Al processo ci assolsero tutti. Non uno solo fra noi fu giudicato colpevole per il colpo di Stato che organizzammo la notte dell’Immacolata. “Un golpe da operetta”, così definirono la nostra macchina da guerra. E poi chiusero il caso, intendendo che non c’era nulla di reale in tutto ciò che noi stessi, negli anni, testimoniammo.
Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 reparti militari e gruppi di civili fecero irruzione dentro il ministero dell'Interno a Roma. Una colonna di militari della Forestale attendeva fuori Roma prima di procedere con degli arresti di esponenti dei partiti di sinistra, sindacalisti ed altri “nemici dell’Italia”.
Questa operazione faceva parte di un piano più esteso che prevedeva, oltre alla neutralizzazione e deportazione in Sardegna dei leader dei partiti di sinistra, la caduta del governo DC di Emilio Colombo per mettere in piedi un nuovo governo nelle mani di militari.
Stiamo parlando del
golpe
Borghese, ideato
dal leader del Fronte Nazionale, l’ex comandante del reparto
della Decima Flottiglia, condannato a morte dal CLN per crimini di
guerra e salvato dal plotone di esecuzione dagli americani nel
1945.
Questo golpe è passato alla storia come "un golpe da
operetta", un finto colpo di Stato messo in piedi da un gruppo
di vecchietti nostalgici dei tempi che furono sotto il regime
fascista.
Ma la storia è ben diversa da come l’hanno raccontata le sentenze che, con un incredibile gioco di prestigio, sono riuscite ad assolvere perfino i rei confessi di questo colpo di Stato.
Ma, come racconta Flavia Carlini in questo libro a metà il romanzo e il saggio storico, la storia è stata ben diversa: l'Italia è stata veramente ad un passo dall'avere, dopo la Grecia, dopo il Portogallo, il sovvertimento delle istituzioni democratiche per un colpo di stato militare fascista.
Se tutto ciò non è avvenuto è stato perché, per i veri burattinai, quello che contava non era mettere in piedi una giunta militare, ma, usando un termine che ho appreso dallo storico Aldo Giannuli, ma “l’intentona”, ovvero lanciare un messaggio a chi di dovere.
Erano gli anni post 1968, quando gli italiani, studenti, operai, si mobilitavano in piazza per chiedere maggiori diritti, per svecchiare lo Stato, le istituzioni, dove era ancora forte l’impronta fascista.
Erano gli anni degli scioperi, dove si stava saldando l’asse tra studenti ed operai.
Ma erano anche gli anni della rivolta di Reggio Calabria: il governo il governo democristiano aveva deciso di designare Catanzaro come capoluogo al posto di Reggio.
Questa fu la miccia delle proteste dei reggini, contadini, operai, studenti di quel sud che si sentiva condannato all’emigrazione forzata come alternativa a quella povertà a cui erano costretti a vivere.
Voglio chiarire adesso, all’inizio di questo mio testo, che il Partito Comunista fu estremamente stupido: voleva dialogarci, col Presidente del Consiglio. Ottenere qualche industria più piccola o qualche altra cosa marginale per Reggio Calabria [..] I comunisti, idealisti stupidi privi di sagacia, non riuscirono a cogliere il mastodontico potenziale di quelle piazze piene.
Proteste la cui
portata era sfuggita ai partiti di sinistra e che invece fu sfruttata
dai movimenti di estrema destra, come il fronte nazionale di
Borghese, appunto, come i movimenti Ordine Nuovo e Avanguardia
Nazionale, fuoriusciti dal Movimento Sociale di Almirante.
Questa
protesta, che aveva dentro anche delle motivazioni sicuramente
importanti:
Tra queste persone che parteciparono alle proteste, anche Lucrezio Fiorenzo Amodio, un ragazzo di venticinque anni, protagonista di questo romanzo che, in una sorta di diario personale, ci racconta in prima persona dei moti di Reggio, delle barricate messe in piedi sulle strade dai reggini col supporto di tutta la popolazione. Di come dietro questa protesta si fossero appuntati altri occhi, quelli dei movimenti fascisti per primi:
Quella era la rivolta dei padri di famiglia, dei tanti disoccupati, degli studenti e delle madri giovani coi bambini appena nati e già senza futuro. Bisognava reincarnarla politicamente, quella rabbia. Usarla. Strumentalizzarla. La sinistra si escluse da sola..
Usare la protesta
per fare pressione contro il governo, strumentalizzare la
disperazione delle persone in ottica politica, per prendersi la loro
fiducia, come la destra ha fatto anche in tante altre occasioni,
presentandosi come forza “sociale” dalla parte degli ultimi.
Ma
cosa c’entra tutto questo con il golpe della notte dell’Immacolata?
È lo stesso Amodio a raccontarcelo, ad anni di distanza: lui
quell’ambiente della destra extraparlamentare, che si ispirava
senza nemmeno nasconderlo, al ventennio fascista, la conosceva
perfettamente per i legami del padre con la rete Gehlen (ex generale
nazista che costituì i primi servizi della Repubblica Federale
Tedesca). È proprio grazie a questi contatti che entra dentro la
struttura del Fronte Nazionale, arrivando perfino a conoscere il
principe, Junio Valerio Borghese.
Non si era rassegnato alla
democrazia, seppure giovane e con tante contraddizioni, il comandante
della Decima: come tanti italiani che costituivano la parte più
retrograda e reazionaria non poteva accettare gli scioperi per
rivendicare maggiori tutele, il diritto alla casa. Gli studenti che
scioperavano per una scuola ed una università più aperta. Non si
rassegnava a dover accettare che in un paese civile dovesse esistere
il diritto al divorzio e, come succederà poi, all’aborto.
Serve, per risollevare il paese da questo sfascio, un nuovo assetto istituzionale, senza partiti, anzi con un partito solo, che difenda gli interessi della nazione. Attraverso il racconto di Amodio, andremo a seguire i preparativi, passo dopo passo, di questo cambiamento.
Con gli attentati, da far addossare alla sinistra e funzionali alla crescita della tensione del paese (secondo uno scenario che l’anno precedente era culminato con la strage di Milano il 12 dicembre 1969): tra questi, la strage di Gioia Tauro con la bomba fatta scoppiare sui binari che portò al deragliamento della “freccia del sud” (settanta feriti e sei morti).
.. la mia visione era senza dubbio più pratica: la gente doveva avere paura di vivere, di uscire di casa, di prendere il treno, di entrare in banca. Era necessario che il popolo credesse che la sinistra, liberale o radicale che fosse, portava solo caos e anarchia.
E poi il colpo di Stato: per un obiettivo così ambizioso Borghese aveva bisogno dell’appoggio di altre forze che costituiscono il vero potere in Italia.
Le mafie al sud: le ndrine calabresi e la Santa e le famiglie di cosa nostra in Sicilia perché “non si può organizzare un colpo di Stato senza coinvolgere la criminalità organizzata. La sola rivolta di Reggio sarebbe evaporata in una settimana senza il sostegno della ’ndrangheta”.
Oltre alle mafie, i grandi imprenditori del nord, anche loro interessanti al blocco dell’espansione delle sinistre in Italia:
I più spaventati dall’ascesa del comunismo sono gli imprenditori, i proprietari, gli industriali esausti dagli scioperi e dalle pretese degli operai che chiedono più soldi per lavorare meno: e allora è su di loro che serve puntare per ottenere i finanziamenti necessari a organizzare il capovolgimento di questa Repubblica..
A finanziare il golpe Borghese, il golpe da operetta, fu il costruttore Orlandini, l’ingegnere Andrea Maria Piaggio
Infine, l’appoggio del governo Americano senza di cui nessun cambio di potere sarebbe possibile in Italia, né oggi né domani: anche qui, se è il romanzo che racconta, sono le carte che parlano.
Dei contatti con Nixon per avere il beneplacito del golpe che arrivò dall’amministrazione americana (a proposito della protezione che abbiamo avuto negli anni della guerra fredda), ma dietro precise condizioni:
Nixon considera l’Italia l’anello debole della solidarietà occidentale. I servizi statunitensi si sono detti favorevoli al golpe, ma con condizioni precise. Primo: serve pieno accordo con le forze armate italiane. Secondo: va designato subito un Presidente pro tempore ..
Come poi sono andate veramente le cose, la notte dell’Immacolata, tra il 7 e l’8 dicembre, lo scopriremo leggendo le pagine degli ultimi capitoli.
Il golpe Borghese fu solo “un’operazione grottesca di un manipolo di vegliardi” (come scrissero quelle sentenze che sconfessarono anche i rei confessi)?
Come già scritto all’inizio, forse l’intenzione dei veri burattinai, non Borghese, non i fascisti di Avanguardia Nazionale, era solo quella di dare un segnale a chi stava al timone della barca Italia: “la strategia della tensione non fu mai una deviazione: era il percorso” scrive Amodio nelle sue memorie. Un percorso per tenere il paese stabile nella sua barra al centro, per tenere quel nucleo di potere, politico, affaristico, massonico, al potere. Per spezzare quella saldatura tra comunisti e cattolici che per quel potere, malato, asfittico, poteva rappresentare un problema.
Il prezzo da pagare sono stati i 4584 attentati, di cui la maggior parte per responsabilità dell’estrema destra. Per tenere quell’Italia frenata, per bloccarne le svolte progressiste, per bloccare il rinnovamento della classe politica.
Forse è vero quello che scrive, a fine libro, il nostro protagonista: quel colpo di stato è durato meno di una notte, ma gli effetti si vedono fino ad oggi.
E sto parlando del tempo presente, dove governa la destra erede di quel movimento sociale che intende smantellare tutti i corpi intermedi e tutti gli organismi di controllo (giustizia, libera informazione, fino alla Corte dei Conti). Quella destra dove il ministro della giustizia si riferisce al signor Gelli, come fosse una persona qualsiasi, riferendosi alla sua riforma sulla separazione delle carriere.
Il discorso che Valerio Borghese avrebbe dovuto tenere alla Rai:
https://youtube.com/shorts/R8ERQKZEKJk?si=8RMjymktktv178c1
La scheda del libro
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