La seconda parte del reportage di Riccardo Iacona parte dove finiva la prima . Sull'incapacità della Nato di frenare le rappresaglie dei kosovaro-albanesi contro la minoranza serba (in risposta alle violenze commesse precedentemente dai serbi sugli albanesi).
Ma questo non è tutto: la mafia albanese si è affermata in Italia per il traffico di droga in Italia, arrivando a trattare alla pari con mafia italiana e ndrangheta.
Nel 2005 la polizia italiana ha sequestrato 35 Kg di froga provenienti dal Kosovo, su un totale di qualche tonnellata.
Droga che arriva in Italia passando per Macedonia, Turchia fino in Afghanistan: e poiché traffico di droga e terrorismo vanno di pari passo, basetrebbe combattere i trafficanto di froga alla fonte, in Afghanistan e nelle varie tappe di smistamento, per sconfiggere l'uno e l'altro.
Eppure la Nato è presente sia in Kosovo che in Afghanistan, e la produzione di oppio (e lo smercio di droga) sono aumentate.
Che droga e terrorismo islamico sono collegati lo testimonia la scoperta di villagi in Serbia come Brodez, dove un blitz della polizia di Belgrago ha scoperto un covo di Al Qaeda, ospitato dagli abitanti del paese. I poliziotti hanno trovato armi per un esercito di 500 uomini. Armi e esplosivo: per quale obiettivo?
Il confine tra Macedonia e Kosovo è attraversato ogni giorno da bande armate di terroristi e trafficanti di droga, eppure nessun varco è presidiato da truppe Nato.
Iacona raccontava quello che sta succedendo in Kosovo (e in Macedonia): la crescita di moschee e scuole islamiche, portate avanti da Imam con soldi provenienti dall'Arabia. Imam che predicano l'islam più radicale, spesso, che approvano la sharia. Imam che spesso nascondono la loro attività dietro attività umanitarie (come insegnare a leggere, o dare un lavoro ai tanti disgraziati di queste terre martoriate).
Come a Skopje: dove si sta affermando un nuovo potere religioso che si vuole imporre come potere politico. I fondamentalisti vogliono solo l'anarchia nel paese, per poter poi riaffermare l'ordine con le armi.
Un altro campo di Al Qaeda è stato scoperto a Novi Veza, ad un ora di aereo da Roma.
Seconda tappa del viaggio, Istanbul, Turchia.
Qui la polizia antidroga, la migliore è più esperta in Europa, sequesta ogni anno tonnellate di droga. 14 l'anno scorso. Più di tutti gli altri 27 paesi europei. Si stima che ogni anno, passino in Europa da qui circa 65 tonnellate.
Cosa fanno gli altri paesi? In Grecia il totale di droga bloccata ammonta a qualche decina di Kg; in Bulgaria arrivano a 800 Kg. In Italia qualche tonnellata. Perchè gli altri paesi (nell'area dei Balcani) non si impegnano di più? – si chiedeva il capo del gruppo antidroga della polizia turca.
Oggi la droga che arriva in Turchia è spesso già raffinata: significa che, non solo non siamo riusciti a smantellare la produzione; ma che stanno sorgendo nuove raffinerie.
Dall'Aghanistan, dove le truppe Nato (prima solo quelle USA) stanno combattendo da 7 anni. Ma cosa stiamo combattendo?
La difficile situazione in Afghanistan.
Servono 16 ore di volo per portare i militari in quella regione. Questo spiega i costi di una missione: circa 1 milione al giorno; per un totale di 338 milioni di euro all'anno, al contribuente italiano.
La produzione di oppio è passata da 3400 tonnellate (2002) a 8200 tonnellate (2006). La droga è a principale fonte di finanziamento dei Talebani. Circa 100 milioni di $ all'anno.
E in Afghanistan la situazione non è messa bene per le truppe Nato: in tutte le regioni visitate da Iacona, si registravano assalti dei talebani (in gruppi di cento alla volta) contro i fortini della polizia afgana. Fortini in fango e lamiera.
E gli attentati contro militari e civili a Kabul e nelle altre regioni, non sono in diminuzione.
Come testimonino le morti di Daniele Paladino e del maresciallo Giovanni Pezzullo.
Nella valle di Musai, il comandante della polizia Ahmadullah Oria, racconatava della situazione difficile: i Talebani colpiscono e si ritirano nei loro villaggi; le zone, che dovrebbero essere sotto controllo Nato, sono in realtà zone ostili per la coalizione.
Accusava anche i militari italiani che, quando avvenne un attacco di Talebani, non sono intervenuti in soccorso.
“Perchè gli italiani non vedono i Talebani? I Talebani fanno come vogliono... e qui siamo a 30 km da Kabul”, concludeva.
I Talebani si preoccupano di tenere aperte le strade della droga. Di controllare le coltivazioni di oppio dei contadini: queste sono state sì convertite ad altra coltura; ma siccome lo stato non aiuta poi i contadini, questi sono poi costretti a tornare al papavero.
Come nella valle di Uzbin: droga e terrorismo.
Come spiegato anche dal rapporto Onu: circa 8000 tonnellate di oppio prodotto, con una produzione concentrata proprio laddove stanno i Talebani. E la popolazione spesso vive solo di oppio, non ha altri mezzi.
E, conviene ripeterlo, dopo 8 anni, la Nato non controlla il territorio.
Intanto le truppe (anche italiane ) vengono spostate al sud, dove ci sono i combattimenti. A presidiare Kabul rimangono solo i poliziotti, nei loro fortini di fango, per 80 $ al mese.
E a Kabul intanto la situazione sta via via peggiorando: lì si raccolgono migliaia di sfollati, gente che sfugge ai bombardamenti della Nato nei loro villaggi.
Sempre di più, si ritrovano nelle strade, ad aspettare un lavoro: “la guerra è la povertà di chi non ha niente” urlano alle telecamere. La povertà aumenta le fila dei Talebani. E la guerra continua.
Technorati: Riccardo Iacona, Afghanistan
Ma questo non è tutto: la mafia albanese si è affermata in Italia per il traffico di droga in Italia, arrivando a trattare alla pari con mafia italiana e ndrangheta.
Nel 2005 la polizia italiana ha sequestrato 35 Kg di froga provenienti dal Kosovo, su un totale di qualche tonnellata.
Droga che arriva in Italia passando per Macedonia, Turchia fino in Afghanistan: e poiché traffico di droga e terrorismo vanno di pari passo, basetrebbe combattere i trafficanto di froga alla fonte, in Afghanistan e nelle varie tappe di smistamento, per sconfiggere l'uno e l'altro.
Eppure la Nato è presente sia in Kosovo che in Afghanistan, e la produzione di oppio (e lo smercio di droga) sono aumentate.
Che droga e terrorismo islamico sono collegati lo testimonia la scoperta di villagi in Serbia come Brodez, dove un blitz della polizia di Belgrago ha scoperto un covo di Al Qaeda, ospitato dagli abitanti del paese. I poliziotti hanno trovato armi per un esercito di 500 uomini. Armi e esplosivo: per quale obiettivo?
Il confine tra Macedonia e Kosovo è attraversato ogni giorno da bande armate di terroristi e trafficanti di droga, eppure nessun varco è presidiato da truppe Nato.
Iacona raccontava quello che sta succedendo in Kosovo (e in Macedonia): la crescita di moschee e scuole islamiche, portate avanti da Imam con soldi provenienti dall'Arabia. Imam che predicano l'islam più radicale, spesso, che approvano la sharia. Imam che spesso nascondono la loro attività dietro attività umanitarie (come insegnare a leggere, o dare un lavoro ai tanti disgraziati di queste terre martoriate).
Come a Skopje: dove si sta affermando un nuovo potere religioso che si vuole imporre come potere politico. I fondamentalisti vogliono solo l'anarchia nel paese, per poter poi riaffermare l'ordine con le armi.
Un altro campo di Al Qaeda è stato scoperto a Novi Veza, ad un ora di aereo da Roma.
Seconda tappa del viaggio, Istanbul, Turchia.
Qui la polizia antidroga, la migliore è più esperta in Europa, sequesta ogni anno tonnellate di droga. 14 l'anno scorso. Più di tutti gli altri 27 paesi europei. Si stima che ogni anno, passino in Europa da qui circa 65 tonnellate.
Cosa fanno gli altri paesi? In Grecia il totale di droga bloccata ammonta a qualche decina di Kg; in Bulgaria arrivano a 800 Kg. In Italia qualche tonnellata. Perchè gli altri paesi (nell'area dei Balcani) non si impegnano di più? – si chiedeva il capo del gruppo antidroga della polizia turca.
Oggi la droga che arriva in Turchia è spesso già raffinata: significa che, non solo non siamo riusciti a smantellare la produzione; ma che stanno sorgendo nuove raffinerie.
Dall'Aghanistan, dove le truppe Nato (prima solo quelle USA) stanno combattendo da 7 anni. Ma cosa stiamo combattendo?
La difficile situazione in Afghanistan.
Servono 16 ore di volo per portare i militari in quella regione. Questo spiega i costi di una missione: circa 1 milione al giorno; per un totale di 338 milioni di euro all'anno, al contribuente italiano.
La produzione di oppio è passata da 3400 tonnellate (2002) a 8200 tonnellate (2006). La droga è a principale fonte di finanziamento dei Talebani. Circa 100 milioni di $ all'anno.
E in Afghanistan la situazione non è messa bene per le truppe Nato: in tutte le regioni visitate da Iacona, si registravano assalti dei talebani (in gruppi di cento alla volta) contro i fortini della polizia afgana. Fortini in fango e lamiera.
E gli attentati contro militari e civili a Kabul e nelle altre regioni, non sono in diminuzione.
Come testimonino le morti di Daniele Paladino e del maresciallo Giovanni Pezzullo.
Nella valle di Musai, il comandante della polizia Ahmadullah Oria, racconatava della situazione difficile: i Talebani colpiscono e si ritirano nei loro villaggi; le zone, che dovrebbero essere sotto controllo Nato, sono in realtà zone ostili per la coalizione.
Accusava anche i militari italiani che, quando avvenne un attacco di Talebani, non sono intervenuti in soccorso.
“Perchè gli italiani non vedono i Talebani? I Talebani fanno come vogliono... e qui siamo a 30 km da Kabul”, concludeva.
I Talebani si preoccupano di tenere aperte le strade della droga. Di controllare le coltivazioni di oppio dei contadini: queste sono state sì convertite ad altra coltura; ma siccome lo stato non aiuta poi i contadini, questi sono poi costretti a tornare al papavero.
Come nella valle di Uzbin: droga e terrorismo.
Come spiegato anche dal rapporto Onu: circa 8000 tonnellate di oppio prodotto, con una produzione concentrata proprio laddove stanno i Talebani. E la popolazione spesso vive solo di oppio, non ha altri mezzi.
E, conviene ripeterlo, dopo 8 anni, la Nato non controlla il territorio.
Intanto le truppe (anche italiane ) vengono spostate al sud, dove ci sono i combattimenti. A presidiare Kabul rimangono solo i poliziotti, nei loro fortini di fango, per 80 $ al mese.
E a Kabul intanto la situazione sta via via peggiorando: lì si raccolgono migliaia di sfollati, gente che sfugge ai bombardamenti della Nato nei loro villaggi.
Sempre di più, si ritrovano nelle strade, ad aspettare un lavoro: “la guerra è la povertà di chi non ha niente” urlano alle telecamere. La povertà aumenta le fila dei Talebani. E la guerra continua.
Technorati: Riccardo Iacona, Afghanistan
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