Chi ha messo una microspia nell'ufficio del revisore dei conti in Vaticano? Come mai Crisanti non lavora più nella sanità veneta? Chi sono quei politici che stanno in due partiti prendendo due volte il 2xmille?
Il doppio due per mille di Luca Chianca
A chi danno il 2xmille gli elettori della Lega? Alla vecchia Lega o alla nuova?
La vecchia Lega nord, anche se non si presenta alle elezioni, continuerà a prendere soldi perché è sufficiente che qualche rappresentante eletto si dichiari vicino alla lega di Bossi.
Lo ha ammesso il commissario della commissione che verifica lo statuto dei partiti, Amedeo Federici, consapevole che le domande di Report lo avrebbero portato in un ginepraio.
E' come se ci fosse una newco, la lega per Salvini premier e poi una bad company, che ha in pancia i 49ml da restituire allo Stato. Ma entrambe percepiscono il 2xmille, sebbene la vecchia Lega non abbia agibilità politica e non si presenta alle elezioni.
Se nessuno vota la vecchia Lega come mai prende ancora il 2 per mille? I due partiti sono stati messi in piedi per la truffa dei 49 ml da restituire, per i finti rimborsi elettorali: la procura di Genova non è riuscita a trovare i soldi nelle leghe locali, per una serie di contenzioni sorti sul territorio, e così si è deciso di fare questo accordo, per cui i 49ml saranno restituiti in 70 anni.
I membri della vecchia Lega nord sono pochi, tra questi Giovanni Fava: aveva chiesto di poter usare il simbolo del partito alle elezioni locali a Igor Iezzi, commissario della Lega indicato da Salvini. Ma ha ricevuto un no come risposta: la vecchia Lega non potrà presentare liste nei comuni, nessuna agibilità politica: è un partito tenuto in piedi solo per prendere i soldi pubblici da ridare allo stato per una truffa sui soldi pubblici.
Una doppia truffa e una beffa alla procura, ma purtroppo rispettando le leggi: una storia paradossale ma legittima, spiega Federici, presidente della commissione che certifica gli statuti dei partiti (e così prendere il 2xmille).
Se la Lega decidesse di non pagare, nemmeno ci si potrebbe rifare sulla Lega di Salvini, che pure raccoglie il suo 2xmille dal 2018, sono 7ml di euro, un bel gruzzolo.
La Lega di Salvini ha una bella liquidità che potrebbero essere dati allo Stato, ma forse – commentava ironicamente il consulente di Report Bellavia - la lega di Salvini non ha nulla a che fare con la lega di Bossi.
Una bella confusione, tanto che molti eurodeputati nemmeno sanno se sono stati eletti da una parte o dall'altra. E anche il simbolo di Alberto da Giussano, appare e scompare a seconda della convenienza: sul sito che raccoglie il 2xmille per esempio lo mette in bella mostra.
Le due leghe hanno due statuti dove si fa divieto di far parte di due partiti diversi: ma Iezzi, Fontana, Centemero e Calderoli fanno parte delle due Leghe.
Tutto regolare? Beh, il presidente Federici non può controllare, non ha poteri di polizia: “lo chieda al legislatore .. ”
E chi sarà mai questo legislatore?
La cimice nella stanza del revisore del papa
I magazzini Harrod's sono il simbolo di uno degli investimenti più opachi della santa sede: oggi non vale più di 290 ml di euro e fu pagato 400ml di euro.
Il palazzo di Londra è stato gestito dal broker Fincione, nel passato si era occupato delle pensioni di Enasarco: nel 2013 fu chiamato dal Vaticano e dalla segreteria di Stato per gestire i suoi fondi, soldi usati per le scalate bancarie.
Le voci su questo investimento arrivano al papa, che mette un uomo di fiducia per sbrogliare la matassa, fa dimettere dalla segreteria di Stato il cardinale Becciu ma lasciando al loro posto alcuni collaboratori dell'ex sostituto segretario (come Perlasca, Tirabassi).
Nella scorsa puntata di Report attorno a questa vicenda era emersa anche una storia di ricatti, messa in piedi da Tirabassi (un funzionario laico), capace di influenzare le scelte dei preti in Vaticano grazie a video compromettenti e ottenere così commissioni milionarie fatte passare attraverso società offshore.
Monsignor Perlasca, collaboratore di Becciu, aveva paura di dover giustificare l'investimento di Londra a Libero Milone (ex presidente di Deloitte Italia, che aveva gestito dossier delicati come quelli di Parmalat e Fiat), nominato dal papa revisore generale della Santa Sede (e anche gli investimenti della segreteria di Stato di Becciu), che proprio nel 2015 aveva iniziato a ficcare il naso negli investimenti a Londra del Vaticano
“ho visto dei documenti contabili che dicevano che c'erano investimenti a Londra, allora ho chiesto i documenti che non mi sono mai stati dati ”
Milone chiede un incontro coi vertici della segreteria di Stato e coi collaboratori laici, ma furono sempre stati “rimbalzati”. Milone scopre anche che i soldi della donazione finiscono anche in conti correnti del responsabile dell'ente, un errore, gli fu detto.
Il santo padre chiese di indagare anche sull'AFSA, l'ente che gestisce gli immobili: anche qui furono trovati documenti di investimenti rischiosi.
Il Vaticano si è sempre opposto alla pillola del giorno dopo, ha sempre fatto pressioni sui farmacisti affinché facessero obiezione: suona strano allora che il Vaticano e Afsa abbia investito in società farmaceutiche come la Sandoz, che quelle pillole le produce.
Un paradosso incredibile del Vaticano, segnalato dall'ufficio di Milone al papa e alla fine le quote furono vendute.
Dopo pochi mesi l'ufficio di Milone subisce una intrusione, anticipata dall'uomo degli intrighi, Luigi Bisignani: qualcuno entrò nel suo ufficio senza fare nessuna infrazione, e aveva installato un malware per trasferire documenti verso l'esterno.
Chi era entrato aveva le chiavi e non si era occupato solo di pc, ma aveva installato anche una microspia: chi l'aveva messo era interessato alle segnalazioni anonime che riceveva, come quella che parlava di Becciu e dei contributi non versati all'inps.
Questo foglio di carta con la segnalazione su Becciu fu depositata nell'archivio nell'ufficio di Milone, ma dopo qualche mese il cardinale convocò proprio Milone contestandogli quel pezzo di carta, che non avrebbe dovuto conoscere, accusandolo di averlo usato fare dossieraggio.
Libero Milone subisce una perquisizione dell'ufficio da parte della gendarmeria, viene interrogato per ore con l'accusa di dossieraggio, di peculato e così Milone e il suo aggiunto furono costretti alle dimissioni.
Cosa ancora più strana, Milone dovette firmare una lettera di dimissioni retrodatata, con la minaccia di rivelare alla stampa e alla famiglia dell'accusa di peculato.
Chi ha messo la microspia nell'ufficio di Milone? Chi aveva timore del revisore indipendente, che stava “ficcando il naso” negli investimenti della segreteria di Stato, come il palazzo di Londra?
Milone è una delle ultime vittime tra i revisori che hanno cercato di fare luce sui conti del Vaticano: già nel 2010 Ratzinger aveva incaricato il cardinale Nicora di mettere in piedi una struttura di controllo in Vaticano, l'AIF, la prima struttura anti riciclaggio, con a capo un ex funzionario della banca d'Italia, De Pasquale.
Il Vaticano stava infatti finendo nella lista dei paesi pirata: ma il direttore dello IOR mise dei paletti all'AIF, che non poteva indagare sulle operazioni antecedenti alla sua istituzione.
Altri paletti furono messi dalla segreteria di Stato che riscrisse il codice dell'AIF nel 2012, facendo dei passi indietro: la segreteria mise sotto controllo di monsignor Balestrero l'azione dell'AIF in Europa, poi finito sotto indagine per riciclaggio.
La riforma voluta da Ratzinger fu così depotenziata che fino alla fine del 2017 non esisteva in Vaticano alcun processo per riciclaggio: primo perché le norme per contrastarlo erano troppo complesse da applicare, e poi perché la segreteria di Stato ha sempre cercato di sottrarsi al controllo dell'AIF.
Tra i flussi di denaro che non dovevano arrivare al controllo dell'AIF erano quelli che passavano attraverso l'ambasciata iraniana: il giornalista di Report è venuto in possesso di un documento del 2011 in cui la segreteria di Stato vaticana autorizzata l'ambasciata dell'Iran a depositare in contanti il denaro presso il loro conto allo IOR e poi a far uscire i soldi tramite bonifico. Un'autorizzazione inusuale che, tecnicamente, consente di fare riciclaggio di denaro sporco. E poi, come mai questa autorizzazione dall'ambasciata?
In Italia l'ambasciata iraniana queste operazioni non può farle, sarebbero segnalate immediatamente alle autorità competenti.
Il cardinal Nicora viene sostituito da un avvocato svizzero, ex consulente della segreteria vaticana, un uomo legato al dipartimento di stato americano.
Al posto di Di Pasquale il genero dell'ex presidente della banca d'Italia Fazio, de Ruzza, oggi indagato per la vicenda dell'investimento londinese.
L'indipendenza dei revisori, come l'indipendenza dei controllori, degli scienziati, non è sempre una dote apprezzata.
La seconda ondata della pandemia in Veneto
Quella del dossier del dottor Crisanti ricorda la storia del ricercatore dell'Oms Zambon: anche qui c'è un documento che non deve veder la luce perché metterebbe in imbarazzo chi è al potere.
Crisanti aveva gestito la prima ondata del covid in Veneta: testare coi tamponi e tracciare, il modello Vo Euganeo, un modello celebrato in tutto il mondo.
Durante la seconda ondata le cose si sono messe male: è successo in Veneto quello che era successo in Lombardia a Bergamo.
La regione ha deciso di scaricare Crisanti, per dimostrare che era solo merito loro la buona gestione in regione: rispetto alla media nazionale, qui ci sono stati più deceduti e più ricoveri.
Duemila decessi in più perché?
Colpa della folata di vento fuori dal comune, un virus con una sintomatologia più aggressiva, ha cercato di spiegare il presidente Zaia. Ma era cambiata la strategia della regione che ha investito molto nei tamponi rapidi, che era il test di riferimento anche nelle strutture per anziani.
Così le RSA si sono trasformate in focolai, dopo che diversi test rapidi si sono rivelati falsi negativi: ogni 4 giorni il test molecolare non si può fare – si è giustificato Zaia.
Eppure Crisanti aveva fatto uno studio sull'efficacia dei tamponi rapidi dell'azienda Abbott, scoprendo che fallivano nel 30% dei casi.
Il direttore della sanità Flor spiega che non c'era una autorizzazione per fare quello studio e che quello studio non esiste: ma lo studio esisteeccome , Crisanti lo aveva inviato proprio a Flor su input dell'unità di crisi dell'ospedale di Padova.
Ma i due primari che aveva chiesto lo studio prima smentiscono il lavoro di Crisanti perché – racconta Report – avevano subito delle minacce dal direttore generale Flor (“siamo stati presi per il collo”).
A microfono spento, Luciano Flor, spiega ha bloccato lo studio di Crisanti sui tamponi: “Detto inter nos la ditta ci fa causa quindi meglio dire lo studio non c’è. Cazzo, glielo dico sette volte e non capisce…” dice di Crisanti.
“Ora lui, cazzo, è un puro. È un ingenuo. Non riesce a star zitto”.
Meglio essere ingenui come Crisanti oppure dei cinici calcolatori come questi dirigenti della sanità? Chi è indipendente e puro non è governabile, poteva mettere in crisi la strategia della sanità veneta, quella dei tamponi rapidi.
La regione è rimasta in zona gialla, nonostante i morti nelle RSA e nonostante l'occupazione dei posti negli ospedali: nessun lockdown è stato fatto in regione, il virus ha così potuto circolare bene di paese in paese, di famiglia in famiglia.
L'istituzione di una zona rossa quante persone avrebbe salvato? Negli ospedali e nelle RSA anche: i medici avevano lanciato il grido d'allarme a novembre e dicembre.
Avevano chiesto l'aiuto all'ex senatrice Laura Puppato, ex medico, questi medici: la senatrice denuncia la situazione negli ospedali nel trevigiano, come nell'ospedale di Montebelluna.
Arrivò così una ispezione, annunciata da una settimana, che non rilevò nulla: anche qui c'è un giallo, perché si parla di alcuni pazienti spostati e di alcuni medici spostati per abbellire la situazione, prima dell'ispezione.
Il dissenso (contro la regione Veneto che era rimasta in zona gialla) non è amato in regione Veneto (come in altre regioni): se ti esponi mediaticamente vieni fucilato immediatamente – racconta un medico in anonimo, ha paura di denunciare anche il presidente dell'Associazione medici di base.
La regione ha dichiarato mille posti letto in terapia intensiva, un numero che le ha consentito di rimanere in zona gialla: ma erano numeri contestati, numeri gonfiati, perché non erano posti reali, non c'era un numero di anestesisti a sufficienza.
Colpa dell'ISS, ha spiegato Flor, che ha ricevuto i dati della regione Veneto e ha applicato solo l'algoritmo.
Come mai se la regione Veneto è così brava a tracciare (fino all'85% diceva Zaia), non è stata capace di bloccare l'infezione?
Il giornalista di Report ha raccontato storie di diversi cittadini secondo cui il tracciamento è saltato in regione a novembre, riportando tante storie di infetti che non sono mai state contattate per risalire ai contatti.
Non solo, per un certo periodo la regione non inviò i dati all'ISS, perché era in corso la migrazione dei sistemi: anche qui, stranamente, l'ISS lasciò la regione in zona gialla.
Altra stranezza è quella degli asintomatici: i tracciatori avevano notato un inghippo nella procedura di inserimento dati, per cui le persone venivano inserite in default come asintomatiche (il dato era precompilato). Il sintomo era uno dei fattori che indicava se il sistema sanitario poteva reggere, le strutture sanitarie non sono sotto pressione: un problema tecnico, ammette la dirigente della regione Veneto.
A novembre in Veneto gli asintomatici erano il 95%, dato riportato dalla regione, mentre in Italia il dato medio era al 60%.
In Sicilia, come racconta il servizio di Walter Molino, si è arrivati al cinismo di voler spalmare i morti, per abbellire i numeri e salvaguardare l'economia di una regione.
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