Ecco, se il Vaticano e il papa vogliono togliersi di dosso questa etichetta, dovrebbero collaborare con le istituzioni italiane, quando queste hanno voglia di seguire le piste degli evasori.
L'articolo di Marco Lillo, uscito sul FQ di ieri:
Da mesi l'Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede rifiuta di collaborare, anche sul fronte del riciclaggio. In due anni sono state 3669 le dichiarazioni non presentate. In riposta a un'interrogazione del M5S, seguita a un'inchiesta del Fatto, il ministero dell'Economia annuncia che l’Agenzia delle dogane "ravvisa l’opportunità" di sorvegliare "i punti di entrata e di uscita" con lo Stato pontificio
Lo Stato Città del Vaticano nasconde all’Italia migliaia di potenziali evasori fiscali o, nella peggiore delle ipotesi, riciclatori di capitali sporchi. Probabilmente all’insaputa di papa Francesco, l’Autorità di informazione finanziaria, Aif, diretta dallo svizzero René Brulhart si rifiuta da mesi di collaborare con l’Agenzia delle dogane e non fornisce all’Italia i nomi delle migliaia di persone che hanno prelevato importi considerevoli in contanti allo Ior e che poi li hanno introdotti nel territorio italiano senza dichiararlo alla Dogana, violando la nostra legge antiririclaggio. Tanto che l’Agenzia sta pensando di rinforzare i controlli alla frontiera.
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