Blu Notte: piccoli eroi dimenticati.
La storia di una guerra, che è avvenuta in Italia, spesso in sottofondo, nascosta da altri avvenimenti o nascosta dal silenzio dell'informazione.
La guerra tra chi non ha accettato di pagare il racket (o il pizzo, la protezione, il mettersi a posto) e la criminalità organizzata, mafia, ndrangheta e Sistema.Una guerra che ha avuto dei morti, come Libero Grassi (ucciso dalla mafia il 29 gosto 1991 ), Gaetano Giordano (ucciso a Gela il 10 novembre 1992), Domenico Noviello (ucciso dai Casalesi di Francesco Bidognetti il maggio 2008).
Degli eroi, che hanno vinto la loro battaglia sul racket: Silvana Fucito (presidente dell'associazione antiracket di San Giovanni a Teduccio), Tano Grasso (presidente della prima associazione antiracket costituita in Italia), Vincenzo Conticello (titolare dell'Antica focacceria a Palermo) e “il fu Nino Miceli”.
Persone che non si sono piegati al pizzo, al sottomettersi sotto la protezione dell'antistato: il mettersi a aposto indica proprio il riconoscere nella mafia un ente che controlla il territorio.Non è solo una questione di soldi: è una questione di dignità, di libertà (perchè se accetti una volta a pagare il pizzo, dovrai pagare ancora e sempre di più), di onore e di futuro.
Perchè se questo stato, se questa classe politica, se questa classe imprenditoriale, se la società non decide di vincerla questa battaglia, allora rischiamo di soccombere anche economicamente.Perchè saremmo un'economia che si porta questa palla al piede.Un peso che uccide l'economia: come raccontava Lucarelli, molti commercianti, stretti nella morsa tra pizzo ("mettersi a posto") e usura (gli amici che ti vengono incontro per pagare) vengono costretti a svendere la propria attività.
Sono costretti a scegliere certi fornitori; certi enti per subappalti, dipendenti da assumere. Che futuro può avere un paese in cui una buona parte del paese (e si è visto che non è solo la Sicilia, ma anche Campania e altre regioni del sud) soggetto al racket, al pizzo, alla protezione? Nessuno.
Secondo S.O.S.impresa il giro per il pizzo è di 10 miliardi di euro all'anno; coinvolge il 70% delle attività imprenditoriali in Sicilia. Pochi soldi magari, ma da tutti; anche da chi vende al mercato.
La guerra è lungi dall'essere vinta. Ma i tempi sono cambiati: un buon segnale arriva dal crescere delle associazioni antiracket. Dalla nuova politica della Confindustria siciliana di espellere chi paga il pizzo (oggi un imprenditore come Libero Grassi non sarebbe lasciato solo).
La guerra contro il pizzo, con i suoi eroi della porta accanto, è parte di una guerra più ampia, quella contro la criminalità organizzata. Un buon modo per iniziare a non perdere è quello di non far abbassare il livello di guardia (e l'attenzione dei media) su certi reati. Perchè lo spacciatore, lo scippatore, la prostituta, non sono meno pericolosi del mafioso che da la sua protezione porta a porta. No di certo.
La storia di una guerra, che è avvenuta in Italia, spesso in sottofondo, nascosta da altri avvenimenti o nascosta dal silenzio dell'informazione.
La guerra tra chi non ha accettato di pagare il racket (o il pizzo, la protezione, il mettersi a posto) e la criminalità organizzata, mafia, ndrangheta e Sistema.Una guerra che ha avuto dei morti, come Libero Grassi (ucciso dalla mafia il 29 gosto 1991 ), Gaetano Giordano (ucciso a Gela il 10 novembre 1992), Domenico Noviello (ucciso dai Casalesi di Francesco Bidognetti il maggio 2008).
Degli eroi, che hanno vinto la loro battaglia sul racket: Silvana Fucito (presidente dell'associazione antiracket di San Giovanni a Teduccio), Tano Grasso (presidente della prima associazione antiracket costituita in Italia), Vincenzo Conticello (titolare dell'Antica focacceria a Palermo) e “il fu Nino Miceli”.
Persone che non si sono piegati al pizzo, al sottomettersi sotto la protezione dell'antistato: il mettersi a aposto indica proprio il riconoscere nella mafia un ente che controlla il territorio.Non è solo una questione di soldi: è una questione di dignità, di libertà (perchè se accetti una volta a pagare il pizzo, dovrai pagare ancora e sempre di più), di onore e di futuro.
Perchè se questo stato, se questa classe politica, se questa classe imprenditoriale, se la società non decide di vincerla questa battaglia, allora rischiamo di soccombere anche economicamente.Perchè saremmo un'economia che si porta questa palla al piede.Un peso che uccide l'economia: come raccontava Lucarelli, molti commercianti, stretti nella morsa tra pizzo ("mettersi a posto") e usura (gli amici che ti vengono incontro per pagare) vengono costretti a svendere la propria attività.
Sono costretti a scegliere certi fornitori; certi enti per subappalti, dipendenti da assumere. Che futuro può avere un paese in cui una buona parte del paese (e si è visto che non è solo la Sicilia, ma anche Campania e altre regioni del sud) soggetto al racket, al pizzo, alla protezione? Nessuno.
Secondo S.O.S.impresa il giro per il pizzo è di 10 miliardi di euro all'anno; coinvolge il 70% delle attività imprenditoriali in Sicilia. Pochi soldi magari, ma da tutti; anche da chi vende al mercato.
La guerra è lungi dall'essere vinta. Ma i tempi sono cambiati: un buon segnale arriva dal crescere delle associazioni antiracket. Dalla nuova politica della Confindustria siciliana di espellere chi paga il pizzo (oggi un imprenditore come Libero Grassi non sarebbe lasciato solo).
La guerra contro il pizzo, con i suoi eroi della porta accanto, è parte di una guerra più ampia, quella contro la criminalità organizzata. Un buon modo per iniziare a non perdere è quello di non far abbassare il livello di guardia (e l'attenzione dei media) su certi reati. Perchè lo spacciatore, lo scippatore, la prostituta, non sono meno pericolosi del mafioso che da la sua protezione porta a porta. No di certo.
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