01 agosto 2016

La strage di Bologna - l'intervista di Gianni Barbacetto al giudice Mastelloni

Ad ogni anniversario della strage di Bologna spuntano le rivelazioni su nuove piste e nuovi responsabili per la bomba. Piste e responsabili che spesso si sono rivelati sbagliati o, peggio, dei depistaggi.
Nei giorni scorsi ho scritto e commentato dell'ultimo libro sulla bomba alla stazione: il saggio uscito per Chiarelettere di Rosario Priore e Valerio Cutonilli "I misteri di Bologna".

Oggi sul FQ Gianni Barbacetto (autore tra gli altri del libro "Il grande vecchio" sulle stragi e sui segreti italiani) intervista il giudice Carlo Mastelloni, che nel passato aveva indagato sul disastro di Argo 16 e sui contatti tra Br e Olp per lo scambio d'armi.
Diversamente da Priore, Mastelloni ha pochi dubbi sull'origine della bomba e sui responsabili: sono stati i neofascisti dei Nar, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.
Se quest'intervista cancella la tesi dei due autori del libro, ciò non toglie che il contesto internazionale degli anni a cavallo tra i '70 e gli '80 è ben descritto e contribuisce a chiarire tante altre storie tragiche avvenute in quegli anni (come l'abbattimento dell'aereo dell'Itavia, la strage di Ustica).

E' la più grave delle stragi italiane: 85 morti, 200 feriti. È anche l’unica con responsabili accertati, condannati da sentenze definitive: Valerio Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini. Esecutori materiali appartenenti ai Nar, i Nuclei armati rivoluzionari. La strage di Bologna del 2 agosto 1980, ore 10.25, è anche l’unica per cui sono state emesse sentenze per depistaggio: condannati due uomini dei servizi segreti, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e due faccendieri della P2, Licio Gelli e Francesco Pazienza.
I depistaggi: fanno parte della storia delle indagini sull’attentato di Bologna (come di tutte le stragi italiane, a partire da piazza Fontana) e arrivano fino a oggi, dopo che sono passati 36 anni. Malgrado le sentenze definitive che attribuiscono la responsabilità dell’attentato ai fascisti nutriti dalla P2, sono continuamente riproposte altre spiegazioni, fantasmagoriche “piste internazionali”.

La pista palestinese, più volte presentata in passato, anche da Francesco Cossiga, torna alla ribalta oggi aggiornata dal magistrato che ha indagato sulla strage di Ustica, Rosario Priore. Continua a resistere la pervicace volontà di non guardare le prove raccolte in anni d’indagini e allineate in migliaia di pagine di atti processuali, per inseguire le suggestioni evocate da personaggi pittoreschi e depistatori di professione. Del resto Fioravanti e Mambro, che pure hanno confessato decine di omicidi feroci, continuano a proclamare la loro innocenza per la strage della stazione: non possono e non vogliono accettare di passare alla storia come i “killer della P2”. La definizione è di Vincenzo Vinciguerra, protagonista dell’altra strage italiana per cui c’è un responsabile condannato, quella di Peteano. Ma Vinciguerra ha denunciato se stesso e ha orgogliosamente rivendicato l’azione di Peteano come atto “di guerra politica rivoluzionaria” contro uomini dello Stato in divisa. Su Bologna, sulle 85 incolpevoli vittime, sui 200 feriti, invece, 36 anni dopo restano ancora all’opera i dubbi, le menzogne, i depistaggi.

Non ha dubbi: “Cominciamo a mettere le cose al loro posto: la matrice neofascista della strage di Bologna è chiara”. Carlo Mastelloni è dal febbraio 2014 procuratore della Repubblica a Trieste. Non dà credito alla pista internazionale per l’attentato: il giudice Rosario Priore, in un libro scritto con l’avvocato Valerio Cutonilli, spiega la strage con una pista palestinese.
Non l’ho mai condivisa”, dice Mastelloni. In estrema sintesi, secondo i sostenitori di questa ipotesi, la Resistenza palestinese avrebbe compiuto la strage come ritorsione per l’arresto nel novembre 1979 di Abu Saleh, uomo del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp), componente radicale dell’Olp di Yasser Arafat, fermato in Italia con tre missili terra-aria tipo Strela insieme a Daniele Pifano e altri due esponenti dell’Autonomia romana. La strage come vendetta per la rottura da parte italiana del cosiddetto “Lodo Moro”, cioè dell’accordo di libero transito in Italia dei guerriglieri palestinesi, in cambio della garanzia che sul territorio italiano non avrebbero compiuto attentati.
Quella pista”, ricorda Mastelloni, “si basa sul fatto che a Bologna la notte prima della strage era presente Thomas Kram; tuttavia,all’elemento certo di quella presenza si è aggiunto il nulla indiziario”. Kram è un tedesco legato al gruppo del terrorista Carlos, lo Sciacallo. Nuovi documenti, ancora secretati perché coinvolgono Stati esteri, sono stati di recente acquisiti dall’attuale Commissione parlamentare d’inchiesta sull’assassinio di Aldo Moro: proverebbero che gli accordi con la Resistenza palestinese hanno tenuto almeno fino all’ottobre dell’80, assicura lo storico Paolo Corsini, che ha potuto leggere quelle carte in qualità di componente dell’organismo parlamentare.

Racconta Mastelloni: “Quando il vertice del Sismi (il servizio segreto militare erede del Sid) dopo l’arresto di Pifano e degli altri fu costretto a rivelare la persistenza del Lodo Moro a Francesco Cossiga – che già ne era stato sommariamente informato attraverso le lettere inviate da Moro prigioniero nella primavera 1978 – questi andò su tutte le furie.
Soprattutto dopo aver appreso che il transito dei missili era stato accordato al capo dell’Fplp George Habbash dal colonnello del Sid Stefano Giovannone”. La furia di Cossiga, i contatti di Giovannone.
In quei mesi Cossiga era presidente del Consiglio. “Appunto. E si arrabbiò moltissimo. Di qui l’atteggiamento furioso di Habbash che rivendicò i missili e la copertura datogli “dal governo italiano” che lui evidentemente identificava in Giovannone, capocentro Sismi a Beirut. Conosco un po’ la personalità di Cossiga: gli piacevano assai certi intrighi internazionali e poi credeva di avere le stesse capacità strategiche di Moro. Per questo è assai facile che il Lodo abbia tenuto fino a tutto il 1980, almeno fino alla conclusione del mandato di Cossiga. È però da escludere che di fronte a una strage come quella di Bologna il Lodo Moro potesse essere idoneo a coprire il fatto. Mi si deve poi spiegare quale utilità avrebbe mai conseguito il Kgb – che aveva avuto alle sue dipendenze Wadi Haddad fino al 1978, così come nella sua orbita si trovava Habbash e lo stesso Arafat capo dell’Olp – colpendo la rossa Bologna”.
Cossiga arrivò a dire, in un’intervista al Corriere del giugno 2008, che la strage fu la conseguenza un transito di esplosivo finito male. “Non è assolutamente plausibile. L’esplosivo usato per l’attentato poteva esplodere solo se innescato, non per altri fattori accidentali. La strage fu causata dalla deflagrazione di una valigia riempita con circa 20 chili di Compound B, esplosivo di fabbricazione militare in dotazione a istituzioni come la Nato”.
Priore sostiene che l’Fplp di Habbash aveva una così forte influenza su Giovannone e, tramite questi, sul governo italiano, da pretendere che le nostre autorità rifiutassero a statunitensi e israeliani di esaminare i missili Strela sequestrati.
Il dottor Habbash è stato un capo carismatico ma, francamente, penso che i nostri alleati non avessero bisogno di analizzare gli Strela che già conoscevano. Le rivelo che spesi ogni energia –tante missive di richiesta allo Stato maggiore dell’esercito – per avere notizia dei missili sequestrati e poi inviati agli organi tecnici dell’Esercito. Dove si trovavano? Silenzio. Mi fu poi detto nel 1986, dal generale Vito Miceli, che erano stati spediti agli americani per le analisi”. L’ipotesi è che il destinatario ultimo dei missili sequestrati fosse niente di meno che il terrorista Carlos, che stava progettando un’azione clamorosa, un attentato contro i leader egiziano Sadat.
Lo escludo. Nel 1979, Carlos già da anni era stato espulso dal circuito di Fplp. Penso che quei missili fossero in transito e che gli autonomi arrestati si sarebbero dovuti limitare a trasportarli, probabilmente fino al confine svizzero. Si trovava infatti in Svizzera quella che io chiamo ‘la testa del motore’, e cioè la centrale del terrorismo palestinese. Mi pare che proprio in quel periodo a Ginevra fosse in programma un’importante conferenza internazionale cui doveva partecipare Henry Kissinger, da anni obbiettivo del Fplp. Carlos aveva assunto il comando dell’organizzazione poi chiamata Separat, vicina ai siriani, e quindi all’Unione Sovietica. Escludo perciò che Carlos avesse bisogno proprio dei due missili di Habbash così come escludo che quest’ultimo si mettesse ‘nelle mani’ di Carlos per compiere un attentato eclatante nella rossa Bologna” .
È dunque solida, da un punto di vista giudiziario,la matrice fascista della strage di Bologna.
Sì. Ricordiamoci innanzitutto il luogo e il contesto: agli inizi degli anni Ottanta, Bologna era ancora la capitale simbolica del Pci. Finiti gli anni del compromesso storico e degli accordi con la Dc, Enrico Berlinguer riposizionò il Partito comunista all’opposizione”.
Tanti i testimoniche parlano di Giusva
Responsabile della strage, per la giustizia italiana, è il gruppo dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari di Valerio Giusva Fioravanti.
Lo provano le testimonianze di militanti di primo piano dei Nar: da Cristiano Fioravanti a Walter Sordi, da Stefano Soderini a Luigi Ciavardini. Ma decisiva appare nel contesto della strage la vicenda dell’omicidio Mangiameli. Francesco ‘Ciccio’ Mangiameli, leader nazionale di Terza Posizione, fu indicato dal colonnello Amos Spiazzi nell’agosto del 1980 come coinvolto nell’attentato. Nel settembre dello stesso anno, Mangiameli venne eliminato dai fratelli Fioravanti, Francesca Mambro e Giorgio Vale a Roma, dopo essere stato attirato in una trappola. Omicidio inspiegabile, se non con il pericolo che ‘Ciccio’ rivelasse quello che sapeva sulla strage di Bologna ”.
Giusva Fioravanti e Francesca Mambro erano stati a Palermo, da Mangiameli, nel mese di luglio 1980, per pianificare l’evasione di Pierluigi Concutelli, capo militare di Ordine nuovo.
Sì. Ed è proprio per paura di quanto avevano appreso durante quel viaggio in Sicilia che Giusva era deciso a eliminare anche la moglie e la bambina di Mangiameli. Questo lo ha raccontato il pentito Cristiano Fioravanti, fratello di Giusva”.
Cristiano Fioravanti è un personaggio drammatico, grande accusatore del fratello Giusva. È un personaggio credibile?
Certamente sì. In diverse confidenze fatte nel carcere di Palianolo si evince dalle dichiarazioni di Sergio Calore e Raffaella Furiozzi – e in parziali confessioni rese alla Corte d’assise di Bologna, poi ritrattate ma solo su fortissime pressioni del padre dei fratelli Fioravanti, Cristiano ha additato il fratello come responsabile della strage che, nelle intenzioni, non avrebbe dovuto assumere dimensioni così devastanti”.
In aggiunta c’è la testimonianza di Massimo Sparti.
Ed è molto importante. Sparti parla di una richiesta urgente di documenti falsi per Francesca Mambro avanzata da un Valerio Fioravanti molto preoccupato che la ragazza fosse stata riconosciuta alla stazione di Bologna. Inoltre, è assolutamente certo che Giusva e Francesca volevano eliminare Ciavardini per aver fatto incaute rivelazioni il 1° agosto alla fidanzata. Stefano Soderini era già stato mobilitato per l’eliminazione del giovane, allora minorenne e ferito in uno scontro a fuoco durante un’azione dei Nar. Non le pare abbastanza per considerare definitiva la matrice fascista della strage?”.

Quella grande lapide con 85 nomi
Alcuni ritengono però che in tutta la vicenda processuale sia apparsa indeterminata, se nonassente, la figura dei mandanti e la motivazione profonda per la strage.
Resta un buco di ricostruzione storica. Ma nessuno può levarmi dalla testa che le continue e pervicaci campagne volte ad accreditare l’innocenza degli attentatori materiali neofascisti non hanno avuto altro esito – anche dopo la sentenza definitiva della Cassazione – che allontanare ancora di più la ricerca dei mandanti e dei loro scopi”.

Oggi resta intoccabile quella grande lapide (“Vittime del terrorismo fascista”) all’interno della stazione, con i nomi degli 85morti di Bologna. “Sì, e aggiungo una cosa: quella lapide è tuttora scomoda per parecchi ambienti”

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