29 luglio 2023

Perché Rocco Chinnici

 Come mai la mafia, ovvero la commissione presieduta da Totò Riina, decise di uccidere Rocco Chinnici, il capo dell'ufficio Istruzione nel tribunale di Palermo, il 29 luglio 1983?

Perché quell'autobomba, quell'attentato così sanguinario, per cui i giornali titolarono "Palermo come Beirut".

Perché voleva fare come Caselli a Torino, creare un pool antimafia nell'ufficio istruzione (più magistrati a seguire le indagini, centralizzazione delle informazioni, non disperdere i processi di mafia ma cercare di analizzarli in un unico filone)?

Anche per questo certo.

Ma la colpa grave di Chinnici è stata quella di voler entrare dentro le banche, usando come leva la legge voluta dal segretario PCI Pio La Torre, il sequestro dei beni ai mafiosi.

Obiettivo dell'azione di Rocco Chinnici era andare ad attaccare i mafiosi e i loro capitali, andare ad attaccare le banche, i professionisti che aiutavano e aiutano i mafiosi a gestire i loro beni. Quei miliardi frutto della speculazione edilizia e del traffico della droga.

La forza della mafia non stava solo nelle armi, ma anche nel potere del denaro, con cui comprarsi la protezione da quella rete di persone perbene che fanno parte della zona grigia. Quei colletti bianchi poi accusati di quel reato, il concorso esterno, che questo governo (con qualche imbarazzo e con un parziale dietro front) vorrebbe riformare.

Quel governo che ricorda le vittime della mafia, senza però la volontà di affrontare la questione dei rapporti tra mafia e politica, tra mafia e imprenditoria, tra mafia e finanza.

«Ma cosa credete di fare all'ufficio istruzione? La devi smettere Chinnici di fare indagini nelle banche, così rovini tutta l'economia siciliana .. ». 

Chinnici veniva accusato, dai vertici della Procura palermitana (negli anni in cui venivano uccisi il prefetto, il presidente della regione, il segretario regionale PCI,..) di voler bloccare l'imprenditoria siciliana con le sue indagini: a Chinnici veniva chiesto di insabbiare le indagini sui potenti e di sotterrare Falcone con tanti processetti

Foglio del 24 novembre 1981. Appunto relativo al 18 maggio 1982. 
ore 12 - Vado da Pizzillo per chiedere di applicare un pretore in sostituzione a La Commare dal momento che il Csm ha deciso che la competenza è del presidente della corte. Mi investe in malo modo dicendomi che all'ufficio istruzione stiamo rovinando l'economia palermitana disponendo indagini ed accertamenti a mezzo della guardia di finanza. 
Mi dice chiaramente che devo caricare di processi semplici Falcone in maniera che "cerchi di scoprire nulla perché i giudici istruttori non hanno mai scoperto nulla". Osservo che ciò non è esatto in quanto sono stato proprio i giudici istruttori di Palermo che hanno - inconfutabilmente - scoperto i canali della droga tra Palermo e gli Usa e tanti altri fatti di notevole gravità. 
Cerca di dominare la sua ira ma non ci riesce. Mi dice che verrà ad ispezionare l'ufficio (ed io lo invito a farlo); è indignato perché ancora Barrile non ha archiviato la sporca faccenda dei contributi (miliardi per la elettrificazione delle loro aziende agricole); l'uomo che a Palermo non ha mai fatto nulla per colpire la mafia che anzi con i suoi rapporti con i grossi mafiosi l'ha incrementata. 
Pizzillo con il complice Scozzari ha "insabbiato" tutti i processi nei quali è implicata la mafia, non sa più nascondere le sue reazioni e il suo vero volto. Mi dice che la dobbiamo finire, che non dobbiamo più disporre accertamenti nelle banche.

E' importante ricordare queste cose, oggi dove abbiamo un governo che non vuole disturbare gli imprenditori che vogliono fare, che non vuole disturbare troppo gli evasori. Che non ama chi si mette a fare le pulci su come spenderemo i soldi del PNRR, i miliardi che arriveranno al nord al centro e anche al sud..

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