I terrapiattisti di Erba, di Piero Colaprico
Nonostante i marinai da millenni, per studiare la rotta migliore guardino i il movimento degli astri; nonostante gli astronomi abbiano da secoli ben riconosciuto le orbite dei corpi celesti più remoti; nonostante le bellissime fotografie non solo della Nasa [..] alcuni esseri viventi sono continti, e non si capisce come siano arrivati a questa conclusione fantasiosa, che la Terra sia piatta.
[..] Come in un tempo ci si divideva tra Guelfi e Ghibellini, ma ognuno aveva le sue ragioni politiche, così oggi nei processi penali – ed è esemplare il caso di Roca Bassi e Olindo Romano, condannati in tre gradi di giudizio per la strage di Erba (11 dicembre 2006) – lo scontro tra innocentisti e colpevolisti è netto e, osiamo dire, le ragioni politiche, in senso lato, non ne sono del tutto estranee.
La definizione del
giornalista, di vecchio stampo, Piero Colaprico, “terrapiattisti di
Erba” è pienamente calzante per descrivere i tanti, a volte in
buona fede a volte meno, che ancora oggi ritengono di potersi
esprimere su una vicenda così dolorosa come la strage di Erba (due
donne adulte uccise e un bambino di due anno sgozzato), con una
incredibile sufficienza: “secondo me Olindo e Rosa sono innocenti”.
Solo perché si sono visti il servizio delle Iene su Italia 1 oppure
il documentario su Discovery, “Tutta la verità”.
Viviamo in
tempi difficili, racconta Colaprico, in un mondo difficile dove
l’ignorante e il saggio hanno la stessa influenza nell’influenzare
l’opinione di chi ascolta: perché basta nascondere i fatti, celare
i fatti sgraditi ad una certa “narrazione” (o storytelling come
si direbbe oggi), per passare usando l’espressione di Sciascia, al
“fantasma dei fatti”.
Me le ricordo ancora le parole di
Piero, che ho incontrato spesso alle rassegne letterarie dove
presentava i suoi libri, quando parlando di alcuni suoi colleghi
diceva, “non è vero che uno vale uno”: non è vero che un
giornalista che si legge tutte le carte, che cerca di comprendere il
testo delle consulenze, devono essere messi sullo stesso piano di
giornalisti da scoop emozionale, che nascondono pezzi della storia
perché scomodi o contrari alla verità che si vuole
raccontare.
Ecco, sulla strage di Erba, quel maledetto lunedì
di tanti anni fa, ci sono stati giornalisti che hanno raccontato il
sangue, gli indizi, hanno valutato le piste, messo assieme i vari
pezzetti e altri che invece hanno cavalcato una verità alternativa,
la versione “innocentista” della strage, inventandosi di sana
pianta un complotto. E questi giornalisti sono stati anche premiati
col passaggio in Rai (con scarsi risultati in termini di audience tra
l’altro).
Quella che leggerete in queste pagine è una storia di sangue e fango: il sangue è quello delle vittime, Raffaella Castagna, la madre Paola Galli, il figlio Youssef Marzouk e la vicina di casa, Valeria Cherubini. Ferendo gravemente il marito, Mario Frigerio, diventando così testimone oculare dei delitti: la sua deposizione, assieme ad altre prove hanno portato alla condanna dei due responsabili, i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, i vicini di casa.
Punto. I colpevoli
sono loro, lo hanno stabilito i giudizi in tre gradi di giudizio: la
richiesta di revisione, imbastita portando delle presunte prove della
loro innocenza è stata recentemente smontata dalla corte d’Appello
di Brescia.
Non esiste nessun complotto: la terra è tonda e i
colpevoli sono loro, due persone come tante, ossessionate da quella
ragazza, Raffaella Castagna, che viveva assieme al marito Azouz,
sopra il loro appartamento in via Diaz ad Erba, che dava loro
fastidio, per i tanti ospiti, per il pianto del bambino.
Un fastidio che ha portato ad un crescendo di ostilità verso Raffaella Castagna: dagli insulti, i due vicini di casa sono arrivati a seguirla in macchina, a staccarle la corrente.
Dal sangue al fango – Tredici anni dopo la strage
L’aria gelida del mattino graffia il viso. Si infila a forza negli spazi che trova, tra pelle e vestiti. Come caparbie dita di ghiaccio, i venti invernali passano oltre il bavero della giacca, alzato nel cano tentativo di proteggere il collo dal freddo. Si attacca alle carni, quel refolo. Punge, ferisce. E lascia gli stessi dolorosi segni di quel dicembre di sangue e morte. Tredici anni fa.
Pietro esce di casa presto, come di consuetudine. La barba, vagamente rossiccia, arruffata. Le borse sotto gli occhi, eredità di una notte senza sonno.
Ma si parla anche di fango: la tempesta di fango (su cui la politica ha avuto le sue responsabilità), che si è abbattuta sulla famiglia Castagna, anni dopo la strage, quando una trasmissione intitolata “Tutta laverità” ha iniziato a puntare il dito contro di lui. Che cosa ha fatto Pietro Castagna quella sera? La sera è quella dell’11 dicembre 2006 quando Pietro Castagna, mentre sta sonnecchiando sul divano di casa, viene svegliato dal padre, Pietro, perché la mamma non è ancora tornata a casa, dopo aver accompagnato Raffaella, la sorella, a casa, in via Diaz.
Come mai in una intercettazione successiva alla strage Pietro Castagna si è messo a ridere?
Come mai i Castagna hanno venduto la loro Panda, la macchina con cui la mamma di Raffaella l’ha accompagnata a casa quella sera? Come a dire, cosa avevano da nascondere i Castagna dentro quella macchina..
Ecco come si insinua il venticello della calunnia, ecco come si monta una tesi opposta alla verità giudiziaria, come si crea un complotto, argomento in cui noi italiani siamo maestri.
Si prendono pezzi
della storia, li si isola e li si racconta un po’ come ci pare.
Per
insinuare il sospetto che non sono stati loro, Olindo&Rosa
(scritto tutto attaccato) ad uccidere tre donne con ferocia e
sgozzare un bambino. È stata una banda di spacciatori (d’altronde
Azouz, il marito di Raffaella, era stato in carcere per spaccio).
Oppure è stata la stessa famiglia Castagna, in collera con la figlia
per quel matrimonio con un ragazzo tunisino, Azouz, che non era molto
amato.
Così al sangue si aggiunge anche il fango: il dolore per la perdita di una sorella, con cui è vero i rapporti si erano interrotti coi fratelli, il dolore per la perdita della madre e del nipote, si aggiunge anche il fango, il doversi discolpare da una accusa veramente infamante.
Questo libro è nato con uno scopo ben preciso: raccontare l’altra faccia della campagna innocentista che, negli ultimi quindici anni, ha trasformato uno dei fatti di cronaca nera più cruenti e gravi mai avvenuti, in un “romanzo giallo” dove tutto è concesso. Anche trascinare le vittime nel gorgo del sospetto. E più giù ancora.
Ma se l’aspetto umano resta preminente, se il racconto dei tormenti patiti dai parenti delle vittime, Pietro Castagna in testa, è il fulcro centrale attorno cui ruota il senso del libro, è anche importante chiarire perché non meno di ventuno giudici hanno dichiarato i “malvicini” unici e soli responsabili della strage.
Scriveva Agata Christie: «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova».
E vediamoli allora questi indizi, quelli che hanno portato alla colpevolezza dei due vicini di casa (lei, in una intervista a Le Iene, aveva persino sfidato Pietro Castagna ad un faccia a faccia), valutati da diversi giudici in più gradi di giudizio.
L’ultima parte del libro, che vi invito a leggere per avere veramente un quadro completo di questa brutta vicenda di cronaca, è dedicata a questo: si parte dalla testimonianza di Mario Frigerio, sopravvissuto alla strage che ha riconosciuto il colpevole. I servizi innocentisti hanno sostenuto come la sua deposizione non fosse attendibile perché il fumo gli aveva causato danni. Peccato che nei polmoni e nel sangue non ci fossero tracce di questa intossicazione.
Il riconoscimento di
Frigerio è stato fatto senza pressioni da parte dei carabinieri ed è
stato poi ripetuto di fronte ai tre magistrati comaschi che hanno
seguito le indagini.
C’è poi la macchia di sangue (delle
vittime) sulla Seat di Olindo, quella che sarebbe stata portata dai
carabinieri o dai vigili e che in una prima perquisizione non era
stata rilevata. Ebbene, anche questa finta prova a favore è stata
smontata.
C’è poi tutto il filone legato alle confessione dei
due coniugi mentre erano in carcere: i loro racconti fatti ai
magistrati sono ricchi di particolari che solo gli assassini potevano
conoscere. Come è possibile? Le Iene e i loro giornalisti come lo
spiegano?
Nelle deposizione, Rosa Bazzi e Olindo Romano, senza influenzarsi a vicenda, senza aver concordato nulla, rivelano particolari inediti sulle ferite sui corpi, sulla modalità con cui è stato appiccato l’incendio, sulle modalità con cui sono state uccise le vittime…
Basta.
Lasciamo riposare in pace col suo dolore la famiglia Castagna: spero che questo libro serva quantomeno a ristabilire un minimo di giustizia per Pietro. Perché il dolore quello no, quello non potrà essere dimenticato.
La scheda del libro
sul sito di Dominioni
editore
Il link per il podcast Anime Nere sulla strage di Erba
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