02 luglio 2023

Le grida degli innocenti di Alessandro Bongiorni

 


Milano 8 maggio 2015 Appoggiò il borsone sul letto e cominciò a riempirlo. Infilò i vestiti alla rinfusa. Un paio di jeans, dei pantaloni kaki, qualche maglietta, tre camicie a maniche corte, una giacca di pelle made in China, una felpa col cappuccio e della biancheria intima. Ogni volta sempre gli stessi indumenti, come in una liturgia stanca: piccole scaramanzie.

Abbiamo conosciuto Robin Rossi nel romanzo, duro e cattivo, Favola per rinnegati di Alessandro Bongiorni, dove compariva come sorvegliante di un cantiere. Non era il suo lavoro: Robin è stato una leggenda nei carabinieri, era l’undercover più bravo, quello capace meglio di altri di interpretare ogni volta un ruolo nuovo, per infiltrarsi dentro le organizzazioni criminali.
Ma questo è un lavoro che non si può fare per sempre: a Robin, chiamato anche l’Arciere, è successo dopo l’ultima operazione come infiltrato in una banda di trafficanti di droga in Afghanistan. Troppa violenza, troppo male, che ti entra dentro e non ti si stacca più.

In questo breve racconto ci viene raccontata la storia della penultima missione dell’Arciere o, forse, sarebbe meglio dire dell’ennesima ultima missione per il maresciallo Robin Rossi.

Perché ogni volta si diceva che quella era l’ultima volta, che doveva smetterla quella vita, lontano per mesi dalla famiglia. Dalla moglie Rebecca stanca di doverlo salutare ogni volta con la paura di non vederlo più tornare. Dal figlio Michele: non è vero che i figli non le capiscono le tensioni nei genitori, le percepiscono eccome sulla loro pelle, pagandone anche loro le conseguenze.

«Comincia a occuparti della tua famiglia» insisté Valenza. «È un buon modo per rimettersi in sesto.»
«Faccio questa cosa e poi chiudo. Promesso.»
«Hai detto così anche la volta scorsa.»

Anche questa penultima missione avrebbe dovuto essere l’ultima: gliene aveva parlato il capitano Valenza, il suo superiore. L’anno precedente a Lampedusa c’era stata l’ennesima tragedia sul mare: una carretta carica di disperati era affondata davanti Lampedusa. Attorno a quelle morti, c’era stato l’ennesimo sciacallaggio politica da parte delle opposizioni, c’erano state le solite lacrime di coccodrillo da parte dei vertici delle istituzioni europee. Il governo, per uscire da un momento di difficoltà, aveva bisogno di un arresto eccellente:

L’obiettivo della missione si chiamava Yonny Girmay, etiope, sui trent’anni. Da quanto diceva un rapporto dei Servizi, Girmay era uno dei più importanti trafficanti di esseri umani attivi in Libia.

L’ultima missione e poi basta, lo giuro.

L’Arciere parte così per la Libia, con la copertura di un personaggio inventato, in una terra contesa tra le bande di criminali e l’Isis, con a est un governo riconosciuto dall’Italia e a ovest il governo islamista di Tripoli. Ma per mettersi in contatto coi trafficanti di esseri umani l’Arciere dovrà ancora una volta superare quel confine che separa l’uomo dal criminale, mettendo da parte tutti gli scrupoli, tenendosi dentro tutte le emozioni. Nessuno scrupolo di fronte ai lager dove sono tenuti uomini e donne in attesa del viaggio della speranza verso l’Italia. Nessuno scrupolo per quelle persone stipate dentro i gommoni, anche quando sai che andranno a fondo, non hanno nessuna speranza di salvarsi.

Un orrore che avviene sotto gli occhi dei militari libici, di quella guardia costiera che noi occidentali, noi italiani, abbiamo finanziato.

Rebecca e Michele: l’unica cosa che aveva. Non aveva altro che la prospettiva di loro due, fermo in quel porticciolo, in un Paese in guerra, in mezzo a gente senza scrupoli con cui flirtava per un Bene Superiore.
Rebecca diceva che in lui quel Bene Superiore non c’era più da un pezzo.

È la speranza di lavorare per un bene superiore quella che ti salva, quella che ti consente di attraversare quel confine tra bene e male e sperare poi di tornare indietro tutto intero, nel corpo e nella mente.
Ma l’Arciere sa che sta mentendo a sé stesso, sa che quel male è come un veleno: non ci si può abituare alle grida degli innocenti, quelle dei disperati rinchiusi nei lager, richieste di aiuto, di donne soprattutto, violentate dai carcerieri libici.
Forse era per loro, per queste vittime senza nome, persone nate nella parte sbagliata del mondo, che l’Arciere ha accettato tutti quegli incarichi, quelle operazioni sotto copertura, fino a questa in Libia: per quegli innocenti che non era riuscito a salvare, “per le loro grida inascoltate.”

Ma fino a quando l’Arciere riuscirà a sopportare queste grida?

Questo racconto nasce da un episodio di cronaca che l’autore riporta a fine libro: la cattura del trafficante etiope Ermias Ghermay

Immigrazione, è un etiope il capo dei trafficanti di esseri umani dalla Libia A rivelarlo una inchiesta della giornalista britannica di Sky News, Alex Crawford. Ghermay sarebbe coinvolto nell'affondamento di un nave con 366 disperati a bordo a largo di Lampedusa nell'ottobre del 2013. Ieri nuova tragedia dell'immigrazione al largo delle coste libiche. Il racconto dei supersiti: 40 morti.

Se il personaggio, uno spin-off dal romanzo Favola per rinnegati, è inventato, non lo è il racconto del traffico di esseri umani dalla Libia come ci viene raccontato in prima persona da questo carabiniere undercover.

Non sono inventate le condizioni in cui sono detenuti i migranti nelle carceri libiche, di come sono stipati su barchini e gommoni, dove ad uno di essi viene indicata la direzione da prendere trasformandolo in scafista. Non sono inventate le loro “grida inascoltate”: inascoltate dal governo italiano e la sua guerra agli scafisti sull’intero globo terracqueo, inascoltate da quest’Europa che innalza muri e preferisce non vedere la condizioni dei migranti dal sud del mondo.

Qui alcuni link dove poter comprare l’ebook: Kobo e Bookrepublic.


Nessun commento: