Questa sera Report ci offre due servizi che sono seguito di vecchie inchieste: la prima sulla pizza, su come è cambiato il modo di prepararla, il secondo sulla gestione delle chiese di Napoli.
Infine un servizio in esclusiva su Mariupol, la città martire della guerra in Ucraina.
Report fa bene alla pizzaioli
Nel
2014 il servizio di Bernardo Iovene sulla pizza aveva suscitato
tante, inutili, polemiche: “adesso nemmeno la pizza ci possiamo
mangiare in pace..”
Eppure quel servizio metteva in luce tanti
aspetti del cibo più amato dagli italiani, poco piacevoli: dal fondo
bruciato all’uso di olio non di oliva (con scuse anche pretestuose
per preferirne altri).
Passati 8 anni, quanto è cambiato nel
mondo dei pizzaioli napoletani? Non solo sono stati sdoganati i forni
a gas, anche quelli elettrici, come accaduto nella pizzeria di
palazzo Petrucci a Spaccanapoli nel cuore della città, con una
terrazza che affaccia sulla piazza di San Domenico Maggiore.
La
pizza è cambiata, dal forno non più solo a legna si sfornano pizze
con impasti idratati e farine tipo 1, con ingredienti molto lontani
dalla tradizione, come i fichi conditi con la colatura di alici.
Sapori diversi, ma le persone non notano la differenza, raccontano i
pizzaioli. I prezzi salgono, però: se una margherita costa 6,50
euro, una pizza elaborata con prodotti freschi arriva a costare anche
15 euro. Pomodoro bio di Corbara, olio extra vergine e farina di tipo
1: i cuochi si trovano bene con questa farina – racconta a Iovene
Davide Ruotolo, premiato come giovane pizzaiolo dell’anno nel nel
2022: “mi
trovo molto bene, comunque lavorando con un’alta idratazione, la
tipo 1 mi assorbe maggiormente.”
Bernardo
Iovene è andato in via dei Tribunali nel quartiere di Gino Sorbillo,
dove ci sono i cantanti sui balconi e dove in tanti hanno beneficiato
del successo del pizzaiolo. Davanti la sua pizzeria c’è sempre la
fila e qui la Margherita costa 5 euro:
“un prezzo giusto per la politica popolare che noi applichiamo da
sempre con le nostre pizze.”
Sorbillo
ha un’altra pizzeria sul lungomare dove i costi sono più alti, ma
perché le spese di fitto sono più alte: sul lungomare, davanti
Castel dell’Ovo una Margherita arriva a costare anche 8 euro, con
la bufala anche 12. Ci
sono poi altre pizzerie a Tokio, Miami, Milano e a Roma in piazza
Augusto Imperatore dove servono la famosa pizza con la “zizzona”
da un kg, a 40 euro, ma si tratta di una pizza per 4-6 persone.
Ma
nelle pizzerie di Sorbillo si trova anche la classica Margherita con
pomodoro San Marzano, fior di latte di Agerola e olio extra vergine
di oliva. Otto anni fa i pizzaioli dicevano che era pesante sulla
pizza, preferendo quello di girasole. Oltre all’olio la novità è
il forno a gas, che non fa fumo, non ha bisogno di legna e la cottura
della pizza è uguale.
Altra novità sta nell’impasto: non
si usa più solo la farina doppio 0, si usa la farina tipo 1 inserita
nell’impasto fa venire la pizza più saporita. Questo cambiamento
rispetto al passato è frutto della trasmissione del 2014, spiega a
Iovene Gino Sorbillo: tutto il polverone, tutte le polemiche hanno
fatto solo bene alla pizza.
Oggi l’associazione Verace Pizza Napoletana ha inserito nel disciplinare la farina tipo 1, una scelta storica, e ai corsi per pizzaioli dove arrivano ad imparare l’arte della pizza napoletana da tutto il mondo, adesso insegnano l’uso addirittura di tre forni diversi, a legna, a gas e il forno elettrico – racconta Stefano Auricchio direttore dell’associazione e per una questione di trasparenza oggi le pizzerie dell’associazione riportano sulle insegne se usano il forno elettrico o a legna.
La
polemica più dura è arrivata da un’altra associazione, quella dei
“Pizzaioli Napoletani” che ammettono solo forni a legna e il loro
presidente afferma che dovrebbe essere l’associazione “Pizza
Verace” a cambiare nome, “perché divulga il forno a gas, il
forno elettrico, penso che non si può più parlare di pizza verace a
questo punto” spiega a Iovene Sergio Miccu. La pizza nasce col
forno a legna e dovrà morire col forno a legna.
Ma c’è un
altro punto di distanza: l’associazione “Pizza Verace” chiede
ai suoi aderenti di non usare il forno a legna quando il fumo riempie
la cupola, perché significa che il forno non ha raggiunto la sua
temperatura. Il fumo nero nel forno, cioè, non si dovrebbe
mai vedere: si dovrebbe aspettare che il fumo si dissolva, misurare
la temperatura, la volta deve essere bianca, solo così il forno è
pronto per lavorare. Perché elementi incombusti che potrebbero
finire sulla pizza non sono più presenti. Il profumo sulla legna non
deve esistere: l’associazione Pizza Verace è chiaro su questo
punto “il giorno che si sente il profumo della legna sulla pizza ci
arrestano, perché significa che sono finiti gli idrocarburi della
combustione sopra la pizza e questo non ci deve essere …”
Oggi
i pizzaioli napoletano lo sanno, spiega a Iovene il rappresentante
dell’associazione pizzaioli: lo sanno ma continuano ad infornare
quando la cupola è densa di fumo, e non va bene.
La ricaduta oggi è per l’uso del gas, è però sulla bolletta: da 1884 euro del 2021, attualmente è balzata a 11.114 euro al mese. Un aumento che rispetto all’uso della legna è sempre, spiega a Report il padrone della pizzeria Edoardo Trotta, ovvero l’acquisto, lo scarico, la manutenzione del forno, della canna fumaria e di tutto quello che gira attorno.
A parte questo, la lezione di Report di otto anni fa, ha fatto bene alla pizza e a noi consumatori: oggi a Napoli si servono pizze più digeribili, cotte meglio e in forni più puliti.
Bernardo Iovene è andato ad ascoltare un altro pizzaiolo famoso, Ciro Salvo, proprietario del marchio 50 kalò, che ha pizzerie sia a Roma che a Napoli, sempre piene.
Anche lui ha cambiato modo di fare la pizza: solo grano italiano provenienti dal sud, tutti gli ingredienti sono tracciati, olio solo a fine cottura ed extravergine, ogni pizza ha poi il suo olio associato, “messo a caldo sulla pizza appena sfornata riesce a sprigionare tutto il suo profumo e tutto il gusto..”.
Anche la vecchia oliera, quella che veniva continuamente rabbocata, è stata mandata in pensione: perché se questa non veniva pulita in modo accurato si rischiava di raccogliere l’olio ormai rancido che si posa sul fondo e sulle pareti. Usando le bottiglie piccole si possono apprezzare le migliori caratteristiche esaltando così il sapore della pizza.
Il servizio di quest’anno si occuperà anche della famosa, e costosa, pizza di Briatore.
La scheda del servizio PIZZA CONTEMPORANEA di Bernardo Iovene
Nel 2014 una nostra puntata sulla pizza evidenziò come il prodotto simbolo nazionale fosse trascurato negli impasti e negli ingredienti, da Venezia dove venivano servite scongelate, a Milano dove venivano preparate con impasti veloci, passando per Roma e fino a Napoli dove spesso i pizzaioli erano poco preparati, le pizze spesso bruciate, i forni a legna non puliti, l’olio non era extravergine, le farine troppo raffinate. Il coro unanime dei consumatori era che per la maggior parte mangiavano una pizza poco digeribile. Siamo tornati nelle pizzerie di Napoli e abbiamo trovato una situazione capovolta rispetto a quella di otto anni fa. Miglioramenti nella scelta delle farine, degli ingredienti e l’introduzione di forni a gas ed elettrici approvati dall’associazione Verace Pizza. Una rivoluzione, iniziata proprio dopo la nostra inchiesta che provocò polemiche e attacchi, ma che oggi è diventata un punto di riferimento. Mentre montava la polemica sul prezzo della pizza innescata dall’apertura delle pizzerie dell’imprenditore Flavio Briatore, Report ha scoperto che le pizzerie storiche del centro di Napoli hanno aperto succursali in tutto il mondo dove i prezzi sono anche dieci volte più cari. Ma la sorpresa è la nascita della Pizza Contemporanea Napoletana che rompe con la tradizione con impasti molto idratati, ingredienti di qualità e addirittura con una forma diversa. Infine, abbiamo affiancato gli ispettori della guida “50 top pizza world” che girano e valutano le pizzerie in incognito e quest’anno tra le new entry c’erano proprio quelle di Briatore.
Le chiese di Napoli – la seconda puntata
A Napoli ci sono più di mille chiese e nel centro storico ce ne sono
addirittura più di Roma: sono 203 ma solo 79 sono usate per il
culto, il resto sono chiese abbandonate, decadenti e senza controllo.
Non sorprende – racconta il servizio di Danilo Procaccianti – se
poi esistono sfregi unici al mondo come quelli raccontati da Report
due settimane fa: un abuso edilizio sulla faccia della chiesa di
Sant’Arcangelo a Baiano, dove il balcone della casa a fianco alla
chiesa si è allargato .
“Su quella chiesa non so come sia stato possibile quel tipo di
abuso, che è un abuso che risale a moltissimi anni fa” era stata
la risposta del portavoce della curia. Ma a parte questo, l’abuso
sta ancora là, chi arriva davanti la chiesa vede un balcone che si è
allargato. Perché la chiesa non è intervenuta prima?
“Di
fatto siamo intervenuti e stiamo intervenendo ..”, ha provato a
rispondere il portavoce ma in realtà la curia non ha mai fatto
niente rispetto a quel balcone, la segnalazione l’hanno fatta i
vigili urbani ben 34 anni fa ed è stata la Soprintendenza ad
avvertire la Curia che era all’oscuro di tutto.
Un qualcosa di
curioso, ammette Salvatore Buonomo della Soprintendenza : “è
curioso nel senso che intervenire quando l’abuso è già stato
effettuato pone delle difficoltà e dei disagi completamente diversi.
”
Report si era occupata anche del Grand Hotel Serapide,
l’hotel ristrutturato dal trasversalissimo Claudio Ferrara, che una
volta era la cittadella apostolica di monsignor Cascella che lo aveva
lasciato alla curia a patto che continuasse ad essere usato per fini
assistenzialistici.
Suite di lusso, centri benessere, piscine e
una meravigliosa vista sulle isole di Ischia, Capri e Procida. Di
apostolico oggi c’è rimasto ben poco. Come si difende la curia?
Dicendo che quello che si ricava dall’hotel di lusso viene poi
usato per il mantenimento dei sacerdoti poveri. Certo si ricava molto
poco, perché la curia ha fatto in contratto di soli 3000 euro al
mese.
“Questi non sono fatti vostri” ha risposto il
cardinale Sepe a Report.
La scheda
del servizio ANDATE
IN PACE di Danilo Procaccianti
con la
collaborazione di Goffredo De Pascale e
Andrea Tornago
Sempre più numerosi i casi delle chiese napoletane gestite con grande difficoltà dalla Curia. Per il balcone abusivo sulla facciata della chiesa cinquecentesca di Sant'Arcangelo a Baiano, in pieno centro storico, si sono attivati il Comune e la Soprintendenza, ma cosa ha fatto la Curia da cui dipende quel monumento? Dopo la trasmissione del servizio di Report "La messa è finita", il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo Emerito, ha convocato una conferenza stampa per dire che solo il 15% dei luoghi di culto cittadini è di loro pertinenza e che i soldi ricavati dalla locazione della Cittadella Apostolica - un centro nato per ospitare i bisognosi che tale doveva restare nella volontà testamentaria del prete che l'ha affidato alla Curia - vengono regolarmente impegnati per il nobile scopo. Ma è davvero così? E chi è l'affittuario della Cittadella che con una società con 50 mila euro di capitale ha stipulato con il Cardinale Sepe un contratto di 18 anni versando un importo di circa 3 mila euro al mese? Una conoscenza comune unisce il Cardinale e l'imprenditore. Si tratta di Nicola Cosentino, l'ex sottosegretario all'Economia condannato per concorso esterno in associazione camorristica. Ma la Cittadella Apostolica non sarebbe l'unico caso di "tradimento" di un “testamento".
Mariupol la città martire
Report è andata a
Mariupol la città martire di questa guerra voluta da Putin, per
raccontarci come si vive sotto l’occupazione russa, sei mesi dopo
la fine della battaglia.
Non solo è una città occupata –
racconta il servizio di Manuele Bonaccorsi – è diventata una città
annessa al territorio russo, parte integrante del territorio della
federazione russa, dopo il referendum farsa. La strada che collega il
capoluogo Donetsk alla città costiera è ancora pieno di posti di
blocco militari. Ma a rallentare il percorso è piuttosto lo slalom
tra i cantieri: dopo l’operazione militare per la conquista delle
strade, degli scheletri dei palazzi, dopo la strage di civili e
militari, inizia la battaglia decisiva, quella per la conquista della
popolazione.
Il Cremlino ha appaltato al comune di San
Pietroburgo i lavori di ricostruzione a Mariupol: l’antica capitale
degli zar ha inviato qui tecnici, ingegneri e imprese. Il campo di
battaglia per la conquista della popolazione è fatto di cemento,
come quello del quartiere chiamato Aleksandr Nevskij, costruito da
zero in tre mesi, lavorando giorno e notte. Centinaia di gru hanno
tirato su palazzi dal nulla e hanno ristrutturato quelli lievemente
danneggiati.
Il teatro di Mariupol dove sono morti centinaia di
civili per un bombardamento russo, è oggi ricoperto da teli con le
immagini di artisti russi.
Un finanziamento straordinario da
parte della Russia che però ha imposto in questi territori
l’insegnamento del russo, lo stesso errore fatto da Zelensky che
abolì il russo, quando prima si insegnavano tutte e due le lingue in
queste zone.
Durante
l’anticipazione a In Mezz’ora Sigfrido Ranucci spiegava come
questo fosse un errore perché se non c’è il rispetto per le
minoranze non puoi costruire una pacificazione e questa deve
cominciare dalle scuole.
Cosa dicono le persone intervistate
nelle strade? Alcuni se la prendono con Zelensky, se l’Ucraina
fosse rimasta neutrale non ci sarebbe stata la guerra, altri
raccontano di aver votato a favore del referendum, perché siamo
tutti slavi. La gente (quanto meno le persone intervistate da Report)
vorrebbe solo tornare alla pace.
Come si comportano gli
occupanti – ha chiesto Manuele Bonaccorsi ad un anziano: “si
comportano bene adesso ma è come se io ti dessi un cazzotto e poi ti
dicessi, ma come se bello. Ora basta, andiamocene o mi metteranno in
prigione...”
Quanto durerà questa guerra? Quanto ancora dovranno soffrire gli ucraini? Fino a quando ci sarà questa stabilità a Mariupol, specie ora che arriva l’inverno e le persone rimarranno senza case?
Il PIL ucraino è di
200 miliardi i danni stimati sono di 700 miliardi: chi pagherà?
La scheda del servizio MARIUPOL ANNO ZERO di Manuele Bonaccorsi
Le telecamere di Report tornano a Mariupol, la città martire della guerra ucraina, 6 mesi dopo la battaglia che l’ha ridotta in macerie. Dopo i referendum di annessione svolti a settembre, gli occupanti considerano la città portuale parte integrante del territorio russo. E dopo aver conquistato le strade e gli scheletri dei palazzi provano a conquistare la popolazione, per il 90% di madrelingua russa. Report ha intervistato gli abitanti della città, nettamente divisi tra chi dà la colpa della guerra a Putin e chi a Zelensky. L’amministrazione civile nominata da Mosca ha messo in campo uno sforzo straordinario per la ricostruzione. Obiettivo: dare a tutti un tetto entro l’inverno. Ma difficilmente gli abitanti rimasti a Mariupol riusciranno ad avere una casa calda prima dell’arrivo del gelo. Per loro si preannunciano mesi molto difficili. Cambia tutto anche nelle scuole, dove dal 2018 il governo di Kiev aveva imposto l’uso dell’ucraino, superando un sistema di istruzione che precedentemente era perfettamente bilingue. Oggi gli istituti di Mariupol, alcuni dei quali sono stati ricostruiti con grande velocità, applicano i programmi della Federazione russa. Ritorna la lingua madre maggioritaria della popolazione e l’ucraino viene ridotto a materia opzionale, un’ora a settimana. Nella battaglia tra gli opposti nazionalismi, gli studenti di Mariupol hanno però un’altra priorità, la più difficile: superare il trauma della guerra.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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