27 novembre 2018

Report – Affari di cuore

I dispositivi medici ci allungano la vita e spesso ci fanno vivere meglio, ma quanto sono sicuri?

La seconda inchiesta riguarderà invece i rischi legati all'emissione delle onde dei cellulari.



Ma prima, il servizio sul consumo di pane



Pane a rendere – di Giulia Presutti



Il mercato del pane vale 6 miliardi di pane ma i panificatori italiani rischiano di essere strozzati dalla grande distribuzione, che impone prezzi sempre più bassi: si rischia di perdere la diversità del pane e a far chiudere i panifici (possibile che anche loro si debbano fare intervistare di nascosto come dei pentiti?).

L'Antitrust sta indagando sulla posizione dominante dei supermercati.



Il servizio è partito con la storia della Panem, strozzata dalla grande distribuzione per le clausole che imponeva, per esempio sul pane invenduto che dovevano ritirare.

Il pane invenduto della Auchan per esempio doveva essere ritirato dal panettiere, che così rischia di avere solo perdite.

Eppure i panettieri, per la grande concorrenza, sono costretti ad aggrapparsi alla grande distribuzione ed accettare le condizioni del reso da Coop, Conad, Auchan..



La giornalista ha cercato di intervistare i responsabili di Conad, durante un evento pubblico ed è stata trattata peggio dei criminale: siete faziosi, fate solo accuse .. la risposta del responsabile comunicazione.



L'antitrust sta indagando sulle fattureemesse dai panettieri: i panettieri consegnano il pane fresco e si deve riprendere il pane avanzato, si tratta di 5 tonnellate di pane, di cui una parte è recuperata grazie al Banco Alimentare.



In Gran Bretagna il pane raffermo diventa birra, dopo una trasformazione, in Francia i supermercati sono costretti a donare il pane invenduto.

Qui invece possono giocare coi resi e ordinare più pane del necessario, tanto nessuno gli fa le pulci o impone multe.



Affari di cuore di Giulio Valesini



Sono stati capaci anche di certificare una retina per arance, i giornalisti del gruppo ICIJ: la giornalista olandese ha convinto l'ente certificatore che quella retina poteva essere impiantata nel corpo di una donna.

I dispositivo medici sono utili, salvano vite, ma ci sono casi in cui la certificazione è arrivata troppo presto: dietro ci sono grossi interessi delle multinazionali che hanno comprato i brevetti e spessi questi non coincidono con quelli dei pazienti.



Giulio Valesini assieme ai colleghi Aldo Ciccolella e Simona Peluso hanno fatto un rigoroso lavoro di indagine, partendo dalla convention di Monaco del'agosto 2018: a fianco degli stand dei medici sono presenti anche gli sponsor e le multinazionali.

Sono conferenze finanziate dalle multinazionali, danno soldi agli organizzatori di questi incontri che poi invitano i medici per mostrare i prodigi della tecnologia: tra questo la Tavi, la valvola per curare la Stenosi, una malattia frequente per gli over 70.

Con questa valvola si evita l'operazione al cuore aperto: questa invece si inserisce con un catetere, ma alcuni cardiologi hanno dei dubbi sulla sua durata.

Uno di questi, intervistato, ha mostrato il caso di una Tavi ridotta male per la calcificazione: non si conoscono ancora i suoi effetti nel lungo periodo.

In effetti nasceva come strumento per pazienti anziani con bassa aspettativa di vita: ma oggi succede che viene impiantata anche per sessantenni.



Il dottor Dvir, ha raccontato dei problemi di questa valvola: meglio una valvola chirurgica se il paziente ha cinquant'anni, ci sono ancora rischi nel lungo periodo con la Tavi, come la trombosi, come il rischio degenerazione.



Il brevetto della prima valvola Tavi è stato venduto per 125ml di dollari, dal dottor Leon: l'azienda è stata ampiamente remunerata e Leon è stato tra i medici che hanno approvato il brevetto, col rischio di una situazione da conflitto di interessi.

Leon avrebbe preso finanziamenti da delle multinazionali, ma la parola “conflitti di interesse” fa sbottare il medico.



Studi analoghi in Europa hanno portato a scoprire che il tasso di mortalità, con la TAVI è più alto nei pazienti più giovani, rispetto a pazienti impiantati con valvole normali.

Nel nostro paese tra il 2001 e il 2011 è stata impiantata in pazienti giovani: il medico Tamburino è stato il primo ad impiantarla ma è anche medico che riceve soldi per consulenze e per le sue ricerche.

Meglio queste ricerche che nessuna ricerca, ha spiegato al giornalista: ma se poi i medici devono poi certificare  questi dispositivi (e non è il caso del dottor Tamburino) e ricevono finanziamenti, possono essere sereni nella loro scelta?



Ma un professore che è azionista e investigatore del prodotto sarà sereno nella sua scelta?

Serve un incentivo economico per le ore di lavoro e studio, non basta la salute del paziente, ammette il cardiologo Colombo.

Altro medico in odore di conflitto di interesse è il tedesco E. Grube, considerato un guru dalle multinazionali (ha lavorato per la valvola comprata da Medtronic): al giornalista ha parlato dell'importanza di entrare dentro i mercati emergenti, quando un giorno le valvole non saranno più pagate dai pazienti.



Grube ha promosso anche gli Stent della Biosensor, di cui possedeva anche delle Stock options: argomento poco gradito dal medico, stock options dentro i paradisi fiscali.



Il metodo è questo: il medico brevetta un dispositivo, con dei suoi studi presentati a convegni, poi il brevetto è comprato dalle multinazionali che poi pagano studi, convegni e anche azioni.

Homo, homini lupus...



Certo, ci sono ricerche e studi che sono benemeriti: servono a formare nuovi medici, a far circolare nuove idee.

Ma il conflitto di interesse rischia di trasformare il medico in un “opinion leader” il cui giudizio è condizionato dall'azienda che lo sponsorizza: ci sono condizionamenti economici e di carriera, anche in nostri ospedali.



A Tor Vergata si impiantano dispositivi della Medtronic che ha fatto anche una donazione: nessun problema, racconta il primario Romeo.

Che al giornalista ha detto di conoscere il direttore di Rai3, il vicedirettore …

Ma non ha spiegato come mai si spinga per la TAVI, che costa molto di più di una valvola normale e questo costo ricade sul pubblico.

E non spiega come mai non ci fosse un Heart team a gestire queste operazioni.



Il pacemaker della Saint Jude.



Il Nanostim è un pacemaker senza fili, impiantabile velocemente con una batteria che dveva durare 10 anni: un notevole passe in avanti rispetto ai pacemaker tradizionali.

Nessuna cicatrice, facile da mettere e da togliere: fu testato da delle pecore, serviva la certificazione CEE per metterlo sul mercato ed è arrivata in tre mesi su 33 pazienti.

Troppo poco forse, secondo il dottor Pappone: succede che poi, nel 2014 iniziano i primi problemi, per la batteria che durava molto poco.

La St Jude ha dovuto sospendere gli impianti nel 2016: le batterie si scaricavano in fretta, troppo, mettendo a rischio la salute del paziente.

Altri problemi sul bottone che fissa il dispositivo, in Germania ci sono stati due casi di morte, in Italia alcuni sono stati sostituiti, affiancandoli con un pacemaker tradizionale.



Ma come si ottiene la certificazione?

La fretta di entrare nel mercato spinge forse le imprese a fare pressioni e fare studi poco rigorosi?

Il controllo non lo fa lo Stato, ma a diversi enti certificati, che a volte sono anche soci in affari con le stesse multinazionali.

E fino al 2017 non c'era nemmeno l'obbligo di dimostrare il beneficio del brevetto: così sono stati approvati in Europa delle protesi che, in America, non sarebbero state fatte passare, così ha raccontato il direttore della FDA.

Sembra che in Europa abbiamo fatto uno scambio, velocità in cambio della sicurezza: l'azienda può scegliere il suo ente certificatore e non c'è obbligo di trasparenza degli atti, né per il paziente né per i giornalisti.

È un sistema che era noto all'Unione Europea: servirebbe un ente pubblico unico, che operi in modo trasparente come la FDA.

Non ha alcun senso in Europa” spiega Dario Pirovano, siamo 27 stati membri: ma un device approvato in Europa ha il doppio della probabilità di avere un richiamo, rispetto ad un prodotto approvato in America.



In Europa anche una retina può essere considerata dispositivi medico da impiantare nelle donne, per prevenire il prolasso: è questo il lavoro di Jet Schouten, giornalista olandese, che ha usato il principio dell'equivalenza.

Ha prodotto una documentazione di 121 pagine in cui si sono inserite anche informazioni tecniche dove si evidenziavano i rischi delle “retine”.

Ma gli enti certificatori non hanno detto di no: li hanno trattati come soci in affari, non come dei controllori.



Questo spiegherebbe anche gli scandali avvenuti in Italia: le pompe di insulina, le protesi che sono state sostituite..

E così l'Europa ha deciso di creare un database per i dispositivi ma senza trasparenza, per evitare che certi dati arrivino ai pazienti che poi possono spaventarsi.



Sul sito di Report e de l'Espresso è pubblicato un elenco dei dispositivi medici fallati: sono dati pubblici che è bene che siano consultati assieme al medico, che darà il supporto necessario.






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