Aveva lasciato andare il giornale, che prima gli si era aperto sulle ginocchia e poi era scivolato lentamente fino al parquet lucido di cera. Non fosse stato per la sottile fessura che di tanto gli si disegnava fra le palpebre, si sarebbe detto che dormiva.Chissà se la moglie ci era cascata ..
Si osservavano a vicenda. Non avevano bisogno di guardarsi. Da anni si osservavano in quel modo, di soppiatto, aggiungendo di continuo al loro gioco nuove sottigliezze.
Emile e Marguerite vivono da anni
assieme nella casa in fondo al vicolo cieco di square
Sebastien-Doise. Vivono assieme ma non si parlano, solo pochi guardi
di soppiatto, spiando ciascuno i movimenti e le reazioni dell'altro.
Perché Emile e Marguerite si parlano
solo attraverso dei bigliettini pieni di allusioni e di cattiverie.
Quando Simenon ci fa entrare nella loro casa, sono ormai diversi anni
che la loro vita va avanti così: bigliettini che lui le lancia col
pollice in grembo e che lei fa finta di non vedere.
Bigliettini che lei strappa da un
giornale e che vengono lasciati sul pianoforte dell'ex marito,
affinché lui li legga.
Gesti ripetuti in modo quasi rituale,
in giornate il cui scorrere del tempo è scandito dall'avanzare delle
lancette.
Lui che spacca la legna. Lei che si
prepara la colazione leggera.
Lui che si prepara la carne, solo per
se e che, sempre da solo, si lava la sua padella.
Lei che sferruzza a maglia.
La cena solitaria.
L'andare a far la spesa, seguendo gli
stessi negozi, come se nemmeno si conoscessero.
Non una parola.
Solo i bigliettini: “Il gatto” ..
“Occhio al burro” ..
Con un meccanismo di flash back, usando
la memoria di Emile, il lettore scopre come si è arrivati a tutto
questo. A quando, anni prima, mentre era ammalato, scoprì il suo
gatto, Joseph, morto in cantina. E il sospetto che fosse stato ucciso
dalla moglie che non ne poteva del suo russare, quel modo di
osservarla.
Marguerite e Emile si sono risposati
dopo la morte dei rispettivi consorti: lei che proviene da una
facoltosa famiglia caduta poi in disgrazia, proprietaria delle case
del vicolo che porta pure il suo nome. Sposata con un violinista,
Frederic, le cui foto, assieme a quelle dei genitori, riempiono le
pareti di casa. “Era considerata un'aristocratica dal quartiere,
una che vive in un mondo a sé..”.
Lui, di tutt'altra estrazione: muratore
e poi ispettore dei lavori pubblici, una vita nei cantieri e poi, nel
tempo libero, assieme alla prima moglie Angéle: “per tutta la
vita aveva compiuto gli stessi gesti alle stesse ore”.
Il gioco:
“ci sono bambini che, per un determinato periodo di tempo, ripetono ogni giorno, a un'ora fissa, lo stesso gioco, apparentemente con immutata convinzione. Fanno «come se».La differenza era che Emile Boin aveva settantatré anni Marguerite settantun. Inoltre, il loro gioco durava da ben quattro anni, ed essi non davano segno di stancarsene.”
Torniamo così indietro nel tempo,
attraverso i ricordi di Emile, al giorno della scoperta della morte
del gatto, della sua furia, del sospetto rivolto a lei, che non aveva
mai accettato quel gatto e forse non aveva mai accettato nemmeno lui
del tutto.
L'essersi sfogato
contro Coco, il pappagallo di lei, l'altro animale della casa,
strappandogli le penne.
Il gatto e il
pappagallo. Simboli della personalità dei protagonisti di questo
racconto: il gatto, randagio e indipendente era di Emile. Il
pappagallo di bella presenza ma con le ali tarpate e tenuto sul
classico trespolo era di Marguerite.
Sempre attraverso i
ricordi, scopriamo come i due si erano conosciuti, vedovi, un giorno
in cui lei aveva avuto bisogno di un uomo in casa, per un problema ad
un tubo. Quei pomeriggi in cucina e poi in sala da pranzo a prendere
un caffè.
E infine il
matrimonio.
Non ce l'aveva con lei. Ce l'aveva con se stesso, per averla sposata, perché non era l'uomo adatto a renderla felice.Come gli era potuta venire quell'idea? Ci aveva pensato spesso, dopo. Chi dei due aveva fatto il primo passo?
Ecco,
a quel primo passo, il non rivolgersi più la parola, si era arrivati
dopo tanti piccoli passi precedenti: il non sopportare certi piccoli
gesti di lui, come il pulirsi i denti con un fiammifero, l'odore
pestilenziale del sigaro.
Il
non sopportare quella certa leziosità nei gesti di lei, il sentirsi
estraneo nella casa, da parte di lui.
I
suoi modo grossolani.
La
prima notte passata assieme, dove lui aveva cercato di fare l'amore e lei si era irrigidita, lui allora le aveva chiesto scusa.
«Perché?»«Perché ti chiedo scusa?»«Perché non continui e non ti soddisfi? Ti ho sposato, ed è mio dovere subire anche questo».
Anche
questo. Quanti significati poteva avere quell'anche?
Fino
al giorno del gatto. E del pappagallo. Che lei fa impagliare per
averlo ancora accanto a se. Eterno e immobile come gli altri oggetti
nella casa.
E
quel biglietto, il primo di lei, in cui gli spiegava come nulla la
obbligasse a rivolgergli la parola e che pure lui si astenesse a sua
volta.
Un
gioco, ma anche un modo di comportarsi crudele e perfino puerile. Due
persone che non si parlano ma che convivono sotto lo stesso tetto e
che passano la giornata a spiarsi, a seguire i rumori l'uno
dell'altro, per cercare di intuirne i pensieri e le mosse.
Compiacendosi
delle piccole crudeltà di quei bigliettini.
“Fra
loro due, ora, c'era una vera guerra vera, ancora più
appassionante”.
E
se ora lei volesse avvelenare anche lui? Emile prova a scappare di
casa, andando a vivere da un'ostessa, Nelly. Ma quella vacanza era
durata solo 11 giorni.
Per
poi tornare a casa.
Parecchie volte, in quel periodo, Emile era stato sul punto di parlarle, di dirle una cosa qualunque, parole che le fossero di conforto. Ma sapeva che che ormai era tardi, che non potevano più tornare indietro.Certe mattine, dopo una notte in bianco, Marguerite tornava ad essere aggressiva. Un giorno Buoin, ansioso di assistere al procedere dei lavori del vicolo, che ormai seguiva con interesse, non si era fatto la doccia. Più tardi, nella giornata, aveva trovato un messaggio sul pianoforte:FARESTI MEGLIO A LAVARTIPUZZI
Nessuno
dei due poteva deporre le armi. Era diventato la loro vita. Mandarsi
biglietti velenosi era per loro naturale e necessario, esattamente
come per altri scambiarsi baci o gentilezze.
Ancora
una volta Simenon imbastisce per noi una storia tanto assurda da
sembrarci reale, con un romanzo basato principalmente sui pensieri e
sui comportamenti di Emile, osservati e descritti da un narratore
esterno
“Il
gatto” è la storia di una coppia che si ritrova prigioniera di se
stessi, incapaci di sfuggire ai loro silenzi e di sfuggire l'uno con
l'altro. Una storia di debolezze e di crudeltà. Di persone che nel
loro gioco hanno trovato l'unico modo di sfuggire alla morte.
E
ancora una volta ci troviamo, come lettori, di fronte a due
personaggi straordinari nella loro pazzia, nella loro quotidiana
violenza psicologica, nel loro vivere nel mondo ma isolati dal mondo.
Prigionieri
del loro odio e della loro paura della solitudine, fino alla fine.
La
scheda del libro sul sito di Adelphi
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