16 ottobre 2014

Nel posto sbagliato di Luca Poldelmengo

Tutto era immobile.Le nubi erano basse e dense, raggruppate da un vento che d'improvviso si era dissolto. La cappa sovrastava le acque della baia, ricopriva la spiaggia, si adagiava sulla ruota panoramica e sulla città tutta, come il mantello di un uomo cattivo che volesse ghermirla.Vincent uscì di casa, un'umidità soffocante lo accolse. In una giornata diversa avrebbe maledetto il clima torrido, l'aria fetida, il lezzo che saliva dal mare e dai rifiuti sparsi ovunque.
Tutto è marcio, maleodorante, mefitico nella city dove Luca Poldelmengo ha ambientato il suo ultimo libro. Una città devastata da un maremoto che ha portato l'acqua a ridosso della città, trasformando la ruota panoramica, simbolo del divertimento, ad emblema di una decadenza che non è solo esteriore.
È un qualcosa dentro una società in piena crisi e preda delle sue paure. È un qualcosa dentro la classe politica di questo paese che ricorda da vicino l'Italia (così come la grande city ricorda molto la Roma città eterna). È un qualcosa che riguarda molto da vicino un governo da trent'anni al potere e che guadagna i suoi consensi blandendo il popolino con promesse di sicurezza e con la minaccia della paura.
No, non è solo il marciume dei ratti che schizzano via per i quartieri della città, per le strade intasate dai rifiuti.
Ne “Il posto sbagliato” si affrontano una malattia ben più profonda e insidiosa di questa società immaginaria e futuribile.


Cosa saresti disposto a rinunciare delle tue libertà, in nome della sicurezza?

Dei tuoi diritti sulla privacy, sul diritto a non essere controllato, pedinato, osservato?
Fin dove ci si può spingere nel controllo di una persona, dei suoi spostamenti, dei suoi pensieri, anche quelli più profondi e nascosti, pur di salvare altre vite umane?

Sono questi le domande alla base dell'ultimo libro dello scrittore romano: il mondo della periferia romana è stato abbandonato (ma non completamente) per far sì che la città dove è ambientata la storia rimanga in secondo piano. Non completamente riconoscibile.

Il racconto immagina un mondo dove sia possibile proiettare su un video, come un ologramma, le immagini prese, direi rubate, dalla mente delle persone quando si trovano in stato di ipnosi.
Una scoperta sensazionale, se usata a fin di bene. Rivedere il proprio passato, i momenti più belli della propria vita.
Ma esistono anche altri fini, meno romantici: pensate a come sarebbe bello, per un investigatore, poter avere a disposizione tutte le immagini che gli occhi delle persone hanno catturato, in una piazza dove è avvenuto un crimine. Un attentato. Un omicidio.
Point of view: un punto di vista, o POV:

«POV: Point Of View, così chiamiamo gli individui che si trovano nei pressi di un delitto su cui dobbiamo indagare».
In che modo si rintracciano queste “telecamere” umane? Grazie ad un enorme database alimentato da un elaboratore che intercetta le nostre telefonate, e che registra i dati in un enorme database. Una sorta di Grande fratello, in grado tracciare una mappa di tutte le persone presenti in una determinata posizione.
RED è il nome della squadra super segreta dentro la polizia di Stato, che ha adottato queste tecnologie militari. Una squadra agli ordini del professor Basile e composta da persone apparentemente diverse ma che hanno sposato il medesimo principio:

«in una stanza ci sono due persone, uno è un pluriomicida, l’altro è innocente. Tu hai solo due possibilità, o li metti in galera entrambi a vita o li liberi. Cosa fai?». «Li libero». «Allora hai sbagliato squadra. Noi qui buttiamo la chiave».
Era stata creata dal primo ministro Lacroix come risposta a quello stato di degrado e insicurezza della società.
Oltre al professor Basile, ne fanno parte il commissario Vincent Tripaldi, una persona cinica e chiusa, in perenne difesa del dolore personale che si porta dentro. Gli unici compagni della sua vita due serpenti dentro un terrario, lasciatigli dal fratello gemello Nicolas, anche lui membro della squadra una volta.
I due giovani ispettori Sara e Leo: ansiosa e ansiogena lei, in perenne corsa contro qualcuno, quanto calmo e pacifico lui.
Infine Naima, l’ultima arrivata della squadra.
«Quello che interessa a noi non è ciò che i POV sanno, ma ciò che contengono».
Giustizia e sicurezza sono stati gli slogan della campagna elettorale del vecchio premier Lacroix, l'inventore della Red, da trent'anni al potere: uno che in politica “aveva avuto sempre e solo nemici, mai avversari. Grazie a questa filosofia era stato in grado di detenere il potere così a lungo”.
La sua immagine di difensore della sicurezza viene compromessa da una serie di attentati. In Parlamento viene direttamente attaccato dal suo avversario politico, che rinfaccia le promesse non mantenute.
Alla Red, 
per placare l'opinione pubblica, vengono chiesti risultati e anche in fretta.
Anche a costo di andare dentro la mente di persone che hanno la sola colpa di essere “nel posto sbagliato nel momento sbagliato”, persone che verranno poi prese e sottoposte a ipermnesia ipnotica. Nessuna autorizzazione da un magistrato, nessuna consapevolezza da parte dell'involontario testimone. Finché i risultati arrivano, bene. Ma qualcuno inizia a colpire la squadra.
Una delle testimoni, una POV, sottoposta ad ipnosi, rivive un ricordo particolarmente doloroso del suo passato che la porta al collasso.
La stampa, informata da qualcuno ben al di dentro della squadra, inizia a raccontare dei metodi poco ortodossi, degli incidenti di percorso. La polemica diventa anche un attacco politico portato avanti dal giovane leader dell'opposizione Manera: uno che aveva condotto la sua carriera politica con all’insegna della moderazione, della pacatezza, della ragionevolezza:

“Non un cobra come Lacroix, non era tipo da rispondere fulmineo all’attacco. Lui accerchiava le sue prede, le aggirava senza che se ne rendessero conto. Quando iniziava a stritolarle per loro era ormai troppo tardi”.
Le polemiche e gli attacchi spaccano la squadra al suo interno. Chi è il nemico oscuro che li vuole annientare? Quale è il vero obiettivo di questa guerra, che si combatte a livelli ben più alti delle teste dei poliziotti della Red?

In questo romanzo, scritto con un linguaggio veloce e asciutto, con immagini che ritornano nelle pagine (la ruota panoramica, i ratti, i gabbiani rabbiosi) si mescola la fantapolitica con la real politick.
Il controllo della mente delle persone. Il governare con la pura. Col cinismo e col disprezzo degli effetti collaterali delle tue azioni. L'ambizione di quella droga chiamata potere. I flash dei fotografi, le interviste sui giornali, l'acclamazione della gente per strada.
Non troveremo buoni e cattivi in questa lettura: se Vincent è il protagonista cinico e solitario, all'anziano professor Oberdan, il cui carattere è costruito per risultare antipatico, è forse l'unica persona positiva nella storia. Il punto di vista dell'autore sull'autore.

Storia in cui ritroveremo tanti aspetti della nostra realtà. A cominciare da questo ragazzo col ciuffo ribelle che, grazie alla sua immagine piaciona, partendo dal mondo dei boy scout, è riuscito a fare la sua scalata dentro il partito progressista.

“L’estrazione sociale, la formazione cattolica e una certa visione comune su alcuni temi politici sembravano collocarlo tra le fila dei conservatori. Ciononostante aveva preferito aderire all’altra compagine, quella dei progressisti, intuendo, quasi divinando, che lì vi fosse lo spazio, che era lì che mancava un leader”.
Non è un caso che il racconto inizi e si concluda con l'immagine della ruota solitaria: un'immagine un po' da film western con i due cavalieri che, anziché allontanasi nella valle su un cavallo bianco, si perdono nella nebbia rugginosa che avvolge tutto in un unico indefinito, metafora dell'ambiguità delle persone, che avvolge e nasconde tutto.

La scheda sul sito dell'editore Edizioni E/O
L'intervista all'autore per Milano nera.


Il sito di Luca Poldelmengo e il suo account twitter: @Luca Poldelmengo
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