Il modello Erdogan (ovvero delegare ad altri il lavoro sporco), che tante soddisfazioni ha dato alla Germania, verrà applicato anche in Africa, per far finta di risolvere la questione dei flussi migratori dai paesi africani verso l'Europa.
Già oggi in tanti mostrano soddisfazione nel calo di sbarchi verso le nostre coste: merito del codice per le ONG, merito del ministro Minniti che ha fatto ordine.Può darsi, ma molto di più ha funzionato il clima di accuse contro queste organizzazioni, ultimo tassello di un processo migratorio che parte da lontano.
Nessuno si aspettava che Minniti o Gentiloni trovasse una soluzione ad un problema così grande che ha dietro diverse questioni: i cambiamenti climatici, i governi africani (non proprio esempi di democrazia), Boko Haram e i jihadisti, il traffico di esseri umani.
Proprio a questo servino gli incontri tra i "grandi" della terra: a Parigi, però, la soluzione è stata quella di stringere accordi con Niger, Libia e Ciad per tenersi i migranti (in cambio di cosa?) e non farli più arrivare sulle coste libiche.
La soluzione alla turca, dunque.
Non moriranno più attraversando il Mediterraneo.
I sindaci non saranno più in difficoltà.
Si toglierà benzina a quanti soffiano sul fuoco dell'intolleranza, per fare campagna elettorale sugli immigrati.
Non dovremo più temere per la tenuta democratica del paese.
Ma la questione africana rimane: lo scrittore Alessandro Robecchi ne parla oggi sul FQ
Dunque i migranti, i disperati, uomini e donne che attraversano mezzo mondo verso nord nella speranza di mangiare tutti i giorni, o di non essere arrestati dal regime, o di non dover fare il militare a vita come in Eritrea, hanno un buon valore di scambio, diciamo paragonabile a quello del petrolio e delle materie prime. E’ un affare far arrivare il gas in Italia, ed è un affare non far arrivare i migranti.
Naturalmente tutto questo prevede un aggiustamento delle rotte, delle strategie per spostare grandi carichi di persone. Insomma cambia la logistica dello schiavismo, e per ora gli accordi di Parigi sono questo, niente di più: era seccante e costoso vederli morire nel Mediterraneo, ora moriranno nel deserto, potrebbe essere costoso lo stesso, ma almeno non li vediamo e non sentiamo quel disagio di veder crepare la gente sotto casa. Se si espellono dal vocabolario parole come “etica”, “morale” e “umanità”, va tutto benissimo (si attende con ansia la pubblicazione di un vocabolario italiano-Minniti). In ogni caso, sia chiaro, alle vite di quelli che prima morivano o venivano ripescati nel Mare nostrum e che ora rischiano la pelle nel Sahara, non frega niente a nessuno, sono numeri, statistiche, flussi da bloccare. La distinzione tra migranti politici e migranti economici – che a Parigi è stata molto sottolineata – è ormai accettata dalla politica di ogni colore, come se la situazione economica di un paese che non riesce a dar da mangiare ai suoi cittadini, costringendoli a rischiare la vita per scappare da lì, non fosse una questione politica, che scemenza. Insomma, l’Europa mette un tappo – un altro – per difendere i suoi confini da quella clamorosa fake news che si chiama “invasione”, una parola prima rumorosamente inventata dalla destra xenofoba e leghista, poi sdoganata dai media, e ora praticamente diventata verità ufficiale anche se i numeri dicono il contrario. Naturalmente siamo tutti contenti se i cittadini di Sabratha, in Libia, avranno un laboratorio per analisi mediche, ovvio, e se Zwara avrà la sua rete elettrica costruita dall’Europa, benissimo, molto bene. Si segni a verbale, però, che tutto questo sarà (forse, speriamo che le pompe idriche a Kufra vengano fatte con più efficienza delle casette per i terremotati del centro Italia, ecco) costruito sulle spalle di centinaia di migliaia di migranti internati in lager libici, o morti di sete nel deserto, o arrestati prima della partenza. Il piano europeo di Parigi sottolinea anche l’esigenza di “fare opera di pedagogia” (questo l’ha detto Macron), cioè spiegare bene (suggerirei delle slide) a gente che mette in gioco la sua vita, che fa viaggi di anni, che viene picchiata, incarcerata, derubata, violentata e torturata ad ogni tappa, che qui non li vogliamo. Una pedagogia del “sono cazzi vostri”, insomma, salutata come una grande vittoria europea sul fronte dell’”emergenza immigrazione”. Amen.
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