26 luglio 2017

Questi populisti

Non sono mai stanchi nel darci sempre i loro consigli, gli economisti di scuola liberale italiana.
Quelli che non hanno previsto la crisi, che non hanno capito che le ricette applicate dal 2009 (austerity, crollo salari, taglio investimenti pubblici, precariato) hanno fallito e che forse sarebbe anche ora di cambiare disco.
Francesco Giavazzi oggi se la prende coi populisti che, a suo dire, hanno solo due proposte: il reddito di cittadinanza e il protezionismo.
Tutte e due fallimentari, chiaramente: la prima perché crea debito, la seconda perché blocca il mercato salvaguardando aziende che magari dovrebbero chiudere perché non competitive.
Un esempio di redistribuzione è il reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle, cioè un sussidio indipendente dallo sforzo che una persona dimostra di fare per trovare un lavoro. La redistribuzione finisce inevitabilmente in un aumento del debito pubblico e quindi in un rallentamento della crescita. Un altro esempio è il protezionismo: protezione delle aziende nazionali anche se sono poco produttive e i medesimi beni potrebbero esser acquistati altrove a prezzi inferiori. Anche questo danneggia la crescita sia perché prezzi più alti riducono i consumi,
Peccato che la realtà sia diversa: il debito pubblico sale pur non avendo alcun reddito di cittadinanza.
Anzi, il debito sale perché ci sono state azioni fortemente populiste di cui però Giavazzi non ha memoria: gli 80 euro, i bonus a pioggia (da quello ai 18enni a quello per gli asilo).
Il debito pubblico sale perché la corruzione rimane un tabù e dunque le opere pubbliche (le famose infrastrutture senza di cui saremmo tagliati fuori dall'Europa) costano in Italia più che altrove.

E poi veniamo al gran finale: l'ostilità per le elite e per i vincoli
Populisti di destra e di sinistra (Syriza in Grecia, Podemos in Spagna, Bernie Sanders negli Stati Uniti, e dall’altro lato Trump, Geert Wilders in Olanda, Marine Le Pen in Francia, Matteo Salvini) non solo, come sempre, hanno condiviso sostanzialmente le medesime proposte, ma questa volta lo hanno anche fatto allo stesso tempo, così trovandosi alleati. Il punto di incontro fra populismo di destra e di sinistra è stato il rifiuto delle élite, una narrazione suggestiva per ciò che in realtà significa rifiutare ogni vincolo di bilancio, cioè non considerare gli effetti che le «politiche aspirina» avranno sui nostri nipoti. 
Quali sarebbero queste elite?
Il manager di Tim Cattaneo con una buonuscita da 25 ml di euro che non ha alcuna evidente corrispondenza coi risultati?
O lo stipendio dei super manager del pubblico, da Eni a Finmeccanica, alle Ferrovie dello Stato, in Alitalia? Quanti milioni di buonuscita hanno preso questi super manager, con buchi di bilancio alle spalle e ricadute sui conti pubblici?
Strano che non ci siano vincoli di bilancio su stipendi d'oro (perché è il mercato, ti rispondono, peccato che non esista mercato), sulle grandi opere come TAV, AV e Mose (quanto sono costate? Quanti benefici economici abbiamo ricavato?).

Oggi prendersela coi populisti, mettendo assieme tutto, è molto facile.
Tutto è populista, dalla flat tax, alla caccia agli immigrati, al basta euro cacciandoci dentro anche il reddito di cittadinanza (una forma di sostegno economico presente in altri paesi europei).

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