La sanità che potremmo avere se ci fosse qualcuno che unisse i puntini, l'abbraccio mortale di Amazon ai piccoli imprenditori.
La sanità che potremmo avere (se solo lo volessimo)
La sanità che abbiamo e la sanità che potremmo avere: i servizi di Michele Buono sono come sempre proiettati nel futuro, questa volta al futuro della sanità che potremmo avere e che ci consentirebbe di vivere una vita migliore.
Per esempio bloccare, come racconta nell'anticipazione Sigfrido Ranucci, una pandemia con un computer potente dotato di intelligenza artificiale per ricostruire una clinica virtuale dove i pazienti possano ricevere il consulto di tutti gli specialisti richiesti, che analizzano remotamente i file elaborati da una TAC o da una risonanza magnetica tramite dei software 3D che consentono di realizzare la versione olografica del risultato dell'esame.
Immaginiamo per la medicina del futuro lo stesso sistema usato per far volare gli aeroplani nel mondo: un sistema in rete dove ci si scambia continuamente dati, usando la stessa lingua, per evitare le collisioni degli aerei nel cielo o quando atterrano.
Perché il sistema sanitario nazionale non può basarsi su una piattaforma comune, come avrebbe dovuto essere il fascicolo sanitario elettronico? Ne parla a Report Mariano Corso, docente del Politecnico di Milano nell'osservatorio dell'innovazione digitale nella sanità: un sistema dove a circolare non è il paziente, il pezzo di carta con l'esito dell'esame, con la ricetta per la visita, ma dove a circolare sono le informazioni del paziente.
Questa piattaforma c'è, esiste, è stata standardizzata, è stata finanziata, ma non c'è – spiega il docente - “non c'è perché spesso noi non riusciamo a fare l'ultimo miglio.”
Un sistema che consentirebbe di monitorare in tempo reale l'arrivo di una pandemia, che consentirebbe di sperimentare su un nostro avatar le cure sperimentali.
Il servizio di Michele Buono farà sentire la voce di Sergio Pillon, esperto di tecnologie innovative presso l'Istituto Superiore della Sanità, e di Claire Biot vicepresidente di Dassault Syste(è)me.
Il sistema sanitario nazionale non è completamente digitalizzato e non fa rete, occorrerebbe una regia per questo: per esempio sfruttando l'esperienza del dottor Sergio Pillon che ha organizzato la telemedicina per la spedizione in Antartide, ha collaborato con la NASA per capire come gestire la salute dei piloti mandati nello spazio. Ha poi coordinato un tavolo con la conferenza Stato Regioni per introdurre la telemedicina a livello nazionale: il tavolo è durato tre anni, dal 2015 al 2018. Le regioni – racconterà Pillon nel servizio – hanno risposto male, “abbiamo più volte inviato dei questionari e ci hanno risposto solo in cinque, a più invii, con dati assolutamente approssimativi. Abbiamo più volte chiesto al ministro di essere ascoltati, ma il ministro [Giulia Grillo] non ci ha neanche convocati.”
La scheda del servizio: SANITÀ POTENZIALE di Michele Buono con la collaborazione Edoardo Garibaldi
Un sistema industriale che ha digitalizzato tutti i processi arriva in modo efficiente al prodotto finale; nella sanità il prodotto finale è la nostra vita. Il Sistema Sanitario Nazionale però è frammentato in 20 sistemi regionali, ognuno con le proprie piattaforme - quando ci sono - che non dialogano tra loro. Sarebbe necessario, allora, che fosse un sistema connesso a condividere banche dati e flussi di informazione digitale in tempo reale. Quando l'intelligenza artificiale rileva un’anomalia scatta un allarme per tutti, nello stesso tempo. Se c'è una pandemia virale, le patologie acute vanno in ospedale, le croniche vengono curate a casa. Si potrebbe fare, ma occorrono tecnologia e organizzazione. Al di fuori di questo quadro, anche il migliore piano pandemico potrebbe funzionare veramente?
Più forte di uno stato
Cos'è Amazon? Una piattaforma per l'e-commerce che ci ha reso la vita più semplice, oppure un sistema che strozza la concorrenza, che ha così tanto potere da mettersi al di sopra degli Stati?
Il libero mercato è tale se non ci sono condizionamenti, se lo Stato riesce ad essere regolatore e tutti rispettano le leggi, se non ci sono monopoli.
Ma oggi, nel mondo dell'e-commerce, è veramente così? Amazon è uno store che consente a tante piccole aziende di essere visibili su internet e questo è sicuramente un bene: ma il suo potere nei confronti dei piccoli imprenditori è così forte da condizionarne le scelte – lo racconterà nel servizio di Emanuele Bellano proprio uno di questi, Corrado Ferzetti.
All'inizio degli anni ottanta sono nati come funghi i Mall, i grandi centri commerciali alle periferie delle città dove le famiglie compravano di tutto. Tra questi, il Century III Mall, costruito a fine anni 70 a pochi km da Braddock, in Pennsylvania: nel 1979 era il terzo Mall più grande al mondo, racconta a Emanuele Bellano il giornalista Mike Elk, ma oggi è tutto abbandonato, migliaia di metri quadri di parcheggio deserti, i negozi sprangati da porte di legno e tutti gli strumenti per il carico/scarico delle merci ormai inutilizzabili.
“È successo che è arrivato Amazon e l'e-commerce e le persone hanno smesso di frequentare questi magazzini, perché comprano dal divano di casa. Così, prima sono falliti i negozi a Braddock, perché è arrivato lo store, quarant'anni dopo il centro commerciale è fallito perché oggi tutti comprano su Amazon e alla fine qui è rimasta una cattedrale nel deserto, una cattedrale del capitalismo nel deserto.”
La scheda del servizio: AMAZON PIGLIA TUTTO di Emanuele Bellano con la collaborazione Greta Orsi
Da quando l’e-commerce e Amazon sono entrati nella nostra vita, il modo di fare acquisti è completamente cambiato. Il proliferare dello shopping online ha portato alla crisi di migliaia di centri commerciali in tutto l'Occidente: Walmart, Sears, JCPenny, marchi americani della distribuzione, insieme a marchi europei come Auchan, hanno chiuso e lasciato milioni di metri quadri di negozi deserti e abbandonati. Qual è il ruolo di Amazon in questo scenario? Il gigante dell'e-commerce svolge un'azione non solo sul versante della vendita ma anche su quello della distribuzione e della logistica. Il motto di Amazon e di Jeff Bezos è "Il cliente prima di tutto". Tra il cliente e il colosso Amazon nel mezzo ci sono i venditori costretti ad accettare le regole di Amazon o uscire dal marketplace. Report ha documentato pagamenti sospesi o negati unilateralmente, commissioni calcolate sui costi oltre che sui guadagni dei venditori e meccanismi che strangolano il venditore imponendogli di accettare accordi capestro.
La grana del latte non italiano (fatto passare per ..)
A dicembre 2019 Report aveva dedicato un servizio sul latte importato dall'estero e fatto passare come latte italiano dalle aziende di trasformazione che poi, sulle etichette dei formaggi scrivono “latte italiano”. Questa sera Rosamaria Aquino torna sull'inchiesta, entrando nei caseifici del Grana e in quelli che fanno formaggi non DOP.
La scheda del servizio: CHE GRANA! di Rosamaria Aquino
Report due anni fa aveva svelato la lista segreta dei produttori di formaggi italiani che acquistavano grandi quantitativi di latte e formaggi dall'estero. Tra queste aziende comparivano anche grossi caseifici produttori di Grana padano DOP, che acquistano latte straniero per la produzione di formaggi cosiddetti “similari”, che alla fine vanno a fare concorrenza alla stessa DOP. Report compie un viaggio nel mondo dei similari, dalle vacche rosse di Reggio Emilia fino in Repubblica Ceca, a caccia di prodotti che spesso vengono confusi con l'originale. Le telecamere di Report sono entrate anche nei caseifici che producono sia DOP che non DOP, raccontando come avvengono i controlli per scongiurare che il latte estero e il latte dop italiano non si confondano.
La certificazione del legno che importiamo
Che controlli vengono applicati sul legno di importazione, come possiamo essere certi che in Italia arrivi solo legname certificato, ovvero che non è stato ottenuto in modo illegale?
La scheda del servizio: LA VIA DEL LEGNO di Antonella Cignarale con la collaborazione di Marzia Amico
In Italia importiamo l‘80% del legno che usiamo, l’importazione da paesi extra europei prevede severi controlli, quella dai paesi dell’Unione Europea, no. Sarebbe responsabilità di ogni paese membro assicurare che il taglio nelle proprie foreste avvenga nel rispetto delle leggi, ma i controlli non sono omogenei tra gli Stati: quando vengono bypassati, il legno illegale può circolare sul mercato comunitario insieme a legno legale senza che ve ne sia traccia. I commercianti che lo acquistano non sono tenuti a controllare né la legalità del taglio in foresta né la filiera di trasformazione da cui deriva il legno. Per i consumatori, l’unica informazione obbligatoria da fornire è il “made in”, l’ultimo anello di una lunga catena di trasformazione. Ci sono aziende che si affidano ai controlli privati della certificazione forestale, ma per i prodotti di arredo composti da molteplici componenti è impossibile controllare ogni singolo momento di produzione, incluso il taglio in foresta.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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