Vorrei proprio vedere quali, dei partiti "tradizionali" potrebbe permettersi di scagliare qualsiasi cosa, per il "peccato" delle epurazioni.
Quelle grillesche, per esempio.
Segnalo a proposito, l'articolo di Travaglio "Epurazioni democratiche", dove si parla di PD (ma potremmo parlare anche di Fini e della sua cacciata dal PDL) e dei sindaci No Tav. Dei senatori ambientalisti rompiscatole.
Le epurazioni del vicino sono sempre più antidemocratiche.
Fermo restando che Grillo è la reincarnazione del Duce perché ha espulso due consiglieri comunali e uno regionale, e che Casaleggio è peggio della Gestapo per aver querelato un ragazzotto che l’accusa di volersi intascare i soldi dei finanziamenti pubblici che fra l’altro ancora non esistono, e premesso che tutto ciò che fa il Partito democratico è democratico a prescindere, anche perché il partito si chiama così, sorge spontaneo un piccolo dubbio. Noi apprezziamo molto la decisione del Pd di sottoporre alle primarie anche i suoi aspiranti candidati. Ma ieri La Stampa riferiva queste testuali parole dell’onorevole Stefano Esposito, strenuo difensore del Tav Torino-Lione, reduce da un pellegrinaggio a Parigi per sponsorizzare l’immortale opera pubblica destinata a soppiantare la Muraglia Cinese e la Piramide di Cheope: “Se il partito accoglie in lista Sandro Plano, io non solo non partecipo alle primarie, ma esco pure dal Pd”. Chi è Plano? È il presidente della comunità montana della Val Susa, esponente del Pd e fiero avversario del Tav. Per carità, sul Tav come su quasi tutto, ciascuno è libero di pensarla come crede (solo, dovrebbe spiegare a chi s’è appena svenato a pagare l’Imu sulla prima casa – ideata dal governo Berlusconi per il 2014 e anticipata dal governo Monti al 2013 anche con i voti del Pd per racimolare 3 miliardi l’anno – perché mai l’Italia dovrebbe buttare 10 o 20 miliardi per far arrivare le merci qualche minuto prima da Torino a Lione, il tutto nel 2030). Ma il punto è proprio questo: Esposito, in quanto parlamentare uscente, nonché esponente fra i più influenti del Pd in Piemonte, non dovrà raccogliere firme per candidarsi alle primarie per entrare nelle liste del Pd: Plano invece sì, infatti in Val Susa il popolo No Tav si sta attivando per dargli una mano. Lo spirito delle primarie dovrebbe essere proprio questo: far emergere dal mitico “territorio” le figure più rappresentative e, piaccia o non piaccia, Plano è uno dei personaggi più amati dalla gente valsusina proprio per la sua intransigente ostilità al Tav. Ma il Tav, per il Pd, come pure per il Pdl, per l’Udc e per tutti gli altri partiti di centro, di destra e di sinistra, è diventato un dogma di fede: come la Santissima Trinità e l’Immacolata Concezione per la Chiesa. Chi esprime dubbi o contrarietà diventa un paria, un appestato: uno non solo da non candidare, ma addirittura da escludere dalle primarie. Democratiche, s’intende. Del resto, in zona, c’è il caso molto democratico di Avigliana, primo comune della Bassa Valsusa, nonché patria di Piero Fassino: alle ultime elezioni comunali il Pd si sciolse in un listone civico Pro-Tav con Pdl e Udc per combattere i suoi dirigenti contrari all’opera, candidati in una lista civica con Idv, Sel e 5Stelle. Purtroppo gli elettori punirono l’ammucchiata fassinian-casinian-berlusconiana e premiarono i No-Tav. Risultato: la Commissione di Garanzia del Pd, molto democraticamente, espulse i tre suoi eletti nella lista vincente per eresia dal dogma Calce & Martello (sanzione mai inflitta neppure a Penati). Cioè: la minoranza espulse la maggioranza. Se quelle di Grillo sono epurazioni, queste come si chiamano? Eppure nella Carta d’Intenti del Pd la parola Tav non è mai citata, mentre si legge che “per noi sanità, istruzione, sicurezza, ambiente sono beni indisponibili alla pura logica del mercato e dei profitti. Sono beni comuni – di tutti e di ciascuno – e definiscono il grado di civiltà e democrazia del Paese”. Sarà un caso, ma tra i fortunati ammessi nel listino bloccato di Bersani – per sottrarli molto democraticamente alle primarie e candidarli anche se non li vuole nessuno – non figurano i tre parlamentari ambientalisti del Pd: Realacci, Ferrante e Della Seta (quello entrato nel mirino dell’Ilva perché “rompe i coglioni”, tant’è che Riva scrisse a Bersani perché lo facesse smettere). Sono tutti e tre renziani, curiosamente. E democraticamente.
Nessun commento:
Posta un commento