14 luglio 2014

Una vita da mediano

Dell'intervista a Renzi apparsa sul corriere sabato, mi era sfuggito questo passaggio, che prendo dal blog Nonleggerlo:
«Calcisticamente parlando, qualcuno pensa che io sia un fantasista, cioè quello che inventa il colpo a sorpresa, o il portiere fortunato, che para i rigori perché provoca l’avversario. Non hanno capito che, dal punto di vista amministrativo, io sono un mediano (o in termini non calcistici, accessibili anche a chi non si interessa di pallone, un mulo), che su tutti i palloni si mette lì e “butubum-butubum” studia le carte».
Ho giocato abbastanza a lungo a calcio, per sapere che ruolo è quello del mediano: uno che fa interdizione per bloccare le azioni dell'avversario in mezzo al campo, che fa risalire la squandra prendendo i palloni dalla difesa.
Più che un mediano, Renzi è il classico "Veneziano": uno di quelli che non passano mai palla e che, quando non è in giornata, ti fa pure perdere le partite.
A meno che l'avversario dell'Italia non siano i sindacati come la CGIL o i dissidenti del PD che, secondo Renzi, sono contrari alla riforma del Senato perché sarebbero attaccati all'indennità.
L'Italia, nella favola renziana dei 1000 giorni, dovrebbe ripartire da qui: Camera dei nominati e Senato light dei non eletti.
A questo aggiungiamo anche le proposte di Angelino che, prontamente rilancia: via articolo 18, lo shock fiscale e la frustata antiburocratica.
Si continua a parlare per slogan (senza metterci troppi dettagli, sottolinea The Economist) e a criminalizzare i dissenzienti. Vecchia regola ereditata dai tempi di Berlusconi.
Mediano allora?

O forse "la palla è mia e me la tengo io"?

Ecco, io tra Zagrebelski e Renzi, Boschi e Calderoli, tendo a credere a Zagrebelski, nelle sue osservazioni sulle riforme istituzionali nate dal patto del nazareno:

Un’ultima osservazione. Un certo numero di costituzionalisti, nei giorni trascorsi, ha denunciato con toni d’allarme il pericolo d’involuzione autoritaria, anzi padronale, del nostro sistema politico. Volendo vedere solo e isolatamente la questione della riforma del bicameralismo, la denuncia è apparsa eccessiva, allarmistica. Tuttavia, si parlava in quella circostanza della riforma del Senato non in sé stessa, ma come elemento d’un quadro costituzionale, formale e materiale, assai più complesso. Il quadro è composto, sì, dalla marginalizzazione della seconda Camera, ma anche dalle prospettive in cui si annuncia la riforma della legge elettorale, in vista di soluzioni fortemente maggioritarie e debolmente rappresentative, tali da configurare una “democrazia d’investitura” dell’uomo solo al comando, tanto più in quanto i partiti, da associazioni di partecipazione politica, secondo l’art. 49 della Costituzione, si sono trasformati, o si stanno trasformando in appendici di vertici personalistici, e in quanto i parlamentari, dal canto loro, hanno scarse possibilità d’autonomia, di fronte alla minaccia di scioglimento anticipato e al rischio di non trovare più posto,o posto adeguato,in quelle liste bloccate che la riforma elettorale non sembra orientata a superare. La denuncia dunque veniva, e ancora viene, da quello che i giuristi chiamano un “combinato disposto”. La visione d’insieme è quella d’un sistema politico che vuole chiudersi difensivamente su se stesso, contro la concezione pluralistica e partecipativa della democrazia, che è la concezione della Costituzione del 1948. La posta in gioco è alta. Per questo è giusto lanciare l’allarme. Queste, gentile Ministro Boschi, sono in sintesi (una sintesi assai poco sintetica!) le osservazioni che forse avrei potuto sviluppare nell’incontro di lunedì. Della mia assenza ancora mi rammarico e mi scuso. Immagino che i tempi non saranno così stretti da impedire ulteriori confronti, a partecipare ai quali, fin da ora, se i termini degli accordi politici già presi non saranno preclusivi di discussioni costruttive, le comunico la mia disponibilità.
A proposito di ostruzionismo (quello oggi rinfacciato al M5S):
"Mi sento di dire - ha dichiarato - che nel passaggio del ddl per le intercettazioni alla Camera sarà un Vietnam per la maggioranza".
A parlare è Enrico Letta e si riferisce al DDL intercettazioni presentato da Berlusconi nell'estate del 2010. Quello abortito grazie a Fini, alla campagna portata avanti nelle piazze e sui giornali (i post it di Repubblica, li ricordate?).
Erano altri tempi. Poi sono arrivate le larghe intese.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Alduccio sei forte, davvero