26 marzo 2009

Con Roberto Saviano

"Saviano verrà ucciso quando finirà nel dimenticatoio"
[dichiarazione di Carmine Schiavone a Il Tempo del 14/1]

E l'unico modo per impedire ciò, è impedire che l'attenzione cali, che l'indignazione lasci il passo all'indifferenza.
Nella serata speciale di Che tempo che fa, Saviano ci ha parlato del linguaggio dei media sui clan: come vengono raccontati i fatti di cronaca, come vengono presentati i boss e le vittime.
A cominciare dai soprannomi: nessun titolo de Il Corriere di Caserta riporta i boss col loro nome.
I boss vengono chiamati bin Laden, Sandokan, 'o sceriffo, 'o cappotto, 'o padrino. Chi legge questi nomi e non abita nella terra dei casalesi non capisce, ma per gli altri si crea una sorta di intimità, un legame speciale.

Negli articolo in cui si parla delle condanne, ai nomi anagrafici si associa la colonna dei soprannomi: dietro un soprannome come "'u urpacchiello", che fa magari ridere, c'è qualcosa di feroce.
C'è gente che delinque: nella terra dei clan ci sono 1 o 2 morti al giorno eppure queste notizie non arrivano sui giornali nazionali.

L'informazione nei giornali locali.
Come viene data l'informazione sui quotidiani locali? I titoli usati dicono tanto dei luoghi di cui parliamo.
"stupra donna sposata". Il crimine è perchè la donna era sposata.
"giustiziato sindacalista". Si da per scontato che esiste un potere diverso dallo stato, in grado di fare giustizia.
"Pirolo, la corte assolve l'infame". Pirolo è un collaboratore di giustizia. Ma è chiamato infame.

Dante Passarelli era un imprenditore di mafia: la magistratura lo mette sotto inchiesta e ne congela i beni.
"Passarelli, tragedia alla Ipam".
I clan, dopo il sequestro, lo uccidono: nessun perdono al manager che sbaglia, che ha fatto un errore.
E' sbagliato pensare che queste siano storie che non ci riguardano; storie che capitano in luoghi lontani, che danno pure fastidio. I casalesi investono al nord, nelle imprese di costruzione, inquinano l'economia di tutto il paese.

I titoli parlano, a modo loro, di una guerra quotidiana. Una guerra che nemmeno ci sfiora.

Le foto e le immagini della guerra.
Le immagini dei funerali di Ciro (ucciso dopo una rapina a 17 anni) e Emanuele (morto in un cantiere dove lavorava in nero), con iragazzini che portano la bara e che danno gas coi motorini.
Sia che tu faccia la scelta giusta o quella sbagliata, spesso il destino è lo stesso. La guerra non è solo nelle strade, anche nei cantieri.

E a morire sono ragazzi che non hanno colpe come Annalisa Durante, uccisa a Forcella.Come si reagisce a queste morti: con rassegnazione (è sempre stata così e sempre così continuerà); con insofferenza (sono fatti che riguardano il sud).
Eppure testimoniano di un potere criminale che ha in mano un pezzo d'Italia: un potere criminale che condiziona la vita delle persone. Si vive male con la camorra ...Che futuro ha una generazione che cresce con queste morti per le strade: che lezione apprendono i bambini dalle morti coperte da un lenzuolo?

Lettere dal carcere.
Se la cronaca della guerra non arriva sui giornali, arrivano invece le lettere di un boss, come Salvatore Schiavone condannato al 41 bis alla Gazzetta di Caserta.
Una lettera dove si attaccano i pentiti ".. forse un giorno scriveremo un libro sui pentiti e ci divertiremo".
Lettera cui l'editore ha avuto il coraggio di rispondere "signor Schiavone, la ringrazio per la sua stima ...".

Potere criminale.Qualcuno si è indignato per questa lettera?

Il dolore.
"Tommaso, il dolore del boss". Cosa c'entrano i boss con la vicenda di Tommy? E' un messaggio: i boss dicono che ci penseranno loro a ritorvare il piccolo Tommy. E il boss fa sapere che soffre. Questo è il dolore che arriva sui giornali, non quello delle vittime.

Come Salvatore Nuvoletta. carabiniere di 20 anni ucciso dal clan.

La politica.
La politica non ne parla della mafia e dei clan, se non per lanciare slogan. Eppure del legame tra politica e clan ce ne sarebbe da dire.

"Sandokan controlla 40000 voti". Controlla ora, non ieri.
"Sindaco morirai, la camorra alza il tiro".
Perchè se da una parte non se ne parla, i pochi politici che scelgono di affrontare la camorra, devono fronteggiare un potere cirminale con il PIL di uno stato. La cosa pià grave che può fare la politica, è scegliere il silenzio.

La diffamazione.
La mafia e la camorra ti uccidono non solo con le pallottole, ma anche andando a diffamarti.
Come con Salvatore Nuvoletta: perchè nessun giornale nazionale ha parlato di questo carabienire di 20 anni ucciso perchè ritenuto colpevole della morte di un nipote di un boss?
Perchè porta lo stesso cognome di una famiglia di camorra, i Nuvoletta di Marano. E qualcuno ha iniziato a far girare la voce che er aparente di quei Nuvoletta. E i giornali hanno dato la notizia, senza controllare.

Stessa tecnica usata con Don Peppino Diana:"Don Diana a letto con due donne"."Don Peppe Diana era un camorrista".
Quale è il messaggio? Siamo tutti uguali in terra di camorra. E' tutto uno schifo e chi cerca di differenziarsi lo fa per interesse personale.
Giornali che dei boss scrivono titoli come "Boss playboy, De Falco re degli sciupafemmine".
De Falco il mandante dell'omicidio di Don Diana.
"Era l'orgoglio di zio Sandokan". Dedicato ad un nipote di Schiavone, arrestato da un maresciallo infiltrato.

Come per Saviano, anche lui diffamato, anche lui criticato, che vive da 3 anni sotto scorta.Si è arricchito. Ha usato articoli e informazioni di altri. Poi scopri che l'editore di uno di questi giornali è finito sotto indagine per estorsione.

Il silenzio uccide, come certi titoli di giornali. E noi dobbiamo fare nostre le parole di Don Peppino Diana: "per amore del mio popolo non tacerò".

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