27 dicembre 2025

Anteprima inchieste di Report – la lobby delle armi, la corsa allo spazio e il popolo degli Sama Badjau

Sama Badjau - Un popolo cacciato dal suo mondo

Nell’epoca della globalizzazione, ci sono popoli che devono scomparire come i Sama Badjau, perché i loro costumi, le loro tradizioni, il loro stile di vita, non è conforme con quelli del modello industriale secondo i canoni dell’ultra liberismo, affamato di nuovi territori da colonizzare ed ecosistemi da distruggere.

LAB REPORT: I SENZA STATO

Di Alfredo Farina, Alessia Marzi

Un legame spirituale con il mare, la risposta alla domanda: "cosa sarebbe successo se gli umani si fossero trasferiti in mare e fossero diventati animali marini?"

Report ha visitato il popolo dei Sama Badjau, che conta tra i subacquei più esperti al mondo. Vive in mare da oltre 1.000 anni, su piccole case galleggianti nelle acque al largo di Indonesia, Malesia e Filippine. Eppure, i loro stili di vita tradizionali stanno scomparendo, e sono costretti a legarsi alla terraferma. Complice un mondo moderno che li rifiuta e li rende incredibilmente vulnerabili, imponendo i propri canoni: dallo sfruttamento economico all'esclusione politica, da uno stato di povertà permanente alla stigmatizzazione da parte del resto della società.

La lobby delle armi e la fine delle democrazie

Scriveva George Orwell in 1984

Non si tratta di stabilire se la guerra sia legittima o se, invece, non lo sia. La vittoria non è possibile. La guerra non è fatta per essere vinta, è fatta per non finire mai.

Una società gerarchica è possibile solo se si basa su povertà e ignoranza. Questa nuova giustificazione della guerra attiene al passato, ma il passato, non può essere che uno e uno soltanto. Di norma lo sforzo bellico persegue sempre lo scopo di tenere la società al limite della sopravvivenza. La guerra viene combattuta dalla classe dominante contro le classi subalterne e non ha per oggetto la vittoria sull’Eurasia o sull’Asia orientale, ma la conservazione dell’ordinamento sociale.

Quel modello di società che lo scrittore inglese aveva descritto nel suo capolavoro è il mondo che ci aspetta? Una società divisa in caste, dove si usa la guerra non per conquistare territori ma per imporre un modello di economia, per controllare la società, il pensiero, il dissenso.

Una società dove dai giornali – con sempre meno inchieste – si rimandano messaggi sulla paura di nuove guerre, “e se Putin ci attacca, e se Putin ci manda un missile supersonico” (Lo stesso Putin con cui l’Europa faceva ottimi affari fino a pochi anni fa).


Stiamo spostandoci verso un modello da economia di guerra, perfino nell’ultima legge finanziaria si stabiliscono canali privilegiati per facilitare la riconversione verso l’industria bellica. E nello stesso tempo si spendono sempre più miliardi in armamenti sconvolgendo – come nel romanzo di Orwell – il senso delle parole: se vuoi la pace, devi prepararti alla guerra. Sono sovranisti, in Italia col governo Meloni, eppure ci legano mani e piedi a nazioni straniere: Israele e la sua industria della cyber sicurezza e gli Stati Uniti da cui dovremo comprare sempre più armi.

E così, diventeremo, come Italia, come Europa, sempre meno indipendente, perderemo il know tecnologico, perderemo interi settori industriali.

Sempre in nome della sicurezza. La sicurezza che quelli che invitano al riarmo non solo non andranno mai al fronte, ma nemmeno patiranno le sofferenze per i tagli alla sanità, al welfare, ai servizi pubblici.

E nemmeno saremo sicuri in caso di un vero attacco: come racconterà Report domenica sera, ci stiamo impegnando per acquistare sistemi d’arma che sono ormai vecchi.

Chi sicuramente rimarrà soddisfatto sono i lobbisti delle armi, come quelli passati dall’industria alla politica, le aziende del settore (come la nostra Leonardo ex Finmeccanica).

Negli Stati Uniti si sono accorti di questo problema: il sottosegretario all’esercito ha dichiarato in una conferenza pubblica che per i grandi contractor la pacchia è finita, riferendosi al potere di influenza delle grandi cinque aziende della difesa americane, tra cui Lockheed Martin.

E l’Europa cosa intende fare? A parte andare a fare shopping all’Ausa, la più grande fiera delle armi in America..

La scheda del servizio: RIARMIAMOCI E PARTITE

di Manuele Bonaccorsi, Madi Ferrucci

Chi guadagnerà davvero dal piano di riarmo europeo? Report ha visitato fiere di armi e fabbriche di munizioni e ha partecipato a esercitazioni militari e incontri tra lobbisti e alti ufficiali, tra gli Stati Uniti, la Germania, la Polonia e l’Italia. E ha registrato le strategie dell’industria della Difesa statunitense per occupare il crescente mercato europeo con i propri armamenti. Armi di cui gli americani mantengono il controllo tecnologico, arrogandosi il diritto di disattivarle a loro piacimento. I paesi Ue continuano ad andare ognuno per conto proprio, mentre alcuni progetti di cooperazione militare restano a forte trazione franco-tedesca. Ecco perché il piano di riarmo europeo rischia di essere un pessimo affare: i nostri Paesi si indebitano per decenni e gli Stati uniti incassano.

La corsa alla nuova frontiera

È partita la corsa alla nuova frontiera, quella spaziale: per controllare il pianeta serve controllare lo spazio, le comunicazione da cui vi passano – questo dicono i grandi analisti oggi come Emilio Cozzi.


È anche una spinta verso l’ignoto, come l’homo sapiens tanto tempo fa quando andò a colonizzare il resto del mondo partendo dalla sua Africa.

Oggi guardiamo la terra dall’alto, portiamo i nostri occhi dappertutto – racconta Michele Buono nell’anteprima del servizio: per guidarci verso la nostra destinazione, sulla terra o sui mari; per raccontarci dall’alto lo stato di salute del nostro pianeta.

Controllare lo spazio è importante oggi come ieri lo era controllare i mari: perdere la gara spaziale significa perdere la gara con cui stiamo costruendo il nostro futuro.

Anche qui però, per miopia industriale e politica, rischiamo di perdere l’ennesimo treno, di perdere quel poco di competenze (nella ricerca e nell’industria) che avevamo, schiacciati tra il gigante americano, che non fa prigionieri, ma vuole solo sudditi obbedienti. E il gigante cinese. L’Europa non è – e con questa sterzata a destra dei governi non lo sarà mai – un soggetto politico ma una somma di interessi nazionali che non coincidono con una comune visione europea. C’è una agenzia spaziale italiana e una europea.

La scheda del servizio: ITALIA NEW SPACE ECONOMY

di Michele Buono

Collaborazione Silvia Scognamiglio

È nato un nuovo territorio sulle nostre teste e un nuovo punto di vista per l’umanità: lo Spazio. Il settore è strategico, è la nuova frontiera dello sviluppo economico. L’ecosistema italiano ha grandi potenzialità ma il contesto è debole: un’Europa non soggetto politico pesa poco di fronte a grandi aggregazioni come Stati Uniti e Cina. Report ha ricostruito la lotta del vecchio continente per non perdere posizioni.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

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