16 dicembre 2018

Il socialismo era meglio lasciarlo segreto

A Borgodivalle, un paesino sperduto in Calabria ad un passo dal mar Ionio, nell'autunno del 1924 il progresso arriva col treno, con la costruzione del ponte di ferro.
Ponte che è costruito da un gruppo di operai che la sera si ritrova nella locanda per mangiare un boccone al caldo. Per parlare del lavoro, dei funghi da cercare, della caccia, delle donne.
Ma non di politica. Anche se almeno uno di questi operai è pure socialista.
Ma in quel 1924, anno secondo dell'era fascista, è meglio stare attenti quando si parla di politica.
Già era difficile prima, ma ora. Il giugno di quell'anno una squadraccia fascista aveva rapito e picchiato a morto il deputato socialista Giacomo Matteotti, colpevole di aver denunciato a viso aperto le violenze e le violazioni delle passate elezioni.



Ad Agosto il cadavere del deputato socialista era stato scoperto, sotterrato sotto un sottile strato di terra in un bosco.
Prima di quel 10 giugno se sembrava che si potesse ancora ragionare di politica. Persino contestare il risultato delle elezioni di aprile, in occasione delle quali le squadre di Cesare Rossi avevano fatto volteggiare assai più di qualche manganellata per orientare al voto degl'incerti. Dopo 16 agosto, no. S'era fatto tutto più chiaro. Chiaro che i Dumini si sarebbero moltiplicati e affrancati da responsabilità. Anzi avrebbero preso a mostrare la loro inquietante presenza nei palazzi del potere dai quali, pur essendo omicidi e criminali, sarebbero stati lautamente stipendiati. Chiaro che anche i giornali, dopo il decreto di luglio, avrebbero raccontato soltanto favole belle, rischiando altrimenti sequestri e confische. E poi, l'idea politica di Onofrio non era una vera passione. Era piuttosto un trasporto, se così si può dire. Una simpatia. La caccia, quella sì, era passione, per lui. Per un'avventura di caccia ne avrebbe affrontati di sacrifici. L'idea socialista, invece, la poteva tenere segreta. Come una voglia di vino sulla pelle in un posto nascosto del corpo, come una famiglia di verruche sul petto un'altra cosa così. C'è ma non va mostrata. Figurarsi farne la propaganda. Della caccia si poteva parlarne. Di Bossoli, specchietti per allodole, polveri gelatinizzati e senza effetto di fumo, pallini e cartucce, sì. Certo che sì. Erano tempi quelli in cui contavano i sentimenti e comportamenti virili. La caccia, dunque, andava bene. E dopo la caccia, la cerca dei funghi, magari. E poi le donne. Oppure in ordine inverso. Ecco, sì. Questi erano argomenti da mettere in piazza. Il socialismo era meglio lasciarlo in segreto.[L'onore e il silenzio, di Gianni Mattencini - Rizzoli ]

Il romanzo di Gianni Mattencini non racconta solo di Matteotti, di fascismo: lungo la linea viene ritrovato il cadavere dell'ingegnere che doveva condurre i lavori, appena arrivato da Bari.
Un brutto omicidio su cui deve indagare il brigadiere Maisano, in un ambiente quasi ostile e selvaggio, chiedendosi chi e perché ha ucciso quell'uomo e poi in quel modo..
"Calabria, 1924. Il progresso ha il sapore del sangue".
Questa pagina, però, mi ha colpito, perché racconta di un clima, negli anni in cui venivano emanate le leggi fascistissime in cui regime metteva sotto controllo il Parlamento, la stampa, le opposizioni. Quelle che, dopo la morte di Matteotti, scelsero l'Aventino, diventando ancora di più irrilevanti.
Meglio non parlare di politica, meglio non manifestare le proprie idee. 
Potrebbe succedere anche oggi.

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