Sono diversi gli argomenti della puntata di questa sera di Report: si parte dal servizio su Amazon, il colosso di Jeff Bezos che ha triplicato gli utili durante la pandemia diventando uno degli uomini più ricchi al mondo. Da dove derivano i suoi utili?
Si tornerà a parlare dell'agente del servizi Marco Mancini, poi un servizio sulla sicurezza delle app di messaggistica e infine sui tamponi rapidi.
Quella nave in fondo al mare
Report torna ad occuparsi di mafia e della trattativa con un servizio che parte da una nave in fondo al mar Jonio: si tratta di un piroscafo militare italiano affondato nel corso della seconda guerra mondiale col suo carico di bombe. E' la Laura Cosulich: negli anni duemila, racconta Giorgio Mottola, si è trasformata nella nave dei misteri, al centro di storie di servizi segreti, terroristi e 'ndrangheta: le telecamere dei sommozzatori che ancora oggi scendono a visitare il relitto ancora oggi mostrano panetti di tritolo che, secondo una informativa del Sismi, sarebbe stato usato per preparare la bomba ritrovata nella notte tra il 6 e il 7 ottobre del 2004 in un bagno del comune di Reggio Calabria, quando sindaco era Giuseppe Scopelliti.
Una bomba per dare un segnale alla sua politica contro le mafie, dice l'informativa.
Particolare strano, poche ore prima della scoperta, il comitato per l'ordine e la sicurezza aveva assegnato la scorta al sindaco, su segnalazione di Marco Mancini, allora agente del Sismi, perché c'era un pericolo attentati nei confronti del sindaco.
Mancini è autore di entrambe le informative, quella sull'incolumità del sindaco Scopelliti e quella successiva che rivela la bomba in comune, indicando la posizione esatta dove verrà trovata.
Ed è sempre lui a firmarne una terza, che tira in ballo la nave Laura C. e la 'ndrangheta, parlando esplicitamente di attentato mafioso nei confronti di Scopelliti: ne ha scritto il giornalista Lucio Musolino di questa vicenda
Era quella di Marco Mancini, il vice di Pollari, la firma sotto le tre informative scritte su carta intestata del Sismi e riguardanti il presunto atto intimidatorio che oggi scopriamo essere una messinscena, organizzata dai vertici della ‘ndrangheta con la collaborazione dei servizi, e mascherata da finto attentato a Scopelliti. La prima nota fece scoprire i panetti di tritolo dietro il water del Comune collocato dall’altra parte del palazzo rispetto alla stanza del sindaco. La seconda svelò che l’ordigno l’aveva collocato la ‘ndrangheta e che sarebbe esploso tra le 10 e le 10.30 del 7 ottobre 2004. La terza individuò l’obiettivo dell’attentato nel sindaco Giuseppe Scopelliti, all’epoca militante di Alleanza Nazionale e fedelissimo di Gianfranco Fini. Al politico reggino fu assegnata in fretta e furia la scorta. Tanto in fretta che il prefetto dell’epoca riunì urgentemente il Comitato per la Sicurezza pubblica che dispose il provvedimento diverse ore prima che gli artificieri mettessero le mani sul tritolo.
E qui iniziano le prime anomalie: l’informazione sulla bomba arrivò in questura ma a Piazza Italia, dove si affaccia palazzo San Giorgio, c’erano anche i carabinieri perché l’allora questore Vincenzo Speranza chiese al comando provinciale dell’Arma di partecipare all’operazione congiunta. All’interno del Comune, però, i carabinieri non entrarono e qualcuno giura di aver sentito l’allora colonnello Antonio Fiano dire al questore: “Se sai dov’è vallo a prendere”. Nessuno dei due può confermare la circostanza, perché deceduti, ma il dato certo è che non ci sarebbe stata nessuna esplosione tra le 10 e le 10.30 del 7 ottobre perché quel tritolo era privo di innesco e, per deflagrare, sarebbe stato necessario che il bombarolo fosse tornato in quel bagno per finire il lavoro. A quel punto la polizia l’avrebbe potuto arrestare in flagranza di reato ma soprattutto avrebbe avuto un nome su cui indagare per capire chi voleva attentare alla vita Scopelliti.
E invece no. In un’interrogazione parlamentare di qualche anno dopo c’è scritto che quel ritrovamento è costato al Sismi “ben 300mila euro” che, però, non sono bastati per scoprire, a distanza di quasi 17 anni, nemmeno quale cosca fosse coinvolta. L’esplosivo proveniva dalla stiva della “Laura C”, la nave affondata a largo di Melito Porto Salvo, ed era identico all’esplosivo sequestrato dalla guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta “Bumma” chiusa poche settimane prima dalla Dda. Se il tritolo sequestrato alla cosca Iamonte, grazie anche a un infiltrato, era della partita di quello trovato a Palazzo San Giorgio, è lecito supporre che i due fatti possano essere maturati nello stesso ambiente. La squadra mobile dell’epoca ci provò a indagare chiedendo l’aiuto anche a un confidente e futuro collaboratore di giustizia. Nei giorni successivi al rinvenimento del tritolo, infatti, è entrato in scena Roberto Moio, nipote del boss Giovanni Tegano. Dieci anni prima di saltare il fosso e pentirsi, Moio già ammiccava ai poliziotti prestandosi a fare addirittura l’agente provocatore nel tentativo di capire cosa c’era dietro il presunto attentato a Scopelliti.
La scheda del servizio: Il segreto in fondo al mare di Giorgio Mottola, con la collaborazione di Norma Ferrara e Giulia Sabella
Sui fondali dello Jonio calabrese da ottanta anni giace il relitto di un piroscafo militare affondato da un sottomarino inglese durante la seconda guerra mondiale. Nella stiva sono ancora conservate decine di tonnellate di tritolo, che stando ad alcune informative redatte negli anni 2000 dal Sismi, il servizio segreto militare, sarebbe stato usato dalla 'ndrangheta per i suoi attentati in Calabria e, in base ad alcune ipotesi investigative, addirittura per la strage di Capaci. L'esplosivo del relitto, secondo il Sismi, sarebbe stato adoperato anche per l'attentato del 2004 all'allora sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti. Un episodio che ha cambiato il corso della recente storia politica calabrese. L'ordigno venne scoperto grazie a tre informative firmate da Marco Mancini, l'agente segreto protagonista dell'incontro in autogrill con Matteo Renzi. Vent'anni dopo, alcuni pentiti stanno raccontando un'inquietante verità: l'attentato a Scopelliti sarebbe una bufala, orchestrato dai servizi segreti in collaborazione con la 'ndrangheta per accelerare la carriera del politico calabrese.
Da dove vengono gli utili di Amazon
E' notizia di questi giorni, l'inchiesta sulle finte cooperative di DHL, la multinazionale della logistica, accusata di non aver versato i contributi previdenziali e l'IVA.
Il mondo della logistica è un settore che, anche durante la pandemia non si è fermato, ne abbiamo scoperto la sua importanza e apprezzato anche la possibilità di fare acquisti senza uscire di casa.
E' anche un settore al cui interno lavorano i corrieri in appalto ad Amazon (che insiste a non voler assumere nessuno per queste attività) e che sono costretti a non fermarsi mai, nemmeno per andare in bagno, per rispettare il piano delle consegne da effettuare, stabilito da un algoritmo.
“Oggi ho circa 260 pacchi circa, la consegna può chiederti un minuto oppure può chiedertene venti c'è sempre la variabile che non sai a chi stai citofonando ..” racconta a Report uno di questi corrieri.
Un sistema che è lo stesso dall'altra parte del mondo, in California: “quando ho iniziato questo lavoro pensavo che fosse meglio di altri lavori, meglio che lavorare da Mc Donald's o altri fast food, ma presto mi sono accorta che era opprimente, mi lasciava senza forze nel corpo e nella mente.”
Anche qui, la ragazza intervistata parla di centinaia di pacchi da consegnare ogni giorno, pochissimo tempo per fermare il furgone e consegnare il pacco.
Una vita scandita dai ritmi e dai temi decisi dall'algoritmo, 3 minuti per completare la consegna, 20 minuti per il prossimo stop, che non tengono conto del traffico, degli imprevisti, come l'impossibilità di trovare un parcheggio (e allora ci si ferma sui carrai o in doppia fila o perfino nei parcheggi per disabili) o di doversi fermare su strade trafficate dove è difficile perfino scendere dal furgone in sicurezza.
E ad ogni imprevisto aumenta il ritardo sulla tabella, che si deve recuperare correndo di più, sia a piedi che col furgone: se si prenda una multa perché si è parcheggiato dove non si dovrebbe a pagare è il corriere.
E se hai bisogno di un bagno? Devi guidare fino ad un Wallmart o ad un centro commerciale – racconta la ragazza che lavora per Amazon in California – e questo toglie del tempo alla mia tabella di marcia, è una cosa molto stressante, specie quando ci mandano sulle montagne, dove non ci sono negozi per andare al bagno.
Se sei in campagna ti fermi e cerchi un albero – racconta il collega italiano – ma se sei in città e non ce la fai più una soluzione la devi trovare, prendi una bottiglietta vuota e la fai dentro, cosa devi fare?
Dietro la fortuna di Jeb Bezos, il cui patrimonio è stato stimato in 177 miliardi di dollari, non c'è solo il commercio online e il mondo della logistica (e dello sfruttamento dei driver): c'è anche Amazon Web Service la piattaforma cloud utilizzata da Netflix tra l'altro e su cui potrebbero spostarsi anche servizi della nostra pubblica amministrazione.
La scheda del servizio: Il nostro caro Amazon di Emanuele Bellano con la collaborazione di Greta Orsi e Edoardo Garibaldi
Qual è il vero costo di una spedizione di Amazon? Cosa c’è dietro un pacco che ci viene recapitato a casa dopo aver premuto un pulsante dal nostro cellulare? Questa comodissima opportunità è resa possibile da un’organizzazione che è uguale in tutto il mondo. Ne fanno parte lavoratori soggetti a infortuni frequenti e con contratti precari e poco pagati, intere aree metropolitane inquinate dal via vai di camion e aerei cargo, negozi che chiudono perché non sono in grado di fare concorrenza ai prezzi di un colosso mondiale che ha rivoluzionato il modo di comprare e che paga una percentuale di tasse bassissima rispetto al fatturato che genera. Un viaggio negli Usa di oggi per vedere quello che potrebbe accadere in Italia domani. E poi nel nostro paese c’è chi ha facilitato l’insediamento di stabilimenti Amazon per creare posti di lavoro e mettendo in atto speculazioni immobiliari attraverso società opache schermate nei paradisi fiscali.
Quanto sono sicure le nostre app di messaggistica?
Ogni quanti minuti controlliamo i messaggi in arrivo sul nostro smartphone? Quante ore dedichiamo alle app installate, alla navigazione online, sempre incollati a quel piccolo schermo?
Si parla di una media di sette ore al giorno, quasi quante le ore dedicate al sonno. Ma siamo solo noi a leggere quei messaggi?
Il whistleblower dello scandalo Cambridge Analytica su Facebook Christopher Wylie: “quando si pensa a quanto è successo a Facebook, troppo spesso i problemi sono emersi durante lo sviluppo perché c'è questa idea di evolversi rapidamente e trasformare le cose”.
Facebook, Google e poi tutti gli altri canali social raccolgono pezzi della nostra attività online di cui non siamo a conoscenza e noi non possiamo nemmeno opporci a questi comportamenti.
Ma non sono solo i social, nell'era della pandemia tutte le nostre comunicazioni si sono spostate sullo smartphone, sempre a portata di mano ma sempre più difficili da custodire e il nostro telefono si è trasformato in un'arma.
Le nostre conversazioni vengono cifrate, in modo che solo chi le riceve può decifrarle, o chi possiede il codice di queste App, che sono gratuite.
Ma quanto ci costano davvero questi servizi?
La scheda del servizio: In fuga da Whatsapp di Alessia Marzi, Lucina Paternesi
Nell’era della pandemia tutte le nostre comunicazioni si sono spostate online e, grazie agli smartphone, sono sempre a portata di mano. Chat di lavoro, messaggi privati, canali e gruppi
tra amici. Ma quanto sono al sicuro? C’è il rischio che qualcuno spii ciò che scriviamo? Oggi cifrare messaggi non è più un crimine e la crittografia end-to-end può migliorare la privacy delle nostre conversazioni: ma quali sono i dati che le applicazioni di messaggistica raccolgono? Dopo l’entrata in vigore dei nuovi termini di servizio Whatsapp, lo scorso febbraio, in tanti, anziché accettare un’informativa poco chiara, hanno iniziato a utilizzare altre app. Da questa fuga di utenti chi ci ha guadagnato di più è stata l’applicazione russa di Pavel Durov, Telegram. Nata per sfuggire al controllo su internet del governo russo, oggi ospita sui suoi canali anche attività illecite e gruppi estremisti e complottisti. Quanto è trasparente il suo modello di business? Dall’altra parte dell’oceano, invece, sta crescendo sempre di più Signal.
Non raccoglie dati, non geolocalizza, è un sistema open source e vive di donazioni. Ma è un progetto sostenibile? Con un’intervista esclusiva a Mr. Signal, Moxie Marlinspike, scopriremo
come è possibile costruire una tecnologia trasparente e “portare un po’ di normalità su internet”.
I furbetti della cassa covid
Abbiamo messo nel cassetto le morti, i reparti di terapia intensiva, le persone che si ammalavano e rimanevano chiuse in casa, tutto dimenticato perché ora bisogna ripartire e non c'è tempo da perdere.
Pure dei furbetti della cassa covid non se ne può parlare, per non disturbare il grande manovratore e le imprese che ora devono licenziare per poter ripartire.
Eppure è bene ricordare questa storia poco edificante, in un momento in cui in questo paese si mettono in discussione le politiche di sussidio alle persone in difficoltà.
Come gli impiegati di Glovo Italia: mentre i rider sfrecciavano per le strade delle città, gli impiegati da marzo a maggio 2020 sono stati messi in cassa integrazione, nonostante grazie al lockdown le attività di consegna siano aumentate: “il lavoro era aumentato ma è stato ripartito tra le persone che sono rimaste” racconta uno di questi impiegati alla giornalista.
Nei primi mesi del lockdown nel 2020 le consegne dai supermercati per Glovo sono cresciute del +400%, quelle dalla farmacia del +300% e quelle da casa a casa del 330%: Glovo ha chiuso il 2020 raddoppiando il fatturato rispetto all'anno precedente e così da luglio ha cominciato una campagna di assunzioni nel settore amministrativo a Milano. Come si giustifica questa crescita con la richiesta della cassa integrazione?
“Perché all'inizio abbiamo visto che il nostro business decresceva e invece un mese dopo ricresceva” racconta la general manager di Glovo Italia. Ma la cassa, per alcuni dipendenti, è durata fino ad ottobre inoltrato.
La scheda del servizio: Fare cassa con la cassa, di Giulia Presutti con la collaborazione di Marzia Amico
Per le aziende la cassa integrazione Covid-19 è una boccata d'ossigeno. Secondo i dati Inps, l'hanno utilizzata 700 mila imprese per 7 milioni di lavoratori. Anche 2i Rete Gas, azienda leader nel settore della distribuzione di gas naturale, ha usufruito degli ammortizzatori sociali durante il primo lockdown, facendo lavorare i dipendenti a rotazione. Ma la distribuzione di gas naturale non si è mai fermata: perché allora la 2i Rete Gas ha ottenuto fondi pubblici destinati a chi subiva perdite per la pandemia? Come Glovo, che con altre app di consegna ha tenuto in vita la filiera agroalimentare, ma nei mesi più duri ha lasciato a casa i propri dipendenti. Gli ammortizzatori sociali introdotti a causa di Covid-19 hanno maglie molto larghe, ma chi controlla che le aziende non se ne approfittino?
I test rapidi anti-covid
Il prezzo dei test antigenici rapidi anti covid cambia da regione a regione: in Puglia il prezzo fisso per il cittadino è 25 euro, mentre a Bologna un test può costare anche 40 euro, mentre n farmacia 15 euro perché è stato siglato un accordo con la regione e lo hanno fatto un po' tutte.
Si passa dai 35 euro in Val D'Aosta ai 15 in Emilia Romagna e Sicilia ma ci sono regioni, come la Lombardia, dove il tetto non è stato fissato: il prezzo più alto spesso non significa maggiore sensibilità per evitare i falsi negativi, a Milano si trovano test con sensibilità all'85% sia a 25 che a 40 euro, ma si trovano test con sensibilità al 97% a 20%.
Ma chi certifica queste percentuali?
Sono autocertificazioni – spiega il direttore di microbiologia dell'Ausl Romagna il dottor Vittorio Sambri – il produttore le fa in modo da dare dei valori molto alti, non c'è una regola.
L'unica indicazione che esiste è quella che indica che i test si dividono in tre tipologie: test di prima, seconda e terza generazione, in ordine crescente di capacità analitica.
E' una classificazione che si basa sulla tecnologia utilizzata (e non la sensibilità alle nuove varianti, come si sente dire): ma anche su questo punto c'è una certa confusione, a Torino i test di prima generazione, dove il risultato lo leggi “a occhio”, sono considerati in diverse farmacie di seconda generazione, comprese le farmacie del presidente dell'ordine dei farmacisti.
La scheda del servizio: Testati di Antonella Cignarale con la collaborazione di Marzia Amico
Siamo passati dai terribili momenti in cui non c’erano tamponi per diagnosticare Covid-19 alla situazione attuale, in cui la gamma di tamponi a cui il cittadino si può sottoporre è molteplice.
Si possono comprare anche al supermercato: sono i test antigenici rapidi fai da te, da autosomministrarsi. Per partecipare ai grandi eventi o andare all’estero serve il referto negativo di un test antigenico rapido o di un tampone molecolare. Da regione a regione i prezzi cambiano con differenze anche di 20 euro per i test rapidi e fino a 60 euro per i molecolari. Nonostante le raccomandazioni del ministero della Salute, dopo un anno c’è ancora molta confusione nella gestione dei tamponi, soprattutto sugli antigenici rapidi e tocca al cittadino informarsi sul costo e sulla sensibilità di un test.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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