Il governo ha imposto le ffp2, Report parlerà della guerra e delle trattative che si sono scatenate attorno a questi dispositivi, con un'intervista ad un imprenditore a che ha denunciato una richiesta di tangente dentro una mediazione con la struttura commissariale.
Poi gli abbattimenti delle bufale campane e i fanghi industriali sversati nei campi, dove si coltivano gli ortaggi che poi finiscono sulle nostre tavole.
Occhio alla bufala di Rosamaria Aquino
La maggior parte degli allevamenti di bufale in Campania si concentra in pochi km quadrati nella provincia di Caserta, tra Grazzanise e Castel Volturno: Report è andata a vedere qual è la situazione degli allevatori di queste zone che hanno raccontato degli abbattimenti dei loro capi dopo la scoperta di casi di brucellosi e tbc.
Una buona parte erano casi di falsi positivi, fino a nove su dieci: bufale abbattute ma poi mandate al macello che ha poi venduto quelle carni (ad un prezzo svantaggioso per gli allevatori).
Negli ultimi dieci anni centomila capi sono stati abbattuti, portando alla crisi di diverse aziende del settore caseario, si poteva fare in modo diverso? C'è un altro giallo, come mai le aziende, nonostante questi abbattimenti, hanno dichiarato valori della produzione del latte in linea col passato (senza nessuna diminuzione)?
Alla prima domanda si può rispondere chiedendo alla regione come mai i capi non possono essere vaccinati, per evitare i falsi positivi ai controlli, ma la regione Campania nicchia su questo punto.
Per la seconda domanda, i soci del consorzio DOP avrebbero dichiarato un quantitativo di latte superiore a quanto prodotto: lo racconta alla giornalista un ex membro del consorzio del DOP della bufala.
In dieci anni il consumo di questa dop è salito del 31%, diventando un business da più di 1,2 miliardi l'anno, poi è arrivato il covid e il cambio di disciplinare del governo che ha consentito il latte in polvere: siamo sicuri allora che la mozzarella di bufala campana DOP sia fatta solo col latte del territorio?
Per la DOP il latte deve arrivare da zone ben precise: ci sono aziende del consorzio che usano latte vaccino, latte estero o latte in polvere, racconta la fonte anonima, mettendo in crisi gli allevatori onesti.
Nello scorso marzo ad un membro del consorzio hanno sequestrato qualche quintale di cagliata proveniente dalla Bulgaria: “ma era solo un ordine”, ha risposto Angelo Piccirillo, si è trattato solo un caso isolato.
L'imprenditore può fare scelte fuori dalla DOP – ammette il direttore generale del consorzio di tutela - comprando cagliate dalla Polonia o dalla Bulgaria: come si può essere certi che poi questi produttori non la usino poi nella mozzarella?
La filiera della mozzarella non riesce a tracciare la provenienza del latte: servirebbero maggiori controlli e anche sanzioni, per contrastare chi usa il latte straniero nella DOP.
Andremo a vedere i dati sulla piattaforma del CLAL.
Giù la mascherina – mascheropoli di Rosamaria Aquino
La mascherine ffp2 sono obbligatorie in alcuni luoghi al chiuso e nei luoghi pubblici: esiste un accordo tra il commissario Figliuolo e i farmacisti per venderle a 75 centesimi, ma in giro si trovano a prezzi anche maggiori, perché è solo un prezzo consigliato, come racconta un farmacista a Roma, in alcuni paesi piccoli, dove c'è solo una farmacia questa potrebbe fare il prezzo che vuole, non c'è nessun prezzo calmierato.
Ma le mascherine in commercio sono regolari? Negli ultimi mesi ci sono stati sequestri di mascherine non conformi, si parla di una su cinque non buone, tutte acquistate ai tempi del commissario Arcuri.
Racconta il servizio di Report che i controlli in dogana (una volta che le maschere erano arrivate in Italia), non ci sono sempre stati: dall'inizio pandemia sono state sdoganate 5 miliardi di mascherine, provenienti per lo più dall'estero, all'inizio i controlli erano molto stringenti poi, ad inizio estate, sono stati meno stringenti.
Molte delle mascherine sequestrate (perché non conformi) sono state tenute nei magazzini, ma ad una ASP in Sicilia sono stati costretti ad accettarle perché non ne avevano altre: erano proprio quelle sequestrate dalla procura di Gorizia e che erano state comprate nella gestione Arcuri, comprate in Cina grazie al supporto di alcuni mediatori.
L'ex commissario Arcuri avrebbe invitato i funzionari della dogana a sdoganare celermente queste mascherine senza fare troppi controlli: oggi Arcuri è indagato per la gestione delle mascherine, come anche il direttore generale delle agenzie delle dogane Minenna.
I funzionari delle dogane avevano segnalato che in Italia arrivavano mascherine con CE falsi e che andavano sequestrate anche se erano validate in deroga: ma alla fine, raccontano a Report questi funzionari, sono finite sul mercato lo stesso e usate dagli italiani nel corso della pandemia.
Report ha chiesto conto di queste 800ml di mascherine da sequestrare all'ex presidente Conte, come anche del fatto che nell'estate 2020, i controlli sulle mascherine fossero diminuiti (su input di Arcuri), per far affluire più mascherine al paese.
Report ha chiesto conto a Minenna di una direttiva secondi cui, le informative fatte dall'intelligence delle dogane dovevano arrivare a lui e poi riportate a Conte. Anche quelle che eventualmente riguardavano lui stesso.
Il direttore ha risposto che questi dossier contro di lui nascono dalla criminalità organizzata per danneggiare il suo lavoro.
Conte ha raccontato di aver messo i direttori dell'intelligence a controllare gli acquisti delle mascherine dai vari broker, nei primi mesi della pandemia, per evitare delle truffe.
Ma poi tra i primi acquisti, ci sono i due lotti strapagati alla Cina (quattro volte la media europea) che poi sono state sequestrate perché non idonee (oppure inviate in Sicilia dove gli operatori sono stati costretti ad usarli).
Minenna da la colpa ai decreti del governo che, nel picco della pandemia, ha rilassato ai controlli: ma i sequestri non si sono fermati.
L'inchiesta sul traffico di influenze dell'avvocato Di Donna
Molti imprenditori, durante i mesi di crisi del 2020, cercarono di prendersi gli appalti per le forniture di mascherine: tra queste anche Giovanni Buini, che voleva mettersi in contatto con Arcuri per entrare nel settore delle mascherine con una commessa da 60ml.
Per questo si mette in contatto con un avvocato esperto di diritto civile come Di Donna (che aveva lavorato nello stesso studio di Conte): all'incontro per firmare il contratto della commessa, Buini racconta che erano presenti anche due agenti dei servizi, tra cui il generale Tedeschi, oltre all'avvocato che avrebbe avuto un ruolo di mediatore nella vendita delle mascherine.
Buini alla fine decide di uscire dal contratto perché Di Donna chiedeva una percentuale molto alta: il suo sospetto era che la consulenza legale nascondesse una tangente per l'agevolazione dei contatti per chiudere l'appalto.
Il giorno dopo all'azienda di Buini si sono presentati i NAS e poi la Finanza: solo alla fine l'imprenditore è andato in procura a denunciare Di Donna, per la percentuale alta richiesta che faceva sospettare ad una tangente.
Cosa risponde di questo l'ex presidente Conte?
Conte risponde che non sa nulla di queste commesse per cui Di Donna ha fatto da mediatore, ha scelto di non mantenere rapporti che potesse influire la sua attività di presidente del Consiglio.
Come mai Di Donna usava il suo nome per crescere la sua influenza, per il suo lavoro di mediatore?
Conte aveva incontrato Di Donna pochi giorni prima delle elezioni suppletive nel 2020, negando di essere mai stato socio.
L'odore dei fanghi di Bernardo Iovene
Il fango dei depuratori delle acque reflue devono essere controllati ogni 15 giorni, per essere certi che i fanghi, ottenuti dalla depurazione, possano essere sversati sui campi – così spiega a Report Paolo Ceccardi responsabile dell'Agricoltura per l'ambiente.
Sia i fanghi “umani” che quelli industriali possono essere offerti agli agricoltori, come fanghi o gessi, come fertilizzanti: sarebbe un esempio di economia virtuosa, ma spesso in mezzo a questa filiera entrano i criminali e così, nei campi dove crescono le verdure che poi ci mangiamo, si sversano anche veleni.
Basta mettere la oltre alla soda caustica l'acido solforico nei fanghi che, magicamente il fango diventa prodotto e così può sfuggire ai controlli.
E così, nei campi si possono rilasciare metalli e altre schifezze che, prima rovinano l'aria alla popolazione che abita vicino ai campi e poi avvelenano le persone.
Imprenditori criminali sono stati capaci di creare soldi anche dal nostro letame, anche dagli scarti industriali (che consente a sostanze tossiche di finire sulle nostre tavole).
Eludere le leggi, come sempre, in Italia è facile: la disciplina sui fanghi è carente (i fanghi sono controllati, ma i gessi no), i controlli a livello regionale cambiano da regione a regione.
LA regione voleva colmare il vuoto normativa sulla differenza tra fanghi e gessi (sul tracciamento), ma il governo ha impugnato la norma.
I cittadini sono esasperati, per la puzza, per l'inquinamento, per essere stati traditi dallo Stato, da questi criminali. Il ministro Cingolani, davanti a Bernardo Iovene, si impegna a riprendere in mano il tema, per correggere tutti i problemi: “interverremo, lo faremo prestissimo”.
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