Siamo rusciti a passare, in pochi giorni, dal non voler telefonare al rais per non disturbarlo, al concedere le basi italiane per il bombardamento delle postazioni militari libiche.
In barba al trattato di amicizia che all'articolo 4 dice che l'Italia non permetterà l'uso del proprio territorio per ogni atto ostile alla Libia.
E invece la missione è diventata “obbiettivo categorico” per Quagliariello e addirittura per il ministro La Russa “non faremo gli affittacamere” (per quello ci penserà papi).
Unici a rimanere tiepidi, se non ostili, alla risoluzione della no fly zone e ai bombardamenti (anteprima di una missione militare?) sono i leghisti e il premier.
Bossi ha dichiarato che bisogna essere cauti con questi bombardamenti: e con le stragi di civili in Afghanistan come la mettiamo? E come possiamo rimanere cauti di fronte a dei mercenari che sparano sulla popolazione?
Semmai, e questo ancora nessuno lo vuole ammettere, bisogna essere cauti quando ci si lega mani e piedi ad una dittatura. Bisogna essere cauti quando si vendono armi e tecnologie, quando si permette ad un regime di entrare nella nostra economia, quando si dipende energeticamente da paesi come Libia e Russia.
Ma questo forse al carroccio non interessa: interessa di più perdere l'alleato per i respingimenti in mare.
Risultato di questi scellerati rapporti (fino a pochi mesi Gheddafi veniva accolto come un grande leader internazionale) sono che il contribuente italiano si troverà sul groppone altre spese. Che si è alzato il livello di allarme negli aeroporti (per possibili rappresaglie).
Che ora Gheddafi potrà fare la vittima per rinfacciare ai paesi europei il voltafaccia. E che, interpretando le parole e le minacce del colonello, alle sue spalle potrebbe veramente presentarsi Al Qaeda.
Abbiamo fatto la figura della solita italietta. E ora, chi è disposto a credere alle rassicurazioni “Le nostre forze armate hanno fatto un esame approfondito sulla disponibilità delle armi della Libia. La conclusione certa è che non ci sono in questo momento armi in grado di raggiungere il territorio italiano”.
Nessuno io mi chiamo; nessuno è il nome che mi danno il padre e la madre e inoltre tutti gli amici
20 marzo 2011
Alla guerra, alla guerra
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