I dispositivi medici ci allungano la
vita e spesso ci fanno vivere meglio, ma quanto sono sicuri?
La seconda inchiesta riguarderà invece
i rischi legati all'emissione delle onde dei cellulari.
Ma prima, il servizio sul consumo di
pane
Pane a rendere – di Giulia
Presutti
Il mercato del pane vale 6 miliardi di
pane ma i panificatori italiani rischiano di essere strozzati dalla
grande distribuzione, che impone prezzi sempre più bassi: si rischia
di perdere la diversità del pane e a far chiudere i panifici
(possibile che anche loro si debbano fare intervistare di nascosto
come dei pentiti?).
L'Antitrust sta indagando sulla
posizione dominante dei supermercati.
Il servizio è partito con la storia
della Panem, strozzata dalla grande distribuzione per le clausole che
imponeva, per esempio sul pane invenduto che dovevano ritirare.
Il pane invenduto della Auchan per
esempio doveva essere ritirato dal panettiere, che così rischia di
avere solo perdite.
Eppure i panettieri, per la grande
concorrenza, sono costretti ad aggrapparsi alla grande distribuzione
ed accettare le condizioni del reso da Coop, Conad, Auchan..
La giornalista ha cercato di
intervistare i responsabili di Conad, durante un evento pubblico ed è
stata trattata peggio dei criminale: siete faziosi, fate solo accuse
.. la risposta del responsabile comunicazione.
L'antitrust sta indagando sulle fattureemesse dai panettieri: i panettieri consegnano il pane fresco e si
deve riprendere il pane avanzato, si tratta di 5 tonnellate di pane,
di cui una parte è recuperata grazie al Banco Alimentare.
In Gran Bretagna il pane raffermo
diventa birra, dopo una trasformazione, in Francia i supermercati
sono costretti a donare il pane invenduto.
Qui invece possono giocare coi resi e
ordinare più pane del necessario, tanto nessuno gli fa le pulci o
impone multe.
Affari di cuore di Giulio Valesini
Sono stati capaci anche di certificare
una retina per arance, i giornalisti del gruppo ICIJ: la giornalista
olandese ha convinto l'ente certificatore che quella retina poteva
essere impiantata nel corpo di una donna.
I dispositivo medici sono utili,
salvano vite, ma ci sono casi in cui la certificazione è arrivata
troppo presto: dietro ci sono grossi interessi delle multinazionali
che hanno comprato i brevetti e spessi questi non coincidono con
quelli dei pazienti.
Giulio Valesini assieme ai colleghi
Aldo Ciccolella e Simona Peluso hanno fatto un rigoroso lavoro di
indagine, partendo dalla convention di Monaco del'agosto 2018: a
fianco degli stand dei medici sono presenti anche gli sponsor e le
multinazionali.
Sono conferenze finanziate dalle
multinazionali, danno soldi agli organizzatori di questi incontri che
poi invitano i medici per mostrare i prodigi della tecnologia: tra
questo la Tavi, la valvola per curare la Stenosi, una malattia
frequente per gli over 70.
Con questa valvola si evita
l'operazione al cuore aperto: questa invece si inserisce con un
catetere, ma alcuni cardiologi hanno dei dubbi sulla sua durata.
Uno di questi, intervistato, ha
mostrato il caso di una Tavi ridotta male per la calcificazione: non
si conoscono ancora i suoi effetti nel lungo periodo.
In effetti nasceva come strumento per
pazienti anziani con bassa aspettativa di vita: ma oggi succede che
viene impiantata anche per sessantenni.
Il dottor Dvir, ha raccontato dei
problemi di questa valvola: meglio una valvola chirurgica se il
paziente ha cinquant'anni, ci sono ancora rischi nel lungo periodo
con la Tavi, come la trombosi, come il rischio degenerazione.
Il brevetto della prima valvola Tavi è
stato venduto per 125ml di dollari, dal dottor Leon: l'azienda è
stata ampiamente remunerata e Leon è stato tra i medici che hanno
approvato il brevetto, col rischio di una situazione da conflitto di
interessi.
Leon avrebbe preso finanziamenti da
delle multinazionali, ma la parola “conflitti di interesse” fa
sbottare il medico.
Studi analoghi in Europa hanno portato
a scoprire che il tasso di mortalità, con la TAVI è più alto nei
pazienti più giovani, rispetto a pazienti impiantati con valvole
normali.
Nel nostro paese tra il 2001 e il 2011
è stata impiantata in pazienti giovani: il medico Tamburino è stato
il primo ad impiantarla ma è anche medico che riceve soldi per
consulenze e per le sue ricerche.
Meglio queste ricerche che nessuna
ricerca, ha spiegato al giornalista: ma se poi i medici devono poi
certificare questi dispositivi (e non è il caso del dottor Tamburino) e ricevono finanziamenti, possono essere sereni nella loro scelta?
Ma un professore che è azionista e
investigatore del prodotto sarà sereno nella sua scelta?
Serve un incentivo economico per le ore
di lavoro e studio, non basta la salute del paziente, ammette il
cardiologo Colombo.
Altro medico in odore di conflitto di
interesse è il tedesco E. Grube, considerato un guru dalle
multinazionali (ha lavorato per la valvola comprata da Medtronic): al
giornalista ha parlato dell'importanza di entrare dentro i mercati
emergenti, quando un giorno le valvole non saranno più pagate dai
pazienti.
Grube ha promosso anche gli Stent della
Biosensor, di cui possedeva anche delle Stock options: argomento poco
gradito dal medico, stock options dentro i paradisi fiscali.
Il metodo è questo: il medico brevetta
un dispositivo, con dei suoi studi presentati a convegni, poi il
brevetto è comprato dalle multinazionali che poi pagano studi,
convegni e anche azioni.
Homo, homini lupus...
Certo, ci sono ricerche e studi che
sono benemeriti: servono a formare nuovi medici, a far circolare
nuove idee.
Ma il conflitto di interesse rischia di
trasformare il medico in un “opinion leader” il cui giudizio è
condizionato dall'azienda che lo sponsorizza: ci sono condizionamenti
economici e di carriera, anche in nostri ospedali.
A Tor Vergata si impiantano dispositivi
della Medtronic che ha fatto anche una donazione: nessun problema,
racconta il primario Romeo.
Che al giornalista ha detto di
conoscere il direttore di Rai3, il vicedirettore …
Ma non ha spiegato come mai si spinga
per la TAVI, che costa molto di più di una valvola normale e questo
costo ricade sul pubblico.
E non spiega come mai non ci fosse un
Heart team a gestire queste operazioni.
Il pacemaker della Saint Jude.
Il
Nanostim è un pacemaker senza fili, impiantabile velocemente con una
batteria che dveva durare 10 anni: un notevole passe in avanti
rispetto ai pacemaker tradizionali.
Nessuna
cicatrice, facile da mettere e da togliere: fu testato da delle
pecore, serviva la certificazione CEE per metterlo sul mercato ed è
arrivata in tre mesi su 33 pazienti.
Troppo
poco forse, secondo il dottor Pappone: succede che poi, nel 2014
iniziano i primi problemi, per la batteria che durava molto poco.
La St
Jude ha dovuto sospendere gli impianti nel 2016: le batterie si
scaricavano in fretta, troppo, mettendo a rischio la salute del
paziente.
Altri
problemi sul bottone che fissa il dispositivo, in Germania ci sono
stati due casi di morte, in Italia alcuni sono stati sostituiti,
affiancandoli con un pacemaker tradizionale.
Ma
come si ottiene la certificazione?
La
fretta di entrare nel mercato spinge forse le imprese a fare
pressioni e fare studi poco rigorosi?
Il
controllo non lo fa lo Stato, ma a diversi enti certificati, che a
volte sono anche soci in affari con le stesse multinazionali.
E fino
al 2017 non c'era nemmeno l'obbligo di dimostrare il beneficio del
brevetto: così sono stati approvati in Europa delle protesi che, in
America, non sarebbero state fatte passare, così ha raccontato il
direttore della FDA.
Sembra
che in Europa abbiamo fatto uno scambio, velocità in cambio della
sicurezza: l'azienda può scegliere il suo ente certificatore e non
c'è obbligo di trasparenza degli atti, né per il paziente né per i
giornalisti.
È un
sistema che era noto all'Unione Europea: servirebbe un ente pubblico
unico, che operi in modo trasparente come la FDA.
“Non
ha alcun senso in Europa” spiega Dario Pirovano, siamo 27 stati
membri: ma un device approvato in Europa ha il doppio della
probabilità di avere un richiamo, rispetto ad un prodotto approvato
in America.
In
Europa anche una retina può essere considerata dispositivi medico da
impiantare nelle donne, per prevenire il prolasso: è questo il
lavoro di Jet Schouten, giornalista olandese, che ha usato il
principio dell'equivalenza.
Ha
prodotto una documentazione di 121 pagine in cui si sono inserite
anche informazioni tecniche dove si evidenziavano i rischi delle
“retine”.
Ma gli
enti certificatori non hanno detto di no: li hanno trattati come soci
in affari, non come dei controllori.
Questo
spiegherebbe anche gli scandali avvenuti in Italia: le pompe di
insulina, le protesi che sono state sostituite..
E così
l'Europa ha deciso di creare un database per i dispositivi ma senza
trasparenza, per evitare che certi dati arrivino ai pazienti che poi
possono spaventarsi.
Sul
sito di Report e de l'Espresso è pubblicato un elenco dei
dispositivi medici fallati: sono dati pubblici che è bene che siano
consultati assieme al medico, che darà il supporto necessario.
Nessun commento:
Posta un commento