Per quale motivo è stato ucciso
Raffaele
Sonzogno, direttore del quotidiano La Capitale, ucciso
con 17 coltellate nei giorni del Carnevale del 1975 a Roma?
Per motivi futili, come sembra dai
primi rilievi? Ucciso per mano di una banda di balordi del popolino
romano come Frezza, detto spaghetto, l'assassinio, colto in
flagrante.
Per motivi passionali, come sembra
indirizzarsi l'indagine della polizia, che segue una pista passionale
che arriva fino a Giuseppe Luciani, candidato in Parlamento coi soldi
della Banca Romana ma anche amante della moglie del giornalista?
Oppure ci sono motivi politici dietro
questo delitto eccellente, che partono dalla banda della malavita di
Trastevere, per arrivare su fino agli scandali che Sonzogno,
giornalista di sinistra, denunciava sul suo giornale senza nessun
timore reverenziale?
Uno dei primi “cadaveri
eccellenti” della storia dell'Italia Unita, l'omicidio
Sonzogno, nel racconto dello sceneggiatore Roberto Mazzucco porta
dritto dritto allo scandalo sulla speculazione dei beni ecclesiastici
della Chiesa.
Beni che avrebbero dovuto essere
incamerati dallo Stato, affinché terreni, case e soldi potessero
essere utilizzati per il bene comune, per risollevare la situazione
dei cittadini.
Liberata Roma, il luogotenente La Marmora aveva emesso un decreto per congelare i beni ecclesiastici nella capitale in attesa dell'applicazione della legge del '66 negli ultimi territori liberati.Si trattava di un grosso capitale. Undici secoli di governo esercitato senza opposizione e senza controllo avevano reso la Chiesa e i suoi bracci operativi immensamente ricchi.Scopo del decreto era impedire l'affrettata alienazione delle proprietà degli enti religiosi, in previsione dell'applicazione della legge [..] Ad onta del decreto, in tre anni, gli ordini avevano già alienato un terzo dei beni, sottratti al demanio e serviti caldi caldi a compratori eccitati. Come sempre all'avanguardia del clero, furono i gesuiti a violare per primi e in modo massiccio la legge: i loro terreni, siti tra Castro Pretorio e le Terme di Diocleziano furono venduti ad acquirenti in maggioranza stranieri: svizzeri, belgi, austriaci.Visto il totale silenzio delle autorità laiche, i clericali presero coraggio. Perché vendere soltanto? Così, quando l'oscillante governo Lanza portò alla Camera la proposta che estendeva la legge del 7 luglio 1866 ai nuovi territori liberati., venne aggiunto un sottile codicillo. L'esproprio riguardava sì i beni ecclesiastici in Roma, ma non quelli di proprietà delle Case Generalizie degli ordini. In pratica, nessuno, perché a Roma avevano sede tutte le case generalizie religiose e non esistevano quindi dipartimenti periferici [..]E' il momento in cui la finanza cattolica si salda alle gigantesche imprese immobiliari private. Come denunziò Sonzogno in un articolo, gli speculatori in tonaca - come il De Merodé tuttora vivo e vegeto - divennero i migliori alleati del governo italiano.[..]Il governo conservatore non aveva alcun interesse ad alienare il patrimonio immobiliare ecclesiastico per farne demanio pubblico. Proprietari terrieri e soci SPA erano invischiati sino al collo negli interessi dell'edilizia. Tuttavia, poiché lo spirito del Risorgimento non era ancora spento del tutto, quando la proposta arrivò alla commissione parlamentare competente – febbraio 73 – venne bocciata , sia pure per un solo voto.[..] in Parlamento capitò un più grave cedimento. Un deputato cambiò opinione, informò i colleghi che ci aveva ripensato. Riportata in votazione, la legge passò alla Camera dove la manovra del governo sarebbe stata più agevole. Quel deputato era l'onorevole Pisanelli.
Sonzogno aveva compreso l'importanza della posta: sul giornale pubblicò in neretto un allarmante avviso sull'imminente scrutinio e mise in guardia contro il mutamento d'opinione di qualche membro della commissione.
Tutto inutile: messa ai voti di una Camera tradizionalmente ligia agli interessi dei conservatori, la legge passò con 196 voti contro 46. Considerato che la resistenza sarebbe stata compromettente e l'esito scontato, ben 170 deputati si erano squagliati al momento del voto. Avrebbero potuto così continuare a gridare ad alta voce il loro anticlericalismo senza il rimorso di aver ferito cuore e portafoglio. Vinse lo schieramento che Sonzogno chiamava, con feroce sarcasmo, i deputati telegrafo. Uomini mandati a Montecitorio per servire, mai presenti ma pronti ad accorrere a una convocazione della Presidenza.pagina 191
Speculazione
edilizia, affarismo privato sui beni pubblici, clientelismo e
lobbismo che partiva dalla Chiesa romana per congiungere il mondo
politico con quello finanziario dei banchieri.
Un quadro storico che ci racconta una
verità scomoda: l'Italia non è mai stata innocente.
Lo scandalo del piano regolatore di
Roma (e la deviazione del corso del Tevere, con le nuove costruzioni che sarebbero dovute sorgere sui
terreni della Chiesa e dei banchieri), segue di pochi anni lo
scandalo della Regia dei tabacchi, raccontato da Gian Antonio
Stella nel libro “I
misteri di via dell'Amorino”.
Il canovaccio è comune: una politica
prona agli interessi privati (i deputati telegrafo), corruzione e conflitti di interesse palesi e
trasversali tra destra e sinistra, una magistratura pronta a sopire
ogni scandalo e a colpire duramente i giornalisti che si permettevano
di fare delle denunce chiare, indicando nomi e cognomi, sui
quotidiani.
L'onore
del paese sulle spalle di pochi personaggi, impavidi e coraggiosi: il giovane deputato Cristiano Lobbia e, in questo racconto, il giovane giornalista Colacito o il deputato Cavallotti che ad un certo punto spiega:
Altrimenti ....
Un' Italia da romanzo criminale di ieri
che ricorda molto da vicino l'Italia di oggi.
Leggi anche: I sicari di Trastevere: lalegge elettorale vergogna
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