28 luglio 2023

Il tradimento è delitto di Leonardo Palmisano

 


Tre anni prima

Il suo tempo stava finendo. Non era l’acqua gelida a togliergli il fiato, ma il pensiero che dagli abissi non sarebbe tornato. Crepare non se l’era immaginato così. Provò a muovere i piedi incassati tra gli scogli ma li sentì pesanti e desistette quasi subito. La corda alle caviglie gli prudeva. Anche le alghe lo solleticavano e un mocassino si staccò per risalire a galla

Non sai mai, arrivati alla fine dei romanzi di Leonardo Palmisano dove sta il confine tra romanzo e realtà. Tra quanto l’autore ha preso dalla cronaca, dalla sua conoscenza personale della criminalità organizzata in Puglia e nel sud d’Italia e quando invece sia frutto della sua fantasia. Fatto sta che, anche in quest’ultimo “Il tradimento è delitto” si rimane con una strana sensazione: il piacere di una lettura scorrevole, con dei personaggi dal carattere ben spiccato, ma anche il comprendere quando estesa e ramificata sia la rete delle organizzazioni criminali nel nostro paese, quando sia esteso il loro controllo sul territorio, sulle attività commerciali, nel mondo dell’imprenditoria.

Quanto sia labile il confine tra istituzioni e criminalità e quando sia difficile distinguere il bene dal male.

Nel prologo leggiamo di un uomo nei suoi ultimi istanti di vita, mentre sta morendo nelle acque poco lontane dalla riva. Ancora non sappiamo perché, cosa abbia fatto, se sia un suicidio. Ma ci arriveremo, alla fine, con qualche colpo di scena.

Ritroviamo anche in questo libro, ambientato nella Puglia, tra Bari, Laureto, Fasano, i protagonisti della serie a cominciare dal “bandito” Carlo Mazzacani, ultimo dei sopravvissuti della banda dei Santi, assieme al suo vice, il “gigante” Luigi Mascione.

Uno

Il bandito Mazzacani si alzò dal letto mentre Angela Savino, la sua agente immobiliare, si stava svegliando. Il bandito si grattò la pelata e si lisciò un baffo, come suo solito, poi indossò un orologio d’oro, infilò un paio di jeans e si assicurò alla cintola la Colt Python con impugnatura in madreperla..

Dopo che la loro banda fu liquidata dai sacristi, sono diventati una sorta di cani sciolti, nel mezzo delle guerre tra i clan rivali, le famiglie baresi contro i salentini, nel mezzo anche tra criminalità e le istituzioni, rappresentate dalla procuratrice capo della Direzione Regionale Antimafia di Puglia, la Drap, Teresa Buonamica.

Strano rapporto, quello tra il “bandito”, un cane sciolto nel mondo della criminalità, e la procuratrice: nel passato Mazzacani l’ha aiutata a modo suo in qualche caso, anche per fare pulizia di qualche mela marcia nello Stato. Vorrebbe tanto smetterla quella carriera di bandito, magari dedicarsi a qualcosa di pulito. Ma sembra destino che ogni volta debba andare ad infilarsi dentro qualche brutta e pericolosa storia.
Questo volta gli toccherà indagare su un suicidio avvenuto tre anni prima: si tratta di Riccardo Savino, il fratello dell’agente immobiliare con cui sta trattando l’acquisto di un vecchio castello (e con cui ha tradito Isabella Uda, la sorella di un suo amico, bandito dell’anonima sarda).

Secondo Angela, la sorella, Riccardo non si sarebbe mai ucciso: lavorava in una banca, era bravo a far soldi coi suoi investimenti. A lei ha scritto una lettera d’addio, dove parla di qualcuno che gli aveva affidato dei soldi, un qualcuno di cui avrebbe tradito la fiducia..

È stato mio zio a dirmi di cercarti, perché la pensa come me”, rispose la Savino. “Mio fratello è stato ucciso.”

Tuo zio è ’nu capo contrabbandiere.”

Un impiegato morto in mare tre anni prima, cresciuto da un contrabbandiere finito in disgrazia anni prima, una banca chiacchierata. E una donna che chiede ad un “bandito” di trovare chi gli ha ucciso il fratello. Non c’è molto per iniziare un’indagine, per capire se sia stato veramente un omicidio o meno, anche se qualcosa che non torna c’è: come mai Riccardo non aveva accettato il trasferimento vicino casa? Come mai la polizia ha archiviato così in fretta il caso? Tra l’altro ad occuparsene era stato proprio quel Curiale, ex capo della Dia, anche lui, come la banca, un poliziotto molto chiacchierato.

Mazzacani comprese che il ritrovamento del bancario doveva aver messo in subbuglio la cupola sacrista, soprattutto il più alto in capo, Antonio De Guido, nemico giurato dei baresi.

Più entra dentro questa storia, più Mazzacani inizia a mettere assieme i pezzi di una storia molto più complessa e pericolosa. Dietro quel morto ci sono milioni di euro appartenenti ai clan che dovevano passare per la banca per essere puliti e che sono spariti. Potrebbe scoppiare la guerra tra i due clan rivali, il capo della sacra corona unita, De Guido, e il suo rivale, Senese, legato alle famiglie di Bari.
Pur essendo un criminale pure lui, Mazzacani ha delle regole che tra i sacristi, tra i trafficanti di droga, tra questi nuovi criminali capaci di guardare oltre i confini, di “mettere a servizio” le loro competenze criminali, sono state superate:

Tengu nu pensiero, gigante beddhu. Noi teniamo tutto. L’alberi la vita, ma non ci basta. Santu core, non ci basta mai nienti.”

Vale anche per te questa regola?”
Mazzacani si lasciò scappare uno sbadiglio e una sentenza: “Pe’ tutti, vale. Pe’ tutti quelli che stipano lu fueco inthr’a lu sangue”.

Anche dall’altro lato del muro, dentro lo Stato, c’è una persona a cui non sono sfuggite queste indagini di Mazzacani e a cui appaiono chiare fin da subito le possibili relazioni: si tratta della procuratrice del Drap. Come Mazzacani teme la calma apparente tra i clan, che proprio questa indagine, scomoda per tanti boss, potrebbe scuotere: non è solo questo, a preoccupare la dottoressa Buonamica sono le relazioni tra i clan e questa banca, relazioni che erano arrivate fino alla banca d’Italia e all’UIF, secondo il principio del follow the money ..

La task force dell’Ufficio Informazioni Finanziarie allertava da tempo il governo italiano sulla quantità di denaro che i clan albanesi di Saranda infilavano in alcune banche pugliesi.

Al “bandito” Mazzacani servirà una strategia acuta per non far esplodere questa guerra, che vorrebbe dire tanti morti ammazzati per le strade: si ispirerà al protagonista di “Per un pugno di dollare” di Sergio Leone o al Samurai di Kirosawa, vedete voi.

Avrà trionfato la giustizia? Forse.

Si legge senza mai voler smettere, pagina dopo pagina, fino alle rivelazioni finali che raccontano di questo intreccio tra finanza, malavita internazionale e i clan che controllano il territorio.

Un intreccio che è come le spire di un serpente che avvolge e stritola il paese, le persone.

La scheda del libro sul sito di Fandango

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


Nessun commento: