25 novembre 2023

Il giudice Surra e altre indagini in Sicilia di Andrea Camilleri


 
È sempre un buon momento per leggere o rileggere, come in questo caso, dei romanzi o dei racconti di Andrea Camilleri: nel corso della sua lunga vita (che ci auguravamo infinita, ma purtroppo..) il maestro ha saputo deliziarci sia con romanzi lunghi che coi suoi racconti, dove comunque emergeva la sua capacità nell’imbastire trame intricate, nel presentare personaggi fuori dall’ordinario, nel saper catturare l’attenzione del lettore con la sua ironia.

Questi tre racconti ci vengono presentati da Giancarlo De Cataldo che nell’introduzione ci racconta della loro genesi : era il 2005 il giallo italiano si stava scrollando di dosso quell’immagine da romanzo di serie B, “romanzo di genere”, si iniziava a comprendere anzi come forse tramite questo genere di storie si poteva meglio raccontare l’anima nera del paese. Quella ad esempio dove un bravo ragazzo di 22 anni, da una buona famiglia decide di uccidere la ex fidanzata di cui non accettava la fine della relazione (e purtroppo ogni riferimento a fatti di cronaca attuali è non casuale). Da qui la racconta per Einaudi, Crimini, dentro cui troviamo altri racconti di Ammaniti, Fois, De Cataldo, Lucarelli, Massimo Carlotto, Diego De Silva.

Anni dopo, eravamo nel pieno della battaglia dell’allora presidente Berlusconi contro i giudici, colpevoli di voler indagare su di lui, in quanto imprenditore. Ma come si permettono, io sono l’eletto? Erano gli anni dei servizi contro i fidanzati del magistrato Bocassini o dei calzini del giudice Mesiano. Ecco l’esigenza di una nuova raccolta, Giudici, sempre per Einaudi: viene chiesto anche a Camilleri di scrivere un racconto ma, come un vero maestro, Camilleri risponde che per un impegno preso con Elvira Sellerio, Montalbano potrà uscire solo con questa casa editrice.

Infine Il Medaglione, scritto per l’Arma dei Carabinieri nel 2005, protagonista un maresciallo un po’ carabiniere, un po’ giudice, ma comunque un uomo di coscienza.

Troppi equivoci

Un tecnico dei telefoni che viene scambiato per un piccolo trafficante di droga: nel film di Hitchcock era un pubblicitario scambiato per una spia, ma cambia poco. Il primo racconto della raccolta è una storia di equivoci, di una telefonata a cui sarebbe stato meglio non rispondere, di un amore interrotto, di violenza e di persone che si credono sopra la legge. Di una giovane ragazza uccisa e di un altro ragazzo che non si da pace e che deve farsi giustizia da solo.

L’opinione più diffusa tra gli inquilini è che si sia trattato di un ladro sorpreso da Anna al ritorno dall’aver comprato i giornali. Di sicuro, per gli inquilini, uno di questi extracomunitari che girano indisturbati e fanno i comodi loro.

Il giudice Surra

Il giudice Efisio Surra arrivò direttamente da Torino a Montelusa quindici giorni dopo che il primo prefetto dell’Italia unita, il fiorentino Falconcini, aveva preso possesso della carica.

Siamo sempre al sud, nella Montelusa di Montalbano, ma nell’immediatezza dell’unità, col passaggio dai Borboni ai Savoia.

Il giudice Efisio Surra viene incaricato di riorganizzare il Tribunale, dopo che il vecchio presidente, borbonico, aveva rifiutato di prestare fedeltà al regno sabaudo.
Ma c’è un altro potere che governa sull’isola, le sue leggi non sono quelle della giustizia, i suoi tribunali non sono quelli con l’effige del re. È la “fratellanza”, quella che sarebbe poi diventata la mafia.

Il nostro giudice arriva a Montelusa senza saper decifrare certi messaggi, certi avvertimenti, anche minacciosi. Un po’ per fortuna, un po’ anche per caso, come un mr Magoo trapiantato sull’isola, sopravvive agli attentati degli onorati (o disonorati) membri di questa fratellanza, diventandone la bestia nera.

Perché per lui esiste sono la giustizia, il rispetto della legge.

«La Surra» sentenziò don Agatino Smecca, «nei paisi nostrani significa la vintrisca, che, come tutti sapiti, è la parti cchiù sdilicata e saporita del tonno. Come cognomi, il judici prometti bono.»
«Vossia parla accussì pirchì è omo di mari» ribattè don Clemente Sommatino. «Ma io, che sugno tirragno e campagnolo, ci dico che la surra è macari un’erba amara e fitusa che quanno le gaddrine se la mangiano, l’ova hanno un sapori tanto laido che si devono ghittare..»

In nomem omen, ovvero sta tutto nel significato di quel cognome, Surra, come la pianta tenace, resiliente si direbbe oggi con un termine a volte abusato, resistente alle minacce, alle prepotenze, alla corruzione. Incapace di vedere la mafia, dunque di fatto annullandola.

Questa generale corruzione ha fatto ricorrere il popolo a rimedi oltremodo strani e pericolosi. Vi ha in molti paesi delle fratellanze, senza riunione, senz’altro legame che quello della dipendenza da un capo, che qui è un possidente, là un arciprete. Una cassa comune sovviene ai bisogni, ora di far esonerare un funzionario, ora di conquistarlo, ora di proteggere un funzionario, ora di incolpare un innocente ..
Dalla relazione di Pietro Ulloa Procuratore Generale di Trapani del 1838.

Il medaglione

«Marescià, vinissi a mitturi ‘u bonu..». Mettere il buono: ossia dire la parola giusta, pacificare, risolvere, fare in modo che la bilancia non pendesse da una parte o dall’altra.

Questo è il compito del maresciallo Brancato, mandato a comandare una stazione dei carabinieri in un paesino sulle Madonie: ma comandare non è la parola giusta, perché il suo compito è quello di far da pacere, per le piccole liti che scoppiano, una persona a cui confidare i propri problemi, un po’ giudice, un po’ padre di famiglia.

Ogni volta cercando di applicare la legge, ma anche il buon senso: come nella storia di un medaglione che apparteneva alla povera Marta Barbaro. C’è qualcosa in quel medaglione che sta tormentando il vedovo, Francesco inteso Ciccino. Per risolvere questo problema che tormenta l’uomo, il maresciallo si dovrà inventare una soluzione (che sarebbe molto piaciuta anche al poliziotto Montalbano) che riporterà ‘u bonu, riporterà l’ordine e l’armonia.

La scheda del libro sul sito di Sellerio

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