Gli idioti
E chi dorme stanotte.
Tira un vento di malaugurio
puzza di carne bruciata, kerosene e gas di scarico
il mio naso è un anemometro, non sbaglia
avverte un fetore inconfondibile
come quando un razzo antitank fa saltare un blindato con uomini dentro
vi auguro di non sentirlo mai quell'odore
è lo stesso tanfo dei poteri selvaggi che ci schiacciano
puzza di censura del libero pensiero
i miei occhi vedono gente che tace e che si adegua
le orecchie sentire dire "nazione" con frequenza sospetta
la lingua sta cambiando
la parola "libertà" si ascolta sempre meno
anche "pace" è bocciata, è sinonimo di codardia
nella mia Italia e altrove i ragazzi che portano la sua bandiera sono presi a manganellate
giovani schedati come criminali
giovanissimi anzi, quasi bambini
hanno dovuto ricoverarli in Pediatria
ragazzini odiati in quanto tali in un'Europa di vecchi
impudenti che osano chiedere un futuro di fratellanza e non di guerra
e non sanno che il cambiamento in peggio è già partito, dal vocabolario
leggete subito Vikton Klemperer, che lo mostrò col nazismo
ormai la parola "identità" dilaga fino a perdere senso
non serve più a dire chi sei e da dove vieni
ma a cercar rissa e a sdoganare armi
"identità", stessa radice di "idiotes"
che in greco vuol dire "quelli ripiegati su sé stessi"
o meglio ancora "quelli che vivono guardandosi l'ombelico"
come mi spiegò un vecchio in un'isola dell'Egeo mostrandosi la pancia
gli idioti, quelli che hanno paura della complessità del mondo
e non si lasciano fecondare dall'incontro con l'Altro.
Eccolo il libro che
avevo cercato per mesi: un libro che è anche un viaggio nella notte
di questa epoca, di questa Italia e di questa Europa, dove stiamo
tutti sprofondando nel buio. Il buio della civiltà, della ragione,
della pietà.
Finalmente le ho trovate le parole per descrivere
la mutazione a cui stiamo assistendo, e non da adesso, della nostra
società, del mondo di porci con gli altri, coi “diversi”, con la
complessità del mondo.
Un mondo dove si parla di sicurezza per difenderci da un nemico che non esiste, gli immigranti che ci invadono, mentre la gente muore sul lavoro, un lavoro sempre più schiavizzato, con meno diritti.
Un mondo dove si spende in armi per difendere i confini dei 27 paesi dell’Unione Europea, tagliando su sanità, scuola, welfare, senza nemmeno porsi il problema di creare un unico esercito europeo, perché gli interessi della lobby delle armi vengono prima dei diritti dei cittadini.
Dalla sua campagna lungo il confine sloveno, dove una grande parte della nostra storia è passata, lo scrittore Paolo Rumiz li ha sentiti arrivare questi cambiamenti: è la linea di confine da cui passano i migranti, dal sud del mondo verso la civile Europa oggi sempre più spostata a destra. Incredibile paradosso, stiamo parlando della destra nazionalista da sempre antieuropea.
È la linea di confine che una volta faceva parte dell’impero austro-ungarico, di cui ancora Rumiz si sente erede e verso cui prova ancora molta nostalgia:
Le nazioni hanno sfasciato il mio impero che era un’Europa in miniatura. Anzi, più Europa di tutti gli altri imperi perché non aveva colonie e bastava a se stesso. Non era il migliore dei mondi possibili ma tutti andavano a scuola e la burocrazia era onesta
Verranno di notte è concepito come un racconto diviso in sette capitolo, da mezzanotte alle sei di mattina, scritti in prosa con un ritmo incalzante, incisivo, andando a scegliere nel modo migliore tutte le parole.
La destra, che non è solo fascista, almeno non solo nello scimmiottare vecchi atteggiamenti, ma è una destra portatrice di “barbarie”, parola che deriva dal greco balbuziente, nel senso dell’incapacità di esprimersi, nel senso della perdita della complessità del nostro vocabolario per descrivere il presente. Avete presente Orwell col suo bipensiero?
Se oggi il mondo si copre di focolai di guerra è perché le parole sono in mano a malintenzionati, spesso governati da poteri invisibili che fanno breccia sugli ingenui ed ignoranti. Se Russia ed Ucraina rischiano di autodistruggersi o se non si scioglie il nodo di Gaza è perché manca in Europa la capacità dialettica
La perdita del vocabolario e la perdita, anzi, la cancellazione della memoria che arriva, anche questo ennesimo paradosso, da parte di questa destra che invece vuole imporre la sua, di memoria, memoria strabica dove gli orrori, la dittatura, la perdita di libertà, le stragi, vengono rimosse per oblio
Il capo del governo italiano, Meloni, partecipa al rito della memoria dei morti nelle Foibe, ma ci va anche per sorvolare sulla ferocia italo-fascista che ha innescato quelle atroci vendette.
Poco dopo, il premier ribadisce il concetto alla stazione Centrale di Trieste, inaugurando il treno della memoria dedicato alla tragedia degli esuli italiani dalla Jugoslavia.
Ma nel farlo glissa sulla realtà degli esuli di oggi, che il suo governo obbliga a languire in quella stessa stazione a pochi metri di distanza.
Memoria strabica, dunque. Anzi, cecità volontaria se è vero che il treno è stato trasferito su un binario più appartato, perché la vergogna fosse meno visibile.
In questo l'Italia è imbattibile. Finge con disinvoltura di non aver perso la guerra e convive con i suoi fascisti perdonati, mobilitati in massa contro l'impero del male con la benedizione dell'America.
E la sinistra? È incapace di formulare un suo pensiero critico, autonomo, propositivo per essere ancora attrattiva, “una sinistra curiale, piena di cardinali intenti a sbranarsi tra di loro”.
Bisognerebbe girarla in treno, questa Europa, per conoscerla, non con l’aereo: immergersi, come ha fatto per anni lo stesso Rumiz, dentro le città, conoscere le persone, altri scrittori, giornalisti, intellettuali, persone. Questo dovrebbero fare i nostri rappresentanti, in particolar modo i burocrati di Bruxelles: oggi l’Europa si sta trasformando in una unione di paesi divisi da muri e filo spinato, persino Shenghen è stata abolita. Ci si illude che i piccoli stati siano più forti di fronte alla minaccia di Putin, al potere ingombrante dell’America (specie ora con Trump) e al potere della Cina.
Illusi.
Un’Europa incapace di agire come un’unica unità, in politica economica, nella gestione dei migranti, dove si è andati ad inseguire le destre, pur di mantenere quel minimo di potere. Anche la diplomazia è sparita, da questa Unione: l’immiserimento del vocabolario ha falciato via questa parola, diplomazia, che poi nella nostra Costituzione si declina nell’articolo 11, l’Italia ripudia la guerra ..
E’ l’Europa ben rappresentata dalla presidente Von del Leyen, passata dal green deal ad Asap, ovvero gli investimenti in armi, sempre più armi.
Ecco allora lo scollamento tra i popoli e la politica, tra le istituzioni e i cittadini. A cui si aggiunge un abbandono, specie dai partiti della sinistra, delle periferie, delle tradizioni, delle origini. Racconta Rumiz come questo tabù abbia di fatto consegnato un pezzo di elettorato alle destre che si riempiono la bocca con queste parole, usandole come armi.
Ecco dunque le destre, la demagogia, i populismi.
Ma ogni notte deve cedere il passo al giorno: questo viaggio lascia spazio anche a sprazzi di ottimismo. In Polonia i cittadini sono andati in massa per votare e mandare a casa l’oscurantista governo di Duda; in Germania sono scesi in piazza in migliaia contro AFD.
In Italia si viene considerati criminali se si parla di rivolta sociale, lo dicono i difensori dello status quo, ovvero questa società dove la lotta di classe l’hanno vinta i ricchi e i potenti.
Arriverà il momento della primavera e delle rondini – così si conclude questo libro.
Le parole ci salveranno – quelle sono le uniche cose che uno scrittore può offrire agli altri: le parole per comprendere, per raccontare, per descrivere.
Per uscire da questa barbarie.
La scheda del libro sul sito di Feltrinelli
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon
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