"Venne la repubblica e ci spedì per il mondo a spaccarci la schiena per un tozzo di pane.
Avevano bisogno di braccia e epospolarono i nostri monti.
Ci costrinsero ad andare a scuola, ci allettarono col denaro e il miraggio di una vita migliore.
Noi eravamo persone normali solo sui nostri monti, fuori da lì diventavamo belve in cattività, un animale selvatico impazzito, cosa si aspettavano di addomesticarlo?
Ci hanno cercati, non siamo andati noi a chiamarli.
Noi stavamo bene con la nostra fame, le nostre malattie, la nostra arretratezza, non volevamo aiuti. Sono venuti nei nostri pascoli ad attaccare cartelli, divieti di caccia, divieto di pesca, divieto di pascolo, tutto divenne divieto.
Perchè un popolo non può scegliersi il futuro e vivere come crede, sulla propria terra?
Non volevamo la loro integrazione, il loro progresso, la loro lingua, i loro soldi.Loro hanno aperto le porte al demone".
Loro, in questo passaggio finale del bel libro di Criaco, sono tutti gli invasori che hanno attraversato la Calabria (e la Locride dove si svolge la storia) solo per spogliarla, per prendere e non per dare.Lo stato italiano e prima il fascismo e i borbone.
E prima ancora i romani e i greci.
In quelle terre, lo stato lo conoscevi solo con gli scarponi del carabiniere che ti entrava in casa.In una terra ricca solo di miseria, potevi scegliere tra una vita di servi (allo stato, al malandrino locale, al padrone) o la morte.
E i tre ragazzi la cui epopea criminale è raccontata in queste pagine, hanno scelto una vita da liberi: liberi ma armati, pronti a difendere ed attaccare, fossero stati malandrini o sbirri, i nemici.
I "figli dei boschi", tre cugini cresciuti assieme tra pascoli, greggi, boschi, al racconto delle leggende tramandate dagli anziani, decidono di non legarsi a nessun malandrino. E iniziano una carriera criminale passando da rapimenti, al traffico della droga, nella Milano dabere degli anni 80.
Legandosi anche a trafficanti arabi, riescono in breve tempo a mettere in piedi un business che permette loro di entrare nei salotti esclusivi della città.
Conoscono politici, magistrati, poliziotti sporchi e tanta gente che chiede loro solo di divertirsi con la polvere bianca, la coca.Arriveranno tempi duri, l'inchiesta di Mani Pulite che, per una breve parentesi, da l'illusione di poter ripulire la città, il carcere e poi la libertà ...
"Anime nere" è un racconto criminale da un punto di vista inedito: quello di canisciolti, non legati alla 'ndrangheta o a qualche associazione criminale mafiosa, capaci comeunque di interloquire con i granti trafficanti colombiani, con il terrorismo islamico: giovani imprenditori del crimine.
Criminali sì, ma che alla fine si ritroveranno vittime.
Da melitoonline:
Una giovinezza spesa per diventare veri criminali, per salire i gradini dell'organizzazione e poter dire, un giorno, di essere qualcuno. Sono loro le "Anime nere", i ragazzi della Locride che vivono nelle pagine del romanzo di Gioacchino Criaco, edito da Rubbettino. "La storia che racconto - ha detto l'autore - è solo frutto di fantasia".
Il link per comprare il libro su ibs.
Technorati: Gioacchino Criaco
3 commenti:
Ho letto il libro e l'ho trovato affascinante.
un saluto
Giuseppe da Bologna
Scritto meravigliosamente, ricco di personaggi e colpi di scena, un finale per niente scontato, però tutto sommato non mozzafiato.
Gaetano
Ho letto il libro e mette l'ansia. Storie come queste si leggono e si sentono spesso, il problema è che spesso viene considerato scontato dalle autorità (che non se lo possono proprio permettere) che chi viene da campania, sicilia o calabria, faccia quella vita. E' un luogo comune che la società può mantenere o no. Ma la magistratura perlomeno, dovrebbe essere obiettiva.
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