Le prime notizie sui campi d'annientamento nazisti hanno cominciato a diffondersi nell'anno cruciale 1942. Erano notizie vaghe, tuttavia fra loro concordi: delineavano una strage di proporzioni così vaste, di una crudeltà così spinta, di motivazioni così intricate, che il pubblico tendeva a rifiutarle per la loro stessa enormità.
E' significativo come questo rifiuto fosse stato previsto con ampio anticipo dagli stessi colpevoli; molti sopravvissuti (tra gli altri, Simon Wiesenthal nelle ultime pagine di Gli assassini sono fra noi, Garzanti, Milano 1970) ricordano che i militi delle SS si divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri:
«In qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza, ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli crederà. Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di storici, ma non ci saranno certezze, perché noi distruggeremo le prove insieme con voi.
E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i fatti che voi raccontate sono troppo mostruosi per essere
creduti: dirà che sono esagerazioni della propaganda alleata, e crederà a noi, che negheremo tutto, e non a voi. La storia dei Lager, saremo noi a dettarla».
Da I sommersi e i salvati di Primo Levi Einaudi editore - Prefazione
Eccola, l'importanza della memoria, seppur attraverso i ricordi (a volte fallaci, lo ricorda lo stesso Levi), da tramandare, generazione dopo generazione: ricordare cosa è successo in Europa negli anni quaranta del secolo passato.
Altrimenti la storia che rimane, passati gli anni, diventa la narrazione del vincitore, quella di comodo. Anche per le nostre coscienze.
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