«Questo romanzo conclude un ciclo iniziato con Maruzza Musumeci e Il casellante. Sono tre storie che raccontano tre metamorfosi più o meno riuscite. Nei tempi antichi le metamorfosi venivano più facili a dirsi e a farsi»
Andrea Camilleri
Terzo e ultimo capitolo della trilogia della metamorfosi di Camilleri, dopo Maruzza Musumeci e Il casellante.
In Maruzza Musumeci, la donna sirena tornava sulla terra per suggellare un nuovo patto d'amore con gli uomini e consolarli delle miserie della guerra; ne Il casellante la metamorfosi della donna trasformata in albero era metafora del dolore che pietrifica.
Qui il significato della storia sfugge ed è da ricercare dietro le righe del racconto: che parte dall'adolescente Giurlà, figlio di pescatori, che dalle distese del mare rischia di finire (per la miseria della sua famiglia) nelle profondità delle miniere di zolfo. Riesce a scampare la sorte di Ciaula, che in una notte di plenilunio scopre la luna, per finire a fare il craparo sui monti lontano da casa.
Qui scopre le letture di Lucrezio, la solitudine e il silenzio della montagna e la compagnia di una pecora. Una pecora distinta dalle altre della mannara, che col suo belare sembra volerlo chiamare, attirare. E, mano mano, la compagnia diventa qualcosa di più, perchè Beba, così Giurlà la chiama, si trasforma in un'amante gelosa, possessiva, permalosa.
In un mondo dove i mostri sono altri, come i compagni che approfittano di una ragazza, i camperi che mantengono la legge con i loro strumenti e con la loro legge, la storia d'amore diventa sempre più tenera ma è comunque destinata ad una fine. Come può un uomo stracangiare la natura di un animale? Giurlà troverà il suo riscatto nella donna capra (legata a Beba dal sonaglio che da il titolo al libro), la contessina Anita.
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La scheda del libro sul sito Vigata.org
Technorati: Andrea Camilleri
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