27 dicembre 2013

Mafia, politica e imprenditoria: il paese che amo


Immaginatevi questa scena: l'imprenditore di successo del nord, uno che lavora con la pubblica amministrazione, un manager rispettato, molto vicino al potente segretario del partito socialista che governa il paese. E, a fianco, il mafioso, venuto a discutere di affari col rispettabile imprenditore: affari da impiantare giù al sud. Mafioso che è il portavoce dello Zio, il capo dei capi, il suo figlioccio, il soldato fedele della mafia con cui ha fatto piazza pulita dentro cosa nostra dei suoi avversari. Perché anche nella mafia, come nella politica, come nello stato, la fedeltà e l'onore sono solo parole vuote.
La scena ce la racconta Simone Sarasso, nel libro “Il paese che amo” : non sforzatevi troppo per dare un nome reale ai due personaggi, con nomi di fantasia. Salvo Riccadonna detto Dracula, per la sua brama di sangue, giovane rampollo di una famiglia mafiosa. E dall'altra parte del tavolo, Amos Dogliotti, manager di successo della Tricolore Calcestruzzi: il suo cemento ha riempito le città del nord, grazie alla tessera del partito socialista in tasca.

Buona lettura:

Qualcuno ha detto che il potere assoluto corrompe assolutamente.Bè, quel tizio non si sbagliava, perché potere e corruzione a braccetto peggio di Gianni e Pinotto. Fu così che Amos Dogliotti c'impiegò poco ad entrare nel giro giusto. A capire che soldi e politica sono culo e camicia. Specie quando si tratta di cemento, mattoni, calcestruzzo e affini. In Italia nessuno costruisce niente senza permesso. Almeno, non nel nord del paese. E, gira e rigira, quel permesso lo deve firmare qualcuno che siede dietro una scrivania pubblica, e ha in tasca una maledetta tessera d'un maledetto partito.Questione semplice, trasparente.Amos capì subito – molto prima di parecchi concorrenti – che le gare d'appalto non si vincono con la fortuna, i sorrisi, il sudore della fronte e le belle speranze. Serve contante. Da far scivolare nelle saccocce appropriate.Amos si premurò di scrutare l'orizzonte in cerca d'un approdo felice, come avevan fatto per tanti secoli i suoi antenati, e vide – ancora una volta, prima di tanti altri – che la sua America si chiamava Tito Cobra e il suo personale Eldorado Partito Socialista Italiano.Cobra e il Genovese si intesero a meraviglia, parecchio tempo prima che Cobra diventasse presidente del Consiglio. Fecero i loro affari e pian piano i soldi del Dogliotti cominciarono a transitare in direzione della capitale, mentre Milano veniva ricoperta dal suo cemento.
[..]

Amos Dogliotti sa che è ora di allargare il giro d'affari, puntare la prora verso l'isola, navigare verso lidi più succosi. E più impervi, certo.Adesso va avanti l'emissario dell'azionista più potente su piazza, dopo lo Stato italiano: Salvo Riccadonna, detto Dracula non parla per sé, parla per Cosa Nostra. E cosa Nostra è l'Italia, signor Dogliotti, prendere o lasciare.Da queste parti gli affari si fanno in un certo modo.Un bicchiere di quella deliziosa acqua gassata e Dracula va dritto al punto, che tempo per i convenevoli non ce n'è: «Vede, dottore, qui in Sicilia, lo saprà, lavorano solo le aziende messe a posto. Capisce cosa voglio dire?»Dogliotti, morbido come neve fresca: «Se non fossi in grado di comprendere, credo che non avrei nemmeno il diritto di stare seduto dove sto, dico bene signor Riccadonna?»Salvo alza un sopracciglio: «E dice bene sì, dottore. Meno male che ci intendiamo, Poi dicono che su al nord ci stanno solo teste di minchia buone a niente ..»[..]
Salvo vuole essere onesto. Quanto un uomo nella sua posizione possa permettersi di essere onesto, si capisce: «Ora, questo guadagno extra, per noi e per voi, non può rimanersene a frollare qua in Sicilia, credo che lei comprenda, dottore. Lo sa anche lei che far girare le sementi aiuta il raccolto, no? Ebbene, dottor Dogliotti, l'organizzazione che io rappresento è perfettamente informata che lei già da tempo reinveste parte degli utili in .. vogliamo dire politica?»Dogliotti abbozza un sorrisino: «Diciamolo pure, signor Riccadonna. Non è mica una brutta parola ...»Salvo schiocca la lingua sul palato: «Oddio, ce ne stanno di cchiù bedde, ma non stiamo a montare una questione pé nenti. E, grazie a questo investimento, lei e la sua azienda vi assicurate una fetta di appalti pubblici , non è così? La fetta più gustosa, direi ..»Amos Dogliotti non dice né sì, né no. Ma i suoi occhi non sanno mentire.
Salvo prosegue per la sua strada: «Ebbene, ipotizziamo che nuantri spediamo una parte del profitto a Roma: lei dottore, è in grado di garantire – per sé e per gli amici nostri – una bella fetta di torta pubblica pure qua in Sicilia? Ci pensi bene prima di rispondere, dottore. Da queste parti una parola è poco e due sono troppo, lo sa come si dice, no?»Dogliotti sbatté le palpebre una volta sola. Poi si alza, va incontro a Salvo e gli stringe la mano: «A Roma, signor Riccadonna, aspettano i vostri soldi.»Salvo stringe forte la mano del Genovese e lo guarda dritto negli occhi: «Affare fatto, dottò»pagina 276-279

Un altro passaggio del libro "Segua i soldi, signor giudice!"
La scheda sul sito di
Marsilio.

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