La decisione della Corte Costituzionale
sul conflitto tra Quirinale e Procura di Palermo.
La ridiscesa in
campo del cavaliere e la probabile crisi del governo tecnico (ieri il
PDL non ha votato a due votazioni con la fiducia). I mercati che
ritornano ad agitarsi. E, in fondo è quello che dovrebbe importare
più di tutti, un paese che non gode della fiducia dei suoi
amministratori. Studenti, pensionati, metalmeccanici che sono scesi
in piazza a reclamare equità, rispetto, diritti.
Nell'anteprima
della puntata, che aveva a tema la trattativa stato mafia (con
due ospiti di eccezione Ingroia e Mannino), Santoro ha commentato
l'editoriale di Scalfari dopo la decisione della Corte.
“Le ragioni del diritto erano
evidenti”, ha scritto il giornalista, secondo cui i
giornalisti, i politici, i giuristi che hanno sollevato critiche per
il comportamento del presidente sono eversivi, quasi “fascisti di
sinistra”.
Loro, non Berlusconi che fa traballare Monti e i
mercati. Torna l'idea che senza Grillo, Travaglio e altri, ci sarebbe
un futuro radioso. Senza di loro, ci sarebbe qualcuno che si chiede
se in una repubblica democratica e seria, è consentito ad un ex
politico potente di telefonare al presidente della repubblica per
mettere in riga i magistrati?
Se questo è il futuro, togliamo la
scritta “la legge è uguale per tutti” dai tribunali.
Intanto
nel paese ..
I tagli a scuola e sanità: per cui entri in un
Pronto Soccorso e trovi gente sulle barelle da giorni.
E i
privilegi della casta: come le scorte e le auto blu. 560 scortati,
700 auto, 2000 uomini impegnati. Un costo, mai dichiarato
ufficialmente dal ministero, di più di 250 ml l'anno.
Il ministro
Severino con la scorta in vacanza.
La Finocchiaro con la scorta
nell'Ikea.
Taormina che non è più sottosegretario, pure lui con
la scorta, come anche Bertinotti.
Lo consente la legge, non lo
decido io …
Da ieri so che la scorta l'ha anche Vespa, ma solo a
Roma. Berlusconi ha un furgone e due auto: i membri della protezione
arrivano, per chiamata diretta, dai servizi. Un costo di 2 ml
l'anno.
Solo Mastella, l'ex ministro, gira la città in
taxi.
Oggi, diceva un agente a Dina Lauricella, girano più
scorte che volanti a Roma. E di scorta, ne avrebbe bisogno più
Grillo che altri ..
La situazione politica.
A discutere di queste ultime settimane
di governo tecnico, Paolo Mieli, Calogero Mannino, il sindaco De
Magistris: le parole di Passera, la polemica in aula di Cicchitto
(che l'ha chiamato “untorello”), Berlusconi che si ricandiderà (e
i mercati che non l'hanno presa bene).
Paolo Mieli ha spiegato come
obiettivo del PDL (che non ha gradito nemmeno la legge
sull'incandidabilità) sia il mantenimento del porcellum: per far
saltare l'approvazione della legge, serve creare una crisi di
governo. In questo modo, si riuscirebbe a votare assieme regionali e
nazionali a febbraio.
Ci saranno 4 protagonisti alle elezioni:
Bersani, Grillo e il M5S, PDL e Lega assieme e questo “essere
misterioso” che è il centro.
L'ex ministro Mannino
ha fatto i complimenti a Bersani che con le primarie ha fatto
un'operazione più allargata, arrivando a costruire un partito
social-democratico.
Un passo avanti, rispetto al 1994 di Occhetto
e Berlusconi.
Luigi De Magistris ha voluto ricordare
che in realtà, lo spazio è più ampio, specie se Bersani andrà con
Casini. Scalfari scrive che sono eversivi quelli che difendono la
Costituzione: a sinistra c'è spazio per chi vuole difendere la
legge, la Costituzione dalle cricche.
Le intercettazioni
Mancino-Napolitano.
Comunque la si pensi, ascoltando il
testo delle telefonate tra Mancino e Loris D'Ambrosio, rimane una
sensazione strana. C'è qualcosa che non torna: ci si è soffermati
solo sulle prerogative del Colle, ma quando l'ex ministro dice al
consigliere che vorrebbe “evitare che fosse accolta l'istanza di
un confronto con Martelli”, passa l'idea che c'è un ex
potente, che intende scavalcare leggi e procedure.
Quando il PG
della Cassazione dice “io sono a sua disposizione”, sta
andando oltre il suo mandato.
Ingroia, lei sente eversore?
- la domanda al procuratore oggi in Guatemala.
“Io mi
sento un magistrato che ha applicato la legge e si è attenuto al
rispetto delle regole e della Costituzione”. Noi, ha continuato
Ingroia, ci siamo fatti carico di una responsabilità in più
istituzionale: abbiamo messo in atto tutte le cautele per evitare che
le intercettazioni con Napolitano venissero fuori. Se avessimo invece
messo in atto il procedimento di distruzione c'era il rischio che
trapelassero.
Perché ha parlato di decisione politica?
Perché
se davvero la Corte avesse afforntato la questione giuridica, che
c'è, perché c'è oggi un vuoto legislativo, la corte avrebbe dovuto
intervenire sulla legge. Sembra invece che avesse l'obiettivo di
bacchettare la procura di Palermo. Dove oggi Gip e pm sono in una
situazione di stallo: come a dire che la Corte non ha fatto
chiarezza.
Anche il vicedirettore de Il fatto, Marco
Travaglio ha commentato la sentenza ricordando che anche un
costituzionalista come Cordero ha spiegato che non esiste legge che
vieta quella che han fatto a Palermo.
D'altronde basta leggere il
comunicato all'Ansa, che ricalca quello scritto dall'avvocatura:
“non poteva non omettere di chiedere ...”. Che è diverso dal
dire “la procura dove chiedere di distruggere”.
E se
poi il Gip avesse deciso di non distruggere?
Parliamo di
intercettazioni legittime, in un c'è stato un ascolto casuale del
Presidente della Repubblica.
Non è la prima volta che un
capo della stato viene ascoltato: è successo nel 1993 con
Scalfaro, intercettato dal pool di Milano. Intercettazioni pubblicate
da Il giornale.
È successo nel 2009, con Bertolaso che dopo il
terremoto all'Aquila chiamava Napolitano. Intercettazioni depositate
al processo di Perugia.
Ora invece scoppia il casino: forse perché
l'inchiesta parla di mafia e politica? Cosa si dicono in quelle
intercettazioni?
La trattativa c'è stata.
Che ci
sia stata una trattativa, non presunta, lo dice una sentenza passata
in giudicata (quella contro il boss Tagliavia). Ma lo dicevano già
le parole dell'ex generale Mori, chiamato a Processo.
Quando
incontrò don Vito Ciancimino, dopo le bombe di Capaci, per dire “ma
cos'è questa storia .. non si può parlare con questa gente?”.
Sono queste le persone che dovrebbero
sovraintendere alla nostra sicurezza?
La contraddizione di
Ingroia.
La giornalista Luisella Costamagna ha
domandato conto, al pm in collegamento, del suo commento. Quando ha
parlato di “sentenza politica”. Può un magistrato usare
le stesse formule di Berlusconi, quando anche lui attaccò nel
passato la Corte Costituzionale?
Il magistrato di Palermo ha risposto
spiegando che le sentenze vanno rispettate tutte, anche quelle che
non si condividono. Ma il diritto di critica è diverso da quello di
invettiva.
Ingroia ha letto, a suo tempo, le motivazioni di
Zagrebelsky, quando criticò la decisione di sollevare il conflitto:
perché avrebbe indebolito la stessa corte. Se avesse dato torto al
presidente ci sarebbe stato un caso istituzionale, se gli avesse dato
ragione, sarebbe stata accusata di cortigianeria.
Ingroia ha detto
che la sentenza risente del clima politico attorno. Non colma un
vuoto giuridico, ma sembra voler difendere il capo dello Stato e
bacchettare la procura di Palermo.
Attorno a questa
indagine c'è stato di tutto: Ingroia ha ricordato il pentimento
di Gaspare Spatuzza che con le sue rivelazioni, di pochi anni fa, ha
permesso di scoperchiare il depistaggio istituzionale sulla strage di
via D'Amelio. Il falso pentito Scarantino, le persone condannate da
sentenze passate in giudicato.
Ed è venuta fuori anche la storia
della trattativa: dietro le stragi c'erano uomini dello stato che
cercavano una tregua con la mafia.
Il movente della strage di via
D'Amelio (dove morì Borsellino e la sua scorta) era che il giudice
era percepito dalla mafia come un ostacolo alla stessa
trattativa.
Nel paese, dichiarazioni di principio a parte,
l'inchiesta è stata accolta con molta ostilità.
Si dice che i pm
vogliono riscrivere la storia: il conflitto è stato usato per
attaccare la procura di Palermo, rea di voler riaprire una ferita del
paese (le bombe del 1992-93, la fine della prima Repubblica). Una
ferita che non è stata ancora “pulita”.
Santoro ha
trasmesso l'audio di una dichiarazione di Agnese Borsellino:
in queste ha espresso “il diritto di manifestare il mio disdegno
per un ex ministro che a più riprese non ha avuto scrupoli nel
telefonare al capo della stato”.
Si tratta di Nicola
Mancino: “protagonista della triste storia è il signor Mancino
abile a distogliere l'attenzione dalla sua persona”.
La
signora Borsellino chiudeva la dichiarazione con due domande pesanti:
che ruolo investiva l'allora ministro Mancino?
Perché Paolo
disse, la sera dell'incontro al Viminale con Mancino (e Contrada),
che aveva respirato aria di morte?
È toccato poi all'ex
ministro Mannino raccontare la sua versione sulla trattativa (anche
alla luce di quanto ha raccontato Ingroia nel libro “Io
so”).
“Non c'è un aspetto della trattativa che mi
riguarda”.
Non ha incontrato né Mori né altri del Ros:
solo il maresciallo Guazzelli, che gli confidò di un
possibile attentato sotto un tunnel.
Guazzelli fu poi ucciso dopo il voto,
nella primavera del 1992. Mannino nega dunque il suo mettersi
in moto, dopo l'omicidio Lima, per cercare di salvare la pelle.
Però
il figlio del maresciallo dell'arma ha ricordato le parole del padre,
quando diceva che dopo Lima sarebbe toccato a Mannino.
Mannino che
ha ricordato un incontro con Falcone, dei suoi timori dopo la
conclusione del Maxi (che però avvenne nel gennaio 1992, mentre
l'incontro è del settembre 91).
L'unico modo, per mettere
fine a polemiche, dietrologie, conflitti, sarebbe quello di andare
avanti col processo, per chiarire una volta per tutte cosa è
successo tra il 1992 e il 1993.
La fine della prima repubblica, le
spinte secessioniste, l'ala golpista nello stato e nella massoneria.
La mafia alla ricerca di una vendetta ma anche di nuovi referenti
politici (“facciamo la guerra per fare la pace”).
E forse è
proprio per questo che, questo processo non si deve celebrare.
Ci
sono ancora troppe persone che hanno qualche scheletro nell'armadio?
L'intervento di Travaglio.
Le vignette di Vauro
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