluppo progressista di questo paese.

Nelle università,  nelle scuole, nella polizia perfino, negli operai che rivendicavano in piazza i loro diritti assieme agli studenti.

Basta al delitto d'onore, alla criminalizzazione dell'aborto e del divorzio.

Una rivoluzione interrotta con le bombe, nella banca dell'Agricoltura, in piazza della Loggia, a Peteano, a Bologna anni dopo.

Basti ricordare che il giorno precedente quel  maledetto 11 dicembre 1969 al Senato veniva approvato lo Statuto dei lavoratori.

Non basta dire strage fascista: servono i burattinai sopra i fascisti, dentro lo stato, nella classe imprenditoriale, nelle logge coperte, in certi interessi oltre oceano (a proposito della pace e  della sicurezza che ci avrebbe garantito la Nato..).

10 dicembre 2025

Luci nel bosco, Massimo Gardella


 

Strada Provinciale 1.

Sulla sinistra il torrente Stabina, un affluente del fiume Brembo, scorreva ai piedi del pendio erboso vicino alla carreggiata, con la massa di vegetazione lussureggiante che occupava la sponda opposta. [..] Sullo sfondo, a chiudere la conca dove sorgeva Piazzatorre, con la sua cima a punta di freccia incensata dal riverbero rosato del tramonto imminente, il Monte Secco torreggiava

Non è facile scrivere un romanzo giallo che ha dentro un’anima legata al mistero, che richiama antiche ritualità vecchie di secoli. Un giallo ambientato nei boschi della val Brembana, una delle zone più selvagge delle nostre Alpi, che può apparire splendida e lucente di giorno, ma che di notte, nel buio e con le voci del bosco, può fare paura. Ma forse non sono le forze della natura quelle che devono spaventarci..

Proprio nei boschi millenari sopra Piazzatore viene trovato il corpo di una ragazza adagiata su un masso erratico: è stata prima strozzata e affogata nell’acqua per poi essere stata adagiata su quel masso, nuda e lavata, coi polsi tagliati per far sgorgare il sangue per terra. Come se fosse rituale antico, forse. Di sicuro un omicidio su cui devono indagare i carabinieri di Piazza Brembana, guidati dal capitano Pavone, appena arrivato in caserma in sostituzione del vecchio comandante:

Poco oltre videro un masso più levigato e dalla cima piatta, su cui era adagiato il corpo della donna. Aveva le braccia a penzoloni lungo i fianchi, le gambe chiuse e i piedi dritti all’insù, completamente nuda.

I carabinieri, coadiuvati dai colleghi della Forestale, trovano anche una tenda poco lontano con dentro una piccola scarpa da bambino, un album da disegno ma senza alcun effetto della ragazza morta. Oltre alla ragazza morta c’è anche un ragazzino scomparso? Forse si tratta solo di un falso allarme, perché la ragazza – di cui solo in seguito si scoprirà il nome – aveva comprato scarpine e album da disegno per farne dono al figlio di una migrante.

Non era mai successo nulla di simile in quella valle, un posto dove tutti conoscono tutti ma dove, almeno inizialmente, nessuno sembra aver mai visto quella ragazza (che pure non doveva essere caduta dal cielo): il capitano Pavone, coadiuvato dai forestali e dal giovane brigadiere Stefano Milesi, inizia ad informarsi su fatti di sangue avvenuti nel passato. Viene invitato a consultarsi col vecchio Bottazzi, ultimo esponente di una famiglia di costruttori arrivata in valle a fine ottocento e che, fino a poco tempo prima, erano i padroni di tutto.

«Qualcosa non va?» chiese. La dottoressa piegò la testa. «Non so perché, ma la delicatezza con cui è stato trattato il corpo dopo il decesso... la compostezza. Non so, mi ricorda certe pratiche con cui nell’antichità si preparavano i defunti per il loro viaggio nell’oltretomba.

L’indagine su questo strano omicidio – rituale ci viene raccontata attraverso gli occhi dei due protagonisti: da una parte il capitano Pavone, che inizia una sua indagine proprio su questo strano personaggio, Marzio Bottazzi, esperto della storia della valle, che vive in una casa che sembra un museo per i tanti cimeli del passato (fascista ma non solo) di cui si sente l’ultimo testimone.
Ma c’è anche una seconda indagine, meno ufficiale ed è quella seguita dal brigadiere Milesi: come mai il capitano si sta muovendo con questa strana lentezza sulla morte della ragazza? È come se non avesse veramente voglia di trovare l’assassino seguendo tutta l’ufficialità del caso, il coinvolgimento del pm, del nucleo investigativo dei Carabinieri.

.. a prescindere dalla presunta incapacità del capitano, c’erano aspetti inspiegabili. Il fatto che il caso non fosse passato al ROS e il mancato rispetto delle ordinarie procedure per indagare su un crimine del genere, tanto per cominciare. La completa estraneità della magistratura.

C’è il mistero della morte di questa ragazza – che si scoprirà essere poi una terapeuta per persone in difficoltà che aveva girato il mondo – uccisa e poi adagiata con estrema delicatezza, con rispetto quasi, su quel masso. E c’è anche un mistero sullo stesso investigatore, il capitano Pavone. Forse anche lo stesso Bottazzi nasconde un mistero dietro quel suo personale culto dello spirito “arboreo” che permane in quei boschi, capace di creare una suggestione che allo stesso tempo cattura, affascina e spaventa chi vi si avventura dentro.

«Vede, capitano, se Agnes Mittens avesse incontrato un lupo o un altro animale pericoloso sono sicuro che il suo corpo dilaniato avrebbe fatto più scalpore, invece del misterioso e offensivo silenzio che sembra avvolgere la sua morte violenta. Ora, mi chiedo cosa è peggio. Finire sbranati perché la bestia che ci troviamo di fronte agisce con brutalità per un meccanismo primordiale di paura e difesa, [..] Oppure, come nel nostro caso specifico, essere lasciati a morire a faccia in giù in un torrentello di montagna, uccisi da un altro animale con cui dovrebbe essere possibile comunicare?»

Tutto troverà una spiegazione ma solo una volta arrivati alla fine della storia, con la rivelazione del mistero che porta ad una visione di “giustizia”, una giustizia che necessariamente deve usare la violenza, essere maligna, per proteggere il suo territorio.

Pecca forse di poco ritmo nella prima parte che però cresce man mano che si arriva fino in fondo, quando l’indagine sulla ragazza morta diventa un’indagine sull’indagine con un cambio di contesto che spiazza il lettore. Ho molto apprezzato la cura con cui viene raccontato il contesto naturale, questi luoghi della Val Brembana che l’uomo ha attraversato per secoli per collegare il nord, la Svizzera, l’Austria, con la pianura Padana. Non lo sapevo, ma la parola taxi nasce proprio da questi luoghi:

.. i nobili Thurn und Taxis, erano originari di Cornello dei Tasso, una frazione di Camerata Cornello, e avevano inventato e sviluppato il sistema dei corrieri postali nel Medioevo.

La scheda del libro sul sito di Tre60.
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06 dicembre 2025

Anteprima inchieste di Report – l’inchiesta su fratelli d’Italia in Sicilia e le olimpiadi Milano Cortina

 Come non funziona la gestione dei beni confiscati alla mafia

In Italia la lotta alle mafie funziona sulla carta. LE celebrazioni, Falcone e Borsellino, i proclami.. poi però.
Depotenziata l’azione della magistratura sui reati dei colletti bianchi, l’uso delle intercettazioni, guai poi se c’è di mezzo un politico.

E, poi, l’uso dei beni confiscati ai mafiosi: qui sta il nocciolo del potere sul territorio di un capomafia, far vedere che i loro beni comunque rimangono o nel loro controllo o abbandonati. A significare che lì, lo Stato, la giustizia, comunque non può arricare

LAB REPORT: CONFISCATI E ABBANDONATI

Di Lucina Paternesi

Collaborazione Cristiana Mastronicola

Può un’azienda gestita dallo Stato separare una frazione dal suo comune? Succede ad Aci Castello, in provincia di Catania, dove uno stabilimento balneare, il Lido dei Ciclopi, bene confiscato alla mafia, separa il paese dalla sua frazione, Aci Trezza. Nonostante l’amministrazione comunale abbia elaborato un progetto per gestire il lido come bene comune, l’Agenzia nazionale che amministra i beni confiscati non l’ha mai assegnato all’ente locale. Ma come funziona la gestione dei beni confiscati alla mafia? Ad oggi, in tutta Italia, sono circa 25mila tra edifici, aziende, terreni e persino castelli. Da Torino a Venezia, passando per Rimini e la Sicilia, i sindaci lamentano tempi lunghi per l’assegnazione, mancanza di fondi per ristrutturare gli immobili e tanta confusione burocratica; alla fine, troppo spesso, gli immobili deperiscono dopo anni di abbandono.

L’inchiesta sui fratelli d’Italia in Sicilia

I nuovi aggiornamenti sull’inchiesta che ha coinvolto i membri del collegio del garante alla privacy hanno fatto slittare a domenica 7 il servizio sull’inchiesta che ha coinvolto il partito di Giorgia Meloni in Sicilia.

Sui giornali (e soprattutto su Telemeloni) di questa inchiesta se ne è parlato poco, le dimissioni da vicecapogruppo alla Camera del deputato Manlio Messina (per le indagini su presunte corruzioni che arrivano fino al presidente Galvagno): non è stata una sua scelta ma è stato il partito che gliele avrebbe imposte, “mi fanno capire che se non mi fossi dimesso mi avrebbero tolto ..”, il partito gli avrebbe chiesto anche un comunicato dove avrebbe giustificato le dimissioni “per tutelare il bene del partito”.

A tutto questo si è arrivato a seguito dell’inchiesta su una presunta corruzione in Sicilia che però non ha toccato altre cariche regionali di FDI.

Il giorno dopo le dimissioni di Messina esce una pagina su Il giornale di Sicilia a firma Mario Barresi che svela i retroscena: le dimissioni gli sarebbero state chieste dopo alcuni colloqui coi vertici del partito, Arianna Meloni e Giovanni Donzelli per esempio. Anziché farsi cacciare, Messina decide questo passo: questa ricostruzione non è mai stata smentita dal partito di Meloni, una vendetta da parte dei vertici perché – racconta Barresi a Report – non avevamo mai sopportato la sua influenza a livello nazionale nel cerchio magico.

Report ha chiesto conto di questa ricostruzione allo stesso Donzelli in particolare la voce proveniente da fratelli d’Italia secondo cui Messina sarebbe stato cacciato dal partito.

Ma dietro l’articolo di Barresi c’è proprio Donzelli che, di fronte alle domande della giornalista si inalbera arrivando a chiedere le fonti.

La cosa grave, commenta Messina a Report, “è che il capo della struttura sveli la linea del partito facendo fare a me la figura barbina. Un metodo che hanno utilizzato, nel migliore dei casi, col Pozzolo di turno e nel peggiore dei casi nel mio caso che rappresento la storia anche di quel partito. Si sono permessi di fare queste porcherie ..”

Donzelli arriva anche a minacciare una querela alla giornalista di Report, “voi intercettate anche i giornalisti, oltre che il garante della privacy.. voglio sapere da voi, da Report come fa a sapere le fonti dei colleghi giornalisti.”

Bastava chiederlo a Barresi stesso, Donzelli. Semplice: “nel pezzo si capisce che una delle mie fonti è lui e nessuno lo ha smentito”.

Chi mente allora?

Nelle intercettazioni della Procura per le indadini sul presidente dell’ARS Galvagno, si sente spesso nominare il presidente del Senato Ignazio La Russa in particolare nei suoi rapporto con Marianna Amato, di professione organizzatrice di eventi e dipendente della fondazione orchestra sinfonica.
Nelle intercettazione la Amato viene definita la cocca di La Russa: il presidente, dopo aver avvicinato la giornalista di Report con parole quantomeno irrispettose (dimmi, cara, tesoro..) ha risposto dicendo che no, assolutamente, lui questa signora non la conosce e nemmeno l’ha raccomandata. È lei che è venuta in Senato col pasticciere Fiasconaro in un evento organizzato dalla Amato. Ma il pasticcere smentisce il racconto di La Russa: Marianna Amato era coinvolta in molti eventi istituzionali alla presenza di La Russa e di Manlio Messina, non l’ha portata lui in Senato, assolutamente non è stato lui a presentare Amato al presidente La Russa, “si conoscevano da abbastanza tempo.. con il governo e queste persone importanti delle istituzioni ha sempre avuto un rapporto la signora Marianna”. Grazie ai suoi rapporto con Messina e LA Russa, Marianna Amato era entrata a far parte della cerchia di Galvagno con la quale organizzava eventi finiti sotto indagine dalla procura.

Persone che parlano degli eventi e dei finanziamenti come se fossero cosa loro: ovviamente il presidente dell’ARS Galvagno smentisce queste ricostruzioni e ribatte alle accuse dicendo di non aver minimamente influenza le scelte per gli eventi.

Io davo 550 euro a Luca – racconta in una intercettazione l’ex presidente del consiglio comunale di Avola Fabio Iacono – sempre a lui brevi manu: l’ex presidente si lamenta di aver dovuto versare a Luca Cannata, all’epoca sindaco di Avola, dei contributi in contanti ogni mese.

Una richiesta simile era arrivata all’ex coordinatore di FDI a Siracusa, Giuseppe Napoli, che l’aveva respinta ed arrivato poi a dimettersi: a Report racconta che Cannata avrebbe segnalato il suo nome ad enti pubblici per fargli dare incarichi professionali, come avvocato.

Dopo due anni, in cui c’era stata di mezzo la campagna elettorale, lo stesso Cannata gli avrebbe detto “hai visto che sono arrivati gli incarichi? Mi sembra giusto che tu contribuisca alle spese della campagna elettorale ..”
Soldi chiesti in contanti a cui Napoli avrebbe detto di no: io ho sempre contribuito al partito quando c’era da fare qualcosa… 
Ma così no.

Report ha chiesto un’intervista al deputato su queste collette: “qualcosa di normalissimo” risponde Cannata, nella gestione di un movimento locale sul territorio. “Ognuno metteva quello che voleva”: eppure le persone che hanno versato questi soldi,in contanti, l’hanno vista in altro modo, tanto da andare in procura.

Al centro delle indagini della procura di Palermo – che ha chiesto il rinvio a giudizio per il presidente dell’assemblea Galvagno – ci sono una serie di eventi pagati dalla regione e affidati ad alcuni imprenditori privati a cui poi i politici chiedevano i biglietti, per parenti e amici.

Forse dal punto di vista giudiziario la questione dei biglietti non ha rilevanza, ma questa c’è dal punto di vista giornalistico. Ai cittadini forse interessa sapere che esiste questo do ut des tra politica e imprenditoria.

Galvagno su questo punto ha scelto di non rispondere – perché poi voi di Report fare taglia e cuci dell’intervista: personaggi non legati alle istituzioni che hanno usato l’auto blu di Galvagno per fini istituzionali. Persone che poi, una volta di fronte alle telecamere di Report e alle domande della giornalista invocano la privacy, ma la domanda rimane, a che titolo usavano l’auto dell’ARS? Oppure veramente vogliamo credere anche andare a prendere il kebab, fare shopping, siano attività istituzionali?

La scheda del servizio: FRATELLI COLTELLI

di Giulia Presutti

Collaborazione Samuele Damilano

A marzo Giorgia Meloni ha inviato un commissario da Roma per riunificare la Sicilia – poi scossa dall’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto il presidente dell’ARS Gaetano Galvagno e l’Assessora al Turismo Elvira Amata, entrambi di FdI - sotto un'unica guida, quella di Luca Sbardella. Fra i motivi, anche la contesa che nella parte orientale dell'isola ha visto contrapposti il deputato regionale Carlo Auteri, che ha lasciato il partito, e il vicepresidente della commissione bilancio della Camera Luca Cannata. Che cosa è successo davvero?

Le presunte olimpiadi green

In attesa di capire come andrà a finire il tentativo del governo di stoppare le inchieste su queste olimpiadi, con la definizione come ente di natura privato la fondazione Milano Cortina, Report torna ad occuparsi delle imminenti olimpiadi invernali.

Avrebbero dovuto essere olimpiadi green le Olimpiadi Milano Cortina, senza impatto ambientale, senza costi per lo stato. E invece: invece i costi per le opere, non solo gli impianti sportivi, ma anche sul territorio, continuano a salire; sono stati disboscate intere zone per far spazio alla pista da bob.. e forse nemmeno tutte le opere saranno completate per tempo.

Il nuovo impianto di bob è stato inaugurato il 17 novembre, “una consacrazione del lavoro” spiegava contento il ministro Abodi che ricordava “l’impegno e lo sforzo delle maestranze..”
Ma come racconta il servizio di Claudia De Pasquale, poche ore prima della coppa attorno la pista si vedevano ancora i segni dei lavori in corso, per fortuna che poi è scesa la neve. Gli atleti, a meno di miracoli, faranno le loro gare all’interno di un cantiere a cielo aperto: “si tratta di rifiniture” prova a minimizzare il ministro. Ma secondo la piattaforma di Simico c’è scritto che i lavori della pista finiranno il 5 luglio del 2026, cioè dopo le Olimpiadi. “Io non sono andato così tanto in profondità” ha risposto Abodi, speriamo allora che la neve continui a scendere copiosa per coprire il cantiere.

Il ministro Salvini si è intanto vantato in pubblico di aver fatto anticipare i tempi di consegna di alcune opere sul territorio, come la Variante di Tirano, dal 2027 a dicembre 2025, facendo decine di riunioni e telefonate a livello di stalking.

MA Report ha verificato lo stato della tangenziale citata dal ministro non rientri tra le opere finanziate per le Olimpiadi del 2026 ma si tratta di un progetto del 2010 che si sta concretizzando adesso.

Tra l’altro, oltre il 70% delle opere previste e finanziate sarà pronta dopo la fine delle Olimpiadi: “ma io parlo di opere necessarie per lo svolgimento delle Olimpiadi” ha risposto Salvini aggiungendo che la variante di Tirano stanno lavorando come matti per averla consegnata prima del febbraio 2026 “perché da quella strada ci devi passare, altre opere annesse alle Olimpiadi ma non centrali, grazie alle Olimpiadi hanno un’accelerata ma evidentemente finiranno dopo..”. Anche nel 2033: parliamo di quasi 3 miliardi di opere che non tutte saranno pronte.

Ma lei per che testata lavora?”

Alla fine il ministro ha buttato la palla in calcio d’angolo.

La scheda del servizio: CANTIERE CORTINA

di Claudia Di Pasquale

Collaborazione Norma Ferrara, Celeste Gonano, Giulia Sabella

Mancano due mesi all'inizio delle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026. L'Italia se le era aggiudicate nel 2019 con un dossier di candidatura ispirato ai principi di sostenibilità economica e ambientale. Le avevano ribattezzate Olimpiadi a costo zero. Il 90% degli impianti era già esistente per cui bastavano pochi soldi per risistemarli. Com'è andata alla fine? Dopo l’analisi di alcuni dati, sembrerebbe che in sei anni il valore delle opere possa aver superato i 3,8 miliardi di euro e che molte di esse potrebbero essere completate dopo i Giochi, anche a distanza di anni.

Nelle anticipazioni che trovate sui canali social si parla anche di un aggiornamento dell’inchiesta di Giulia Innocenzi sulla carne scaduta che è stata riciclata e rivenduta dal macello Bervini nel mantovano.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

04 dicembre 2025

Bruma Serenissima: Un cacciatore d’ombre a Venezia di Umberto Montin


 

Il doppio sì rimbombò nella chiesa vuota. Le parole del sacerdote si persero tra le volte, s’infilarono fra i banchi abbandonati, soffermandosi sopra le statue degli altari, fino a lambire i preziosi dipinti. Ikram fissò Sarah. Sarah ricambiò.

Cosa può esserci di più romantico di due ragazzi che si guardano innamorati, mentre pronunciano il si per una promessa di amore che si pensa sia eterna? E quale posto migliore per incorniciare questo momento che non sia Venezia?

In questo romanzo Bruno Montin ci porta dentro una Venezia distante anni luce dal modello Las Vegas con le migliaia di turisti vocianti scaricati dalla terraferma coi vaporetti e i treni, attratti dal turismo mordi e fuggi, uno scatto, un selfie e via. E nemmeno quella promessa d’amore sarà per sempre:

Sarah Mordingale tre giorni dopo venne a galla in un canale laterale della Giudecca, il Rio de la Palada. Nuda, il vestito bianco ingoiato dall’acqua.

Sarah, la giovine sposa, viene infatti trovata morta pochi giorni dopo il si, colpita da tre colpi di pistola, quasi un’esecuzione. Mentre lo sposo, Ikram, un immigrato tunisino che Sarah aveva conosciuto poco tempo prima in un centro di accoglienza a Venezia, è sparito.

No, non c’è nulla di romantico e di scontato in questo giallo ambientato in una Venezia svuotata dai turisti per il covid, con le restrizioni che obbligano tutti o quasi a starsene chiusi in casa e a copristi il volto con le mascherine. In questa Venezia, straniante, che fa quasi paura, si muove tra le calli e i bacoli l’investigatore delle ombre, Sebastiano Faliero.

Ex poliziotto nonché ospite del “nobil homo” Loredano Dolfin, erede di una antica famiglia della Serenissima nonché amico della famiglia Mordingale: come un favore alla famiglia inglese gli viene chiesto di portare avanti una sua indagine sulla morte di Sarah, parallela a quella della polizia, forse poco incline a voler approfondire quel delitto così scontato. Perché, seguendo una ricostruzione che farebbe comodo a tutti, ad uccidere la bella ragazza inglese non può che essere stato l’immigrato, l’uomo nero venuto da fuori il diverso.

Chi meglio di Sebastiano, «cacciatore di ombre», poteva venire a capo dell’enigma?, aveva concluso il patrizio. «Hai offerto il mio impegno alla tua amica, immagino…»

Perché l’ex poliziotto è chiamato investigatore delle ombre? Perché sono proprio loro, le cose “assenti” a raccontarci meglio le vittime:

Lui segue chi non c’è. Attorno alla vittima si concentra su chi è assente, chi non si vede. Ma esiste. Le ombre, appunto.

E cosa non c’è attorno alle due vittime, non solo Sarah ma anche Ikram, il ragazzo scomparso?

Non ci sono gli amici, quelli del centro di accoglienza e i colleghi che lavoravano con Ikram nell’albergo assenti al matrimonio. Per i proprietari dell’albergo Ikram era solo manovalanza, braccia per lavorare, uno che se ne stava sulle sue, “non aveva rapporti con nessuno del personale”.

Non c’è nessun sentimento di vicinanza, di empatia per Ikram, sia da parte di quello strano prete che ha celebrato il loro matrimonio, freddo, distaccato, che nemmeno si sforzava a nascondere il suo disgusto per quella coppia e per quel ragazzo venuto da lontano.

Doveva rassegnarsi, gli mancavano troppi elementi nella sua ricerca di un’ombra che poteva essere assassina. Il prete, le autorità dell’accoglienza, i responsabili delle cooperative, l’effettivo datore di lavoro, da tutti era stato respinto. E i connazionali, i compagni di avventura o sventura?

A dargli uno spunto, una pista da seguire per la sua indagine sarà il nobil homo, in una delle chiacchierate serali nella sua dimora patrizia, capace di raccogliere le voci dalle calli della sua Venezia: “anche qui a Venezia vedo e sento l’odio nelle calli” gli racconta Loredano, un paradosso per una città che ha incontrato nei suoi commerci tutte le razze e tutte le religioni.

La seconda voce che lo metterà sulla pista giusta sarà quella di Cristina, la sua compagna, lontana nella sua villa in riva all’Adriatico, che gli indica la direzione

«Scontorna chi soffia l’odio, te lo ripeto ancora una volta» sussurrò Cristina nel cellulare, con una sorta di miagolio «non inseguire gli uomini. Mettiti sulla scia dell’onda che avverti sospesa. Lei ti condurrà da chi non si vede però esiste .. »

E chi è che soffia questo odio, a Venezia, contro questi due ragazzi? Qual era la loro colpa? Essere diversi dagli altri?

Sebastiano ebbe la consapevolezza, suo malgrado, di essere finito in un labirinto. Come al solito, quando si trovava in quelle situazioni, all’improvviso una piccola porta di porcellana blu appariva a pochi passi da lui.

Non è solo il coronavirus ad aver colpito Venezia, un altro virus ha avvelenato l’anima della città (e del paese): è il virus del razzismo latente, della finta accoglienza, di quanto con una mano fanno finta di accogliere chi arriva da lontano a patto che si lasci sfruttare per la gloria antica di Venezia. Il virus dell’impunità di chi sa di poter agire perché ha le spalle coperte, il virus di chi, dall’altra parte della linea rossa, sa che deve chinare la testa, accettare tutto per disperazione.

E poi il virus di chi vede tutto questo ma lo accetta, per complicità o per indifferenza.

Il cacciatore di ombre si ritroverà di fronte ad un nemico potente e pericoloso, sapendo però di contare dell’aiuto di “Katanga” un poliziotto a cui confida gli sviluppi della sua indagine e il cui intervento si rivelerà molto provvidenziale per salvargli la pelle e consentirgli di spazzare via da Venezia quella “bruma” che cela la sua anima oscura.

«Ho bisogno di un calvados, Cristina» proruppe, improvviso «per anestetizzare i ricordi peggiori e garantirmi, dentro, una nebbia placida e innocente. Che, stavolta, non celi l’animo oscuro dell’uomo come fa la bruma Serenissima.»

(e chi vuole vederci un richiamo all'Alligatore di Massimo Carlotto è libero di farlo..)

Se i fatti di cui si parla nel racconto sono un’invenzione letteraria dell’autore (ma nemmeno troppo lontani dalla realtà che vediamo attorno a noi), i luoghi di Venezia in cui si muove Sebastiano Faliero sono abbastanza fedeli alla realtà, anche se alcuni sono stati adattati all’esigenza del racconto, dove si rischia di rimanere spiazzati per questa Venezia che fa quasi paura, dove il protagonista sembra di trovarsi in un labirinto intricato come l’enigma che deve risolvere.

La scheda del libro sul sito di Mursia
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