Lo Stato ha saputo vincere la sua guerra al terrorismo "storico". Contro la mafia, invece, lo Stato (più esattamente alcuni suoi consistenti settori) ha accettato di perdere una guerra che si sarebbe potuta vincere.Ha accettato di perdere pur di socngiurare il salto qualitativo: dall'accertamento delle responsabilità dei mafiosi "doc", come Totò Riina, all'accertamento dei legami e delle collusioni esterne a Cosa Nostra. Perchè una guerra vinta e una interrotta?
I motivi sono tanti, uno in particolare: il senso di "alterità" del terrorismo rispetto alla società, alla vita di tutti i giorni, che ha permesso all'Italia di espellere la violenza politica dalla realtà del paese.
Con la mafia questo non è successo. O, perlomeno, non ancora.
Sia il terrorismo brigatista che la mafia sono forme di crimine organizzato. Ma aparte quesyo punto in comune, si tratta di fenomeni completamente diversi. Tuttavia, almeno in linea di principio, entrambi pongono gli stessi problemi dal punti di vista dell'attività di contrasto.
Le possibilità di successo, in un caso come nell'altro, aumentano quando si interviene contemporaneamente su tre versanti: quello tecnico-giuridico (investigativo-gidiziario); quello culturale, necessario per rendere l'opinione pubblica consapevole; e quello- assolutamente fondamentale - dell'aggressione non solo alle manifestazioni criminali, ma anche nelle radici profonde del fenomeno.
Sul piano tecnino, quale che sia il tipo di criminalità, si vince soltanto se si mettono in campo due parametri: specializzazione e centralizzazione. Specializzazione significa operatori che sviluppino continuamente conoscenze specifiche e affinino i metodi di lavoro, così da riuscire a penetrare le strutture da contrastare.Centralizzare significa convogliare in un unico motore di raccolta tutti gli elementi acquisiti nel corso delle varie inchieste, evitando il rischio di disperdere le opportunità di intervento che soltanto una visione non parcellizzata, ma incrociata e integrale, può consentire.
[Le due guerre, perchè l'Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia di Gian Carlo Caselli, pagina 29].
Per ordinare il libro su ibs.
Il sito dell'editore Melampo.
Technorati: Gian Carlo Caselli
I motivi sono tanti, uno in particolare: il senso di "alterità" del terrorismo rispetto alla società, alla vita di tutti i giorni, che ha permesso all'Italia di espellere la violenza politica dalla realtà del paese.
Con la mafia questo non è successo. O, perlomeno, non ancora.
Sia il terrorismo brigatista che la mafia sono forme di crimine organizzato. Ma aparte quesyo punto in comune, si tratta di fenomeni completamente diversi. Tuttavia, almeno in linea di principio, entrambi pongono gli stessi problemi dal punti di vista dell'attività di contrasto.
Le possibilità di successo, in un caso come nell'altro, aumentano quando si interviene contemporaneamente su tre versanti: quello tecnico-giuridico (investigativo-gidiziario); quello culturale, necessario per rendere l'opinione pubblica consapevole; e quello- assolutamente fondamentale - dell'aggressione non solo alle manifestazioni criminali, ma anche nelle radici profonde del fenomeno.
Sul piano tecnino, quale che sia il tipo di criminalità, si vince soltanto se si mettono in campo due parametri: specializzazione e centralizzazione. Specializzazione significa operatori che sviluppino continuamente conoscenze specifiche e affinino i metodi di lavoro, così da riuscire a penetrare le strutture da contrastare.Centralizzare significa convogliare in un unico motore di raccolta tutti gli elementi acquisiti nel corso delle varie inchieste, evitando il rischio di disperdere le opportunità di intervento che soltanto una visione non parcellizzata, ma incrociata e integrale, può consentire.
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