Ad ogni anniversario della
strage di Bologna spuntano le rivelazioni su nuove piste e nuovi
responsabili per la bomba. Piste e responsabili che spesso si sono
rivelati sbagliati o, peggio, dei depistaggi.
Nei giorni scorsi ho scritto e
commentato dell'ultimo libro sulla bomba alla stazione: il saggio
uscito per Chiarelettere di Rosario Priore e Valerio Cutonilli "I
misteri di Bologna".
Oggi sul FQ Gianni Barbacetto (autore
tra gli altri del libro "Il
grande vecchio" sulle stragi e sui segreti italiani)
intervista il giudice Carlo Mastelloni, che nel passato aveva
indagato sul disastro di Argo 16 e sui contatti tra Br e Olp per lo
scambio d'armi.
Diversamente da Priore, Mastelloni ha
pochi dubbi sull'origine della bomba e sui responsabili: sono stati i
neofascisti dei Nar, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.
Se quest'intervista cancella la tesi
dei due autori del libro, ciò non toglie che il contesto
internazionale degli anni a cavallo tra i '70 e gli '80 è ben
descritto e contribuisce a chiarire tante altre storie tragiche
avvenute in quegli anni (come l'abbattimento dell'aereo dell'Itavia,
la strage di Ustica).
E' la più grave delle stragi
italiane: 85 morti, 200 feriti. È anche l’unica con responsabili
accertati, condannati da sentenze definitive: Valerio Giusva
Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini. Esecutori materiali
appartenenti ai Nar, i Nuclei armati rivoluzionari. La strage di
Bologna del 2 agosto 1980, ore 10.25, è anche l’unica per cui sono
state emesse sentenze per depistaggio: condannati due uomini dei
servizi segreti, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e due
faccendieri della P2, Licio Gelli e Francesco Pazienza.
I depistaggi: fanno parte della
storia delle indagini sull’attentato di Bologna (come di tutte le
stragi italiane, a partire da piazza Fontana) e arrivano fino a oggi,
dopo che sono passati 36 anni. Malgrado le sentenze definitive che
attribuiscono la responsabilità dell’attentato ai fascisti nutriti
dalla P2, sono continuamente riproposte altre spiegazioni,
fantasmagoriche “piste internazionali”.
La pista palestinese, più volte
presentata in passato, anche da Francesco Cossiga, torna alla ribalta
oggi aggiornata dal magistrato che ha indagato sulla strage di
Ustica, Rosario Priore. Continua a resistere la pervicace volontà di
non guardare le prove raccolte in anni d’indagini e allineate in
migliaia di pagine di atti processuali, per inseguire le suggestioni
evocate da personaggi pittoreschi e depistatori di professione. Del
resto Fioravanti e Mambro, che pure hanno confessato decine di
omicidi feroci, continuano a proclamare la loro innocenza per la
strage della stazione: non possono e non vogliono accettare di
passare alla storia come i “killer della P2”. La definizione è
di Vincenzo Vinciguerra, protagonista dell’altra strage italiana
per cui c’è un responsabile condannato, quella di Peteano. Ma
Vinciguerra ha denunciato se stesso e ha orgogliosamente rivendicato
l’azione di Peteano come atto “di guerra politica rivoluzionaria”
contro uomini dello Stato in divisa. Su Bologna, sulle 85 incolpevoli
vittime, sui 200 feriti, invece, 36 anni dopo restano ancora
all’opera i dubbi, le menzogne, i depistaggi.
Non ha dubbi: “Cominciamo a
mettere le cose al loro posto: la matrice neofascista della strage di
Bologna è chiara”. Carlo Mastelloni è dal febbraio 2014
procuratore della Repubblica a Trieste. Non dà credito alla pista
internazionale per l’attentato: il giudice Rosario Priore, in un
libro scritto con l’avvocato Valerio Cutonilli, spiega la strage
con una pista palestinese.
“Non l’ho mai condivisa”, dice
Mastelloni. In estrema sintesi, secondo i sostenitori di questa
ipotesi, la Resistenza palestinese avrebbe compiuto la strage come
ritorsione per l’arresto nel novembre 1979 di Abu Saleh, uomo del
Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp), componente
radicale dell’Olp di Yasser Arafat, fermato in Italia con tre
missili terra-aria tipo Strela insieme a Daniele Pifano e altri due
esponenti dell’Autonomia romana. La strage come vendetta per la
rottura da parte italiana del cosiddetto “Lodo Moro”, cioè
dell’accordo di libero transito in Italia dei guerriglieri
palestinesi, in cambio della garanzia che sul territorio italiano non
avrebbero compiuto attentati.
“Quella pista”, ricorda
Mastelloni, “si basa sul fatto che a Bologna la notte prima della
strage era presente Thomas Kram; tuttavia,all’elemento certo di
quella presenza si è aggiunto il nulla indiziario”. Kram è un
tedesco legato al gruppo del terrorista Carlos, lo Sciacallo. Nuovi
documenti, ancora secretati perché coinvolgono Stati esteri, sono
stati di recente acquisiti dall’attuale Commissione parlamentare
d’inchiesta sull’assassinio di Aldo Moro: proverebbero che gli
accordi con la Resistenza palestinese hanno tenuto almeno fino
all’ottobre dell’80, assicura lo storico Paolo Corsini, che ha
potuto leggere quelle carte in qualità di componente dell’organismo
parlamentare.
Racconta Mastelloni: “Quando il
vertice del Sismi (il servizio segreto militare erede del Sid) dopo
l’arresto di Pifano e degli altri fu costretto a rivelare la
persistenza del Lodo Moro a Francesco Cossiga – che già ne era
stato sommariamente informato attraverso le lettere inviate da Moro
prigioniero nella primavera 1978 – questi andò su tutte le furie.
Soprattutto dopo aver appreso che il
transito dei missili era stato accordato al capo dell’Fplp George
Habbash dal colonnello del Sid Stefano Giovannone”. La furia di
Cossiga, i contatti di Giovannone.
In quei mesi Cossiga era presidente
del Consiglio. “Appunto. E si arrabbiò moltissimo. Di qui
l’atteggiamento furioso di Habbash che rivendicò i missili e la
copertura datogli “dal governo italiano” che lui evidentemente
identificava in Giovannone, capocentro Sismi a Beirut. Conosco un po’
la personalità di Cossiga: gli piacevano assai certi intrighi
internazionali e poi credeva di avere le stesse capacità strategiche
di Moro. Per questo è assai facile che il Lodo abbia tenuto fino a
tutto il 1980, almeno fino alla conclusione del mandato di Cossiga. È
però da escludere che di fronte a una strage come quella di Bologna
il Lodo Moro potesse essere idoneo a coprire il fatto. Mi si deve poi
spiegare quale utilità avrebbe mai conseguito il Kgb – che aveva
avuto alle sue dipendenze Wadi Haddad fino al 1978, così come nella
sua orbita si trovava Habbash e lo stesso Arafat capo dell’Olp –
colpendo la rossa Bologna”.
Cossiga arrivò a dire, in
un’intervista al Corriere del giugno 2008, che la strage fu la
conseguenza un transito di esplosivo finito male. “Non è
assolutamente plausibile. L’esplosivo usato per l’attentato
poteva esplodere solo se innescato, non per altri fattori
accidentali. La strage fu causata dalla deflagrazione di una valigia
riempita con circa 20 chili di Compound B, esplosivo di fabbricazione
militare in dotazione a istituzioni come la Nato”.
Priore sostiene che l’Fplp di
Habbash aveva una così forte influenza su Giovannone e, tramite
questi, sul governo italiano, da pretendere che le nostre autorità
rifiutassero a statunitensi e israeliani di esaminare i missili
Strela sequestrati.
“Il dottor Habbash è stato un
capo carismatico ma, francamente, penso che i nostri alleati non
avessero bisogno di analizzare gli Strela che già conoscevano. Le
rivelo che spesi ogni energia –tante missive di richiesta allo
Stato maggiore dell’esercito – per avere notizia dei missili
sequestrati e poi inviati agli organi tecnici dell’Esercito. Dove
si trovavano? Silenzio. Mi fu poi detto nel 1986, dal generale Vito
Miceli, che erano stati spediti agli americani per le analisi”.
L’ipotesi è che il destinatario ultimo dei missili sequestrati
fosse niente di meno che il terrorista Carlos, che stava progettando
un’azione clamorosa, un attentato contro i leader egiziano Sadat.
“Lo escludo. Nel 1979, Carlos già
da anni era stato espulso dal circuito di Fplp. Penso che quei
missili fossero in transito e che gli autonomi arrestati si sarebbero
dovuti limitare a trasportarli, probabilmente fino al confine
svizzero. Si trovava infatti in Svizzera quella che io chiamo ‘la
testa del motore’, e cioè la centrale del terrorismo palestinese.
Mi pare che proprio in quel periodo a Ginevra fosse in programma
un’importante conferenza internazionale cui doveva partecipare
Henry Kissinger, da anni obbiettivo del Fplp. Carlos aveva assunto il
comando dell’organizzazione poi chiamata Separat, vicina ai
siriani, e quindi all’Unione Sovietica. Escludo perciò che Carlos
avesse bisogno proprio dei due missili di Habbash così come escludo
che quest’ultimo si mettesse ‘nelle mani’ di Carlos per
compiere un attentato eclatante nella rossa Bologna” .
È dunque solida, da un punto di
vista giudiziario,la matrice fascista della strage di Bologna.
“Sì. Ricordiamoci innanzitutto il
luogo e il contesto: agli inizi degli anni Ottanta, Bologna era
ancora la capitale simbolica del Pci. Finiti gli anni del compromesso
storico e degli accordi con la Dc, Enrico Berlinguer riposizionò il
Partito comunista all’opposizione”.
Tanti i testimoniche parlano di
Giusva
Responsabile della strage, per la
giustizia italiana, è il gruppo dei Nar, i Nuclei armati
rivoluzionari di Valerio Giusva Fioravanti.
“Lo provano le testimonianze di
militanti di primo piano dei Nar: da Cristiano Fioravanti a Walter
Sordi, da Stefano Soderini a Luigi Ciavardini. Ma decisiva appare nel
contesto della strage la vicenda dell’omicidio Mangiameli.
Francesco ‘Ciccio’ Mangiameli, leader nazionale di Terza
Posizione, fu indicato dal colonnello Amos Spiazzi nell’agosto del
1980 come coinvolto nell’attentato. Nel settembre dello stesso
anno, Mangiameli venne eliminato dai fratelli Fioravanti, Francesca
Mambro e Giorgio Vale a Roma, dopo essere stato attirato in una
trappola. Omicidio inspiegabile, se non con il pericolo che ‘Ciccio’
rivelasse quello che sapeva sulla strage di Bologna ”.
Giusva Fioravanti e Francesca Mambro
erano stati a Palermo, da Mangiameli, nel mese di luglio 1980, per
pianificare l’evasione di Pierluigi Concutelli, capo militare di
Ordine nuovo.
“Sì. Ed è proprio per paura di
quanto avevano appreso durante quel viaggio in Sicilia che Giusva era
deciso a eliminare anche la moglie e la bambina di Mangiameli. Questo
lo ha raccontato il pentito Cristiano Fioravanti, fratello di
Giusva”.
Cristiano Fioravanti è un
personaggio drammatico, grande accusatore del fratello Giusva. È un
personaggio credibile?
“Certamente sì. In diverse
confidenze fatte nel carcere di Palianolo si evince dalle
dichiarazioni di Sergio Calore e Raffaella Furiozzi – e in parziali
confessioni rese alla Corte d’assise di Bologna, poi ritrattate ma
solo su fortissime pressioni del padre dei fratelli Fioravanti,
Cristiano ha additato il fratello come responsabile della strage che,
nelle intenzioni, non avrebbe dovuto assumere dimensioni così
devastanti”.
In aggiunta c’è la testimonianza
di Massimo Sparti.
“Ed è molto importante. Sparti
parla di una richiesta urgente di documenti falsi per Francesca
Mambro avanzata da un Valerio Fioravanti molto preoccupato che la
ragazza fosse stata riconosciuta alla stazione di Bologna. Inoltre, è
assolutamente certo che Giusva e Francesca volevano eliminare
Ciavardini per aver fatto incaute rivelazioni il 1° agosto alla
fidanzata. Stefano Soderini era già stato mobilitato per
l’eliminazione del giovane, allora minorenne e ferito in uno
scontro a fuoco durante un’azione dei Nar. Non le pare abbastanza
per considerare definitiva la matrice fascista della strage?”.
Quella grande lapide con 85 nomi
Alcuni ritengono però che in tutta
la vicenda processuale sia apparsa indeterminata, se nonassente, la
figura dei mandanti e la motivazione profonda per la strage.
“Resta un buco di ricostruzione
storica. Ma nessuno può levarmi dalla testa che le continue e
pervicaci campagne volte ad accreditare l’innocenza degli
attentatori materiali neofascisti non hanno avuto altro esito –
anche dopo la sentenza definitiva della Cassazione – che
allontanare ancora di più la ricerca dei mandanti e dei loro scopi”.
Oggi resta intoccabile quella grande
lapide (“Vittime del terrorismo fascista”) all’interno della
stazione, con i nomi degli 85morti di Bologna. “Sì, e aggiungo una
cosa: quella lapide è tuttora scomoda per parecchi ambienti”
Nessun commento:
Posta un commento