28 marzo 2011

Report – l'autoalleanza

Cosa ne sarà dell'industria italiana dell'auto con l'accordo Fiat Chrysler? Chi controllerà sulle promesse fatte dall'attuale amministratore delegato Marchionne, sui venti miliardi per gli impianti italiani, sui 20 (o 34) nuovi modelli da lanciare sul mercato, sul produrre 6 milioni di auto nel mondo per arrivare alla quota del 16% del mercato?
Per il momento, l'unica cosa certa sono le perdite di quote di mercato del marchio Fiat, la concorrenza nel settore dei motori ibridi, da parte degli altri marchi (su cui la Fiat latita) e la cassa integrazione degli operai, molti dei quali in questa condizione da anni, che hanno pure dovuto subire il ricatto del nuovo contratto (nonè un gioco di parole).
L'inchiesta di Giovanna Boursier, ha chiarito un po' le cose , per farci capire quelli che potrebbero essere gli scenari futuri. Parliamo di un settore con 80000 dipendenti e con un vasto indotto. Non esiste potenza mondiale senza una propria industria nel settore auto.

Del piano Fiat se ne è parlato tanto sui giornali, senza mai andare a fare le pulci dentro: anche quando è dovuto andare in parlamento a presentarlo, nessuno dei nostri rappresentanti ne ha chiesto conto (eccetto l'onorevole Biasotti, che si preoccupava della sua concessionaria …).

Chi è Marchionne? L'amico ed ex sindaco Chiamparino lo definisce timido, non efficace nella comunicazione, moderno e di sinistra. Forse il giocare a carte lo rende vicino a Gramsci e Berlinguer?
Nemmeno Chiamparino sa molto del piano da 20 miliardi: ha scelto come l'attuale candidato Fassino di appoggiare il si al referendum di Mirafiori, perchè altrimenti Fiat avrebbe dismesso gli impianti.
Ma che ne sarà ora, della testa dell'azienda? Che ruolo avranno gli Agnelli nel futuro? La scommessa è produrre e vendere in Italia i nuovi modelli presentati a Ginevra, mutazione dei modelli americano (il Voyager, il Chrysler 300 c) con marchio italiano. Nel frattempo, Fiat è uscita da Confindustria, i lavoratori di Pomigliano e Mirafiori han votato un referemdum sul nuovo accordo che prevede un nuovo contratto (diverso da quello dei metalmeccanici). Si sono spaccati i sindacati.

L'inchiesta della Boursier ha ricostruito la storia del marchio Fiat, dai tempi di Valletta, a quelli di Romiti. Lo scontro tra Romiti e Ghidella (il padre della fiat Uno), finito con la cacciata di quest'ultimo che auspicava una fusione con la Ford.
La crisi degli anni '90 e gli aiuti da parte dello stato (stimati in 10000 miliardi di lire, 5 miliardi di euro). Dopo Romiti (il nulla, commentava di fronte alla giornalista), altri amministratri: Cantarella, Galateri, Morchio.
Poi l'accordo con GM, di cui però nessuno degli intervistati vuole parlare: nel 2004 si arriva alla presidenza di Montezemolo e AD Marchionne: GM rifiuta l'acquisto (ma incassa la tecnologia italiana del motore multijet) e paga la penale da 1,5 miliardi.
Nel 2005 scade il prestito “convertendo contratto con le banche (con tanto di polemiche): queste, in cambio del salvataggio chiedono la cessione di alcuni asset (come la Toro ass. acquisita negli anni di Romiti per diversificare). La conversione del prestito avviene col titolo Fiat a 10,28 euro/azione. In questo modo (e anche grazie all'acquisto di azioni Fiat da parte di Merril Linch, per Ifil), grazie alla finanza, Fiat riesce a recuperare (e gli Agnelli a tenere il comando).

Il bunus per i fornitori.
Per lavorare con Fiat, come piccoli fornitori, si deve pagare a fine anno un bonus, circa il 10%. Ci sono società di consulenza che, tutto in chiaro, fanno da intermediari tra l'azienda e le piccole imprese: peccato che, anche per la crisi, ci siano società che sono finite in difficoltà, perchè avevano abbassato troppo i prezzi pur di spuntare un appalto.

La nuova Chrysler.
In america Obama ha fatto con la Chrysler quello che è successo con l'Alitalia: la nuova azienda ha meno debiti, meno dipendenti e ha ricevuto 7 miliardi di credito dallo stato. Azionista di maggioranza è il sindacato, che in questa sfida ci si gioca tutto. Cosa cambia per Fiat con l'accordo?
Oggi fiat ha in Europa è al 7% del mercato: dopo la fine degli incentivi del 2008-2009 (comunque soldi dello stato), le vendite sono calate. Si vuole arrivare a 16 milioni di auto: significa erodere quote alle concorrenti come la Volkswagen. In Germania però, hanno puntato tutto sulla qualità del prodotto: in questo modo sono saliti a +17% di vendite nel 2010, 50 miliardi di investimenti sul prodotto auto, nei prossimi anni.
In Germania è finito pure a lavorare Giorgio Giugiaro, dopo che è stato messo da parte dall'attuale gestione Marchionne.
Si venderanno bene in Italia le auto progettate in america, col marchio italiano? E' una scommessa.

Fiat fa utili solo in Polonia e Brasile, dove i costi del lavoro sono più bassi: ma sarebbe sbagliato confrontare la produttività dei nostri impianti con quelli esteri. Se a Pomigliano ci sono 40 settimane di cassa integrazione, la produzione è ovviamente più bassa. Cassa integrazione introdotta perchè i modelli lì prodotti ora sono fatto all'estero.
Nel frattempo Termini Imerese è chiuso. A Pomigliano si doveva produrre il nuovo Suv, con un investimento promesso di 650 milioni, è invece è arrivato solo il referendum: più turni, più straordinari, meno pause.
A Mirafiori la promessa parla di 2 miliardi di investimento, e il Suv da assemblare con i pezzi dall'america. Ma anche qui, dopo il referendum che ha spaccato il fronte sindacale e creato tensione nei lavoratori, c'è solo la cassa integrazione a rotazione. Ma non è un ricatto, dicono loro.
Negli Usa si produrrà l'auto a basso impatto ecologico, e in Italia si costruiranno (dicono le promesse) i Suv. Veramente in Italia non ci sono le condizioni per poter lavorare?
Chi controllerà sugli investimenti Fiat in Italia: spiegava il costituzionalista Zagrebelsky che non c'è giudice che potrà controllare sull'accordo e sugli investimenti. E la politica è ad oggi in tutta'altre faccende affaccendata.
Già è successo col piano 2006-2010.

Una casetta in Svizzera.
Ma quando si fanno promesse di questo tipo e in cambio si chiedono alle persone sacrifici, si deve essere anche credibili. Report ha fatto le pulci anche sulla residenza fiscale dell'AD di Fiat.
Che dice di voler portare gli stabilimenti italiani ai livelli di quelli tedeschi: peccato che se in Italia la busta paga di un operaio è di 1200 euro, in Germania si passa a 2500 euro.
In Germania esiste un unico sindacato, i cui eletti sono dentro i consigli di sorveglianza delle imprese. I sindacati e le imprese si occupano di organizzare al meglio la produzione: nel 2008 hanno preso un bonus di 3700 euro, nel 2010 una tantum di 1500 euro.
Quanto siamo distanti da quel paese.
Qui si pensa che cambiando il contratto degli operai (e producendo Suv) si aumenteranno le quote di mercato. Ma forse, il vero obiettivo è un altro.
Non più fare il manager , ma l'imprenditore: nel 2014, allo scadere delle stock options, potrebbe diventare azionista di controllo della Fiat. Con la testa e buona parte del corpo all'estero.
Oggi il suo stipendio è di 4 milioni di euro l'anno: in 7 anni ha totalizzato 7 milioni di euro.
Romiti che, ridendo di fronte alla giornalista diceva di non ricordarsi il suo, di stipendio, ha percepito 101 miliardi di euro di liquidazione.
I 10000 cassintegrati, a nostre spese, cosa penseranno di queste cifre? Loro, almeno le tasse le pagano in Italia.
Marchionne la la residenza fiscale nel cantone di Zugo, dove esiste una sola aliquota al 23% (la più conveniente della Svizzera). Qui si stanno spostando tutti i ricchi d'Europa, per non pagare le tasse, si lamentava un abitante del cantone, per l'aumento del costo delle case.
Per godere dei vantaggi della fiscalità, deve risiedere in Svizzera almeno metà dell'anni o, meglio, deve risiedere non in Italia almeno 183 giorni.
E le tasse? In Italia le paga con una cedolare secca al 30% per i compensi Fiat. In Svizzera nessuna tassazione su questi soldi.
I compensi americani sono tassati in Svizzera con una aliquota del 15-23%: si calcola un risparmio (se le tasse le dovesse pagare da noi) di 500000 euro.

Il non voler pagare tutte le tasse, forse è un problema che accomuna gli Agnelli: esiste una inchiesta a Milano, partita dopo la causa civile agli altri eredi di Margherita Agnelli, di evasione fiscale. Riguarda la Exxor Lussemburgo: si stima una evasione di 250 milioni di euro e dalla Svizzera i finanzieri stanno aspettando le rogatorie.
La domanda che si faceva la conduttrice però, meriterebbe una risposta: perchè Marchionne mantiene la residenza in Svizzera? Nei confronti delle persone che sono state accusate durante i referendum, dai media e dalla politica di non voler lavorare e a cui sono stati chiesti sacrifici, sarebbe più credibile se decidesse di trasferirla in america o in Italia.

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