Notte di luna
L'uomo delle affissioni comunali sputa per terra e si orbisce con l'avambaccio libero, il sinistro. Col braccio destro regge il secchio della colla e stringe sotto l'ascella un lungo rotolo di carta. Mugugna qualcosa, forse impreca contro quella smisurata gigantografia che si appresta ad incollare sul cartellone con maestria da attacchino professionista.
[..] Con una manovra che rivela tutto il suo mestiere intinge la pennellessa nella colla e la fa scivolare sotto un manifesto della gigantografia, quello in alto a sinistra. Un colpo preciso ed è disteso sul cartellone come un tappeto
CINQUE PALLOTT
Complice l'uscita di questa raccolta di gialli, per La Gazzetta dello sport, ho letto questo romanzo dello scrittore genovese Bruno Morchio con l'investigatore Bacci Pagano: primo dal punto di vista cronologico, perché in realtà scritto successivamente a Maccaia, il primo in assoluto.
Questo “Una storia da Carruggi” stata una sorpresa perché, avendo letto gli ultimi romanzi col suo investigatore genovese, qui lo stile narrativo è molto diverso: tanto più nei suoi ultimi la sua scrittura è asciutta e tipicamente noir, quanto in questo lo stile è molto più descrittivo (col rischio di appesantire leggermente la lettura).
La mia impressione, da lettore, è che in questa storia ci sia dentro molto di personale dello scrittore genovese: si parla del periodo post nuovo millennio, quando il neoliberismo selvaggio cavalcava l’economia mondiale, senza che nessuno si ponesse alcun problema di controllare i mercati prima che prendessero il posto delle democrazie, che sarebbero diventate come oggi tristemente scopriamo, luoghi svuotati da ogni potere.
Sono gli anni del governo Berlusconi, tornato al governo con l’obiettivo di salvarsi dai processi e di continuare a farsi i suoi affari sulle spalle dei cittadini italiani.
Passa per un vero democratico, un liberale fino al sacrificio, avallando l’idea che la libertà è una concessione del padrone e non un diritto di tutti.
Il G8 di Genova era ancora una ferita aperta, con quell’assaggio di “sudamerica” (intesa come privazione di tutti i diritti civili) che fu per molti genovesi e per molti cittadini democratici un brutto risveglio. Benvenuti nel nuovo millennio!
Il racconto comincia
con un cartello fatto appendere da una radio privata sui muri di
Genova: c’è scritto “CINQUE PALLOTTOLE PER RIPULIRE
L’ITALIA”. A chi sparereste, tra politici imprenditori e
affini per pulire il paese?
Quello di questa radio, Radio Baba
Yaga, gestita da un reduce degli anni settanta e della contestazione
è un modo leggermente populista per affrontare il tema del
livellamento al ribasso della classe dirigente.
Ma a Bacci Pagano,
che si muove con la sua Vespa 200PX per le strade spazzate dal freddo
vento invernale, tutto questo per il momento non interessa.
Sta
seguendo un caso che gli è stato assegnato da donna Assunta
Pellegrini, famiglia di vecchi imprenditori, che vuole controllare la
fidanzata del figlio, Alma, che frequenta un po’ troppo un
professore che lavora per la concorrenza, Alberto Losurdo.
A Bacci Pagano, che sulle spalle ha cinque anni di carcere per l’accusa, infondata di terrorismo, un matrimonio finito male, le storie di corna non interessano.
Ma questa vicenda si rivelerà qualcosa di più, e di peggio.
Ma anche la storia del cartellone con le cinque pallottole, che ben presto gli ascoltatori della radio dedicano ad un noto personaggio politico dell’epoca, diventa qualcosa di più.
Un ladro è entrato nella radio e ha rubato la carabina posseduta dal direttore Lagrange, che Bacci Pagano ha già inquadrato per il suo essere narcisista. Della vicenda se ne occupa la Digos, comandata da un dirigente che vede comunisti dappertutto (come quel personaggio politico di cui sopra).
Prima che qualcuno si faccia del male, usando quella carabina e scaricando le colpe sulla radio comunista e magari tirando di mezzo anche lui stesso, Bacci Pagano viene ingaggiato per un secondo incarico: deve cercare di capire chi ci sia dietro questo furto.
Il rampollo di una famiglia della borghesia genovese con una fidanzata “focosa” e una vicenda che puzza di servizi e di menti raffinatissime con al centro una carabina: nella sua indagine Bacci Pagano si muoverà nei suoi Carruggi, “un luogo dove vive l’umanità più sciroccata della città”, dove verrà aiutato dalla sua rete di informatori, tra cui Gegè, un cieco che è anche la memoria della città vecchia e nuova. E poi una ragazza che viene dalla Costa d’Avorio, costretta a far la prostituta dalle persone che l’hanno portata in Italia.
L’investigatore e
la prostituta, due che in fondo fanno lo stesso lavoro, “tutti e
due razzoliamo nel retrobottega della gente perbene…”.
Effettivamente
dietro il furto della carabina c’è una vecchia conoscenza, lo
“zoppo”: l’idea su quale sia il piano di questo personaggio,
nella zona grigia dove i servizi pescano la manovalanza per le
operazioni sporche, arriva a Bacci Pagano sotto forma di sogno. Un
manichino, un carretto siciliano portato da due uomini con la coppola
e un colpo ad abbattere l’uomo di plastica.
Anche la
prima inchiesta, quella su Pellegrini Junior e la fidanzata, lo porta
dentro quel mondo dell’economia dove girano tanti soldi e poche
regole di trasparenza, come vuol d’altronde il nuovo modello
economico mondiale. Un modello dentro cui le mafie si trovano a
proprio agio e che costringerà Bacci Pagano a dove impugnare la sua
pistola e sparare.
Mentre mi sollevano come un manichino marcio e mi trascinano fuori dal garage, è un altro l’odore che mi fa venire voglia di piangere o di vomitare. Inconfondibile. Quasi familiare. Quello che sento è odore di sudamerica.
Il G8 non è stato un caso isolato e nella polizia non sono solo poche mele marce quelle che considerano la divisa come una sorta di immunità per sfogarsi contro gli ultimi, le zecche, i comunisti. O gli investigatori privati che si mettono in mezzo nelle loro indagini, anche nelle loro azioni sporche. Ma per fortuna non tutta la polizia è così: non è così il capo della Mobile, il commissario Pertusiello a cui Bacci Pagano ha dato anche una mano in diverse occasioni.
C’è l’indagine, sulla guerra commerciale tra due aziende dietro cui girano troppi soldi e dove si intravede il ruolo della nuova mafia. E l’indagine su questa carabina che sta per sparare all’uomo più potente d’Italia.
Ma sullo sfondo c’è Genova, non solo la zona dei Carruggi, che visiterete coi vostri occhi portati dalla lettura delle pagine, ma anche quella che andava via via trasformandosi per la speculazione immobiliare che cacciava via dal centro gli ultimi.
C’è tanta denuncia sociale in questo libro, molto “politico”:
«Io non sono nessuno. Questo delinquente ha ragione. Sono un morto di fame che sbarca il lunario razzolando nella rumenta. E sopravvivo mangiando la vostra merda. Ma i morti che porto sulla coscienza sono tutti criminali che stavano per spararmi addosso».
Si
parla di temi quanto mai attuale anche oggi, la prevalenza
dell’economia sui diritti sociali, sulle regole della democrazia,
che deve essere svuotata dalle regole che frenano le imprese:
«Oggi è il potere economico a dettare le regole. E le decisioni dell’economia non spettano certo ai Parlamenti nazionali. Questi sono chiamati a ratificare grandi opzioni di livello globale, assunte da persone che non occupano alcun incarico elettivo. Inoltre c’è nel mondo una resistenza ottusa a tutto questo. Per questo una guerra è inevitabile. [..] Tante guerre locali per evitare una guerra globale che farebbe terra bruciata di duemila anni di storia».
La scheda del libro sul sito dell'editore Frilli e il link sul sito della Gazzetta (della serie Noir Italia)
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