02 novembre 2016

Cosa rimane oggi di Pasolini

Il murales a Roma di Ernest Pignon su Pasolini
Chissà, forse oggi qualcuno cadrà nella tentazione di tirar per la giacca Pasolini (o dell'idea che ne abbiamo oggi) per fargli dire si o no sul referendum.
Come è successo ieri per Tina Anselmi (che ieri ci ha lasciato a 89 anni), che diversi esponenti renziani hanno battezzato col sì.
Cosa direbbe Pasolini del referendum, della politica di oggi, delle imminenti elezioni americane, dei giovani d'oggi ingobbiti sugli smartphone, con la valigia in mano (quelli meritevoli), costretti a fare i bamboccioni ..
E' un gioco suggestivo che però rischia di portarci lontano da quello che Pasolini, poeta, regista, scrittore, intellettuale è stato.
Non mi interessa cosa avrebbe votato: sono certo che oggi una persona come lui (indipendente, scandaloso, marxista) non si sarebbe fatto ingabbiare in un semplice si o no.
Non si sarebbe fatto ingabbiare in una dialettica da 140 caratteri: le battute, gli spot, le promesse che devono condensarsi in poche frasi.

No, penso proprio che uno come Pasolini rifuggirebbe i social e probabilmente anche la televisione dei talk dove devi interrompere, alzare la voce, schivare le trappole, trovandosi di fronte una controparte che ammicca, guarda in alto, “messaggia”.

Pasolini cercherebbe di dialogare, di portare il livello di discussione secondo canoni civili, magari mettendo sul tavolo un punto di vista inedito, cui nessuno aveva pensato.
Possiamo ridurre tutta la discussione sulle riforme, che saranno alla base delle leggi del nostro paese, solo in base ad un si o un no? Questo paese può essere governato come se fossimo al bar a insultarci per un rigore non dato?
E, ancora, sulla sterilità della discussione sui costi della politica. Abbiamo i parlamentari meglio pagati in Europa, vero: ma quanto sono competenti? Quanto sono capaci di risolvere i nostri problemi?
Quanto si sono impegnati nell'affrontarli, i problemi, con soluzioni per il paese?
Stipendi alti dovrebbero consentire a tutti di fare politica e dovrebbero proporzionali alle competenze dimostrate.
Questo direbbe, forse: una politica fatta da gente che si improvvisa deputato, che sembra più esperta di social che non di lavoro, istruzione, giustizia, terremoti, dove uno vale uno ma qualcuno vale di più non è democrazia.
Col taglio degli stipendi magari al prossimo giro potremmo vedere in Parlamento tanti berluschini col portafoglio gonfio ..

Due le battaglie che nella sua vita Pasolini non si è stancato di portare avanti: la lotta contro la nostra borghesia (“l'Italia ha la borghesia più ignorante d'Europa” fa dire al suo personaggio nel film Ricotta). Bigotta, ignorante, chiusa in sé stessa. Erano gli anni 60-70 dove i suoi film venivano censurati, finivano nelle aule di un Tribunale con l'accusa di vilipendio alla religione.
Gli anni moderni hanno portato ad un impoverimento di quella che veniva chiamata borghesia: un impoverimento sociale che si è anche tramutato in un impoverimento nel linguaggio, nel pensiero.
Forse oggi siamo meno bigotti, o forse no: l'anno scorso un politico italiano portava avanti la sua battaglia in difesa delle radici cristiane col presepe.

L'Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici, liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società.” (Da Saggi sulla politica e sulla società, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Mondadori).

Forse siamo meno bigotti, forse: di certo anche oggi abbiamo un cattivo rapporto col sesso, con la gioiosità del sesso che aveva mostrato in Decameron (80 denunce solo per questo film). Abbiamo problemi nelle nostre relazioni (e non solo per colpa dei messaggini) come testimoniano le violenze domestiche nei confronti delle donne.
L'altra battaglia, il processo allaDC, nel senso di un processo al potere: nonostante l'espulsione dal PCI (per indegnità), nonostante i processi, le denunce, le botte, gli insulti (sui giornali, per strada), Pasolini non ha mai smesso di denunciare: la società dei consumi che stava omologando gli italiani come nemmeno il fascismo aveva fatto. A questo sviluppo che portava benessere per pochi a discapito di molti.
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di  cosiddetto benessere si è speso in tutto fuorché nei servizi pubblici di prima necessità: ospedali, scuole, asili, ospizi, verde pubblico, beni naturali cioè culturali” (da Lettere Luterane , Garzanti).

Davano fastidio i suoi film, perché portava alla luce i fantasmi di una società che non era ancora matura. Davano fastidio i suoi articoli (e le poesie come “Il PCI ai giovani” su Valle Giulia nel 68): perché non erano scontati, perché anticonformisti, perché controcorrente, perché portavano il lettore ad un ragionamento non banale.
Perché metteva sul banco degli imputati i politici della DC coi loro nomi e cognomi, con tanto di capi d'accusa:
..indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, gli industriali, i banchieri, connivenza con la mafia, alto tradimento in favore di una nazione straniera, collaborazione con la CIA, uso illegale di enti come il SID, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna ..”.

Per fare questo processo però, sarebbe servita una magistratura “pulita”.
L’inchiesta sui golpe (Tamburino, Vitalone...), l’inchiesta sulla morte di Pinelli, il processo Valpreda, il processo Freda e Ventura, i vari processi contro i delitti neofascisti... Perché non va avanti niente? Perché tutto è immobile come in un cimitero? È spaventosamente chiaro. Perché tutte queste inchieste e questi processi, una volta condotti a termine, ad altro non porterebbero che al Processo di cui parlo io. Dunque, al centro e al fondo di tutto, c’é il problema della Magistratura e delle sue scelte politiche.” (da Lettere Luterane , Garzanti)


E servono anche dei cittadini consapevoli, coscienti. Non dei bambini.
Oggi sarebbe pensabile di mandare alla sbarra un pezzo dello Stato affinché sia giustificato da un altro pezzo dello Stato? Il processo sulla Trattativa stato mafia ci racconta che no, non è possibile.
Le inchieste che lambiscono la politica (le spese pazze, i casi di corruzione, l'inchiesta per mafia capitale) passano presto dalla fase “scandalistica”, alla fase soporifera, anche perché spesso si celebrano ad anni di distanza.
Tangentoli, la fine della prima Repubblica, la nascita di partiti liquidi senza ideali (se il Dio Po si può chiamare un ideale..), di protesta o improntati all'arricchimento personale, hanno trasformato la politica di oggi. Sparito il senso civico, il bene comune, il senso delle istituzioni. Sostituiti da un telecomando, un carrello della spesa, un gratta e vinci. O gli 80 euro, oggi.
Quale la visione politica dei politici di oggi, che si preoccupano solo del presente, del mantenimento della poltrona?

Forse, se fosse presente, Pasolini il processo lo farebbe al paese. E così sarebbe ancora più fastidioso e irriverente. Forse, l'unica speranza era rivolgersi alle nuove generazioni, ripartire dalla scuola, dal piccolo.

Cosa rimane oggi del Pasolini che è stato? Quanto conosciamo di Pasolini? Quelli che oggi lo citeranno,
quanti suoi libri hanno letto, quanti articoli, quanti film?
Pensavo a questo, stamattina.
E pensavo anche a quanto avessero in comune il poeta e la deputata DC Tina Anselmi.
Certo, Tina Anselmi era cattolica, di quel partito che Pasolini voleva portare alla sbarra (ma forse anche lei, come Aldo Moro e Zaccagnini era tra quelli “meno implicati” negli scandali).
Ma tutti e due erano persone libere, che intendevano la politica come qualcosa da fare alla luce del sole: penso al difficile lavoro come presidente della Commissione P2 di Tina Anselmi, alle pressioni per non presentare quella relazione finale, la piramide rovesciata, il volto oscuro del potere che si doveva illuminare.
La P2 era stata il “tentativo sofisticato e occulto di manipolare la democrazia”, di svuotarla dal suo interno rendendo l’Italia un Paese solo apparentemente democratico. Era un piano eversivo: nella suarelazione del 1986, di fronte ai colleghi parlamentari, usò parole nette, inequivocabili

Per gli uomini e gli ambienti che si riconoscevano nella Loggia P2 l'attività politica nella quale noi siamo impegnati era considerato un onere da delegare; ma così non può essere, perché ogni volta che postuliamo un versante politico occulto, la sua logica non può che essere quella della concorrenzialità rispetto alla politica ufficiale. E che si muove al suo riparo non può che aspirare a una funzione di controllo e di delega: mai certamente di complementarietà. Per tale motivo si può essere complici della Loggia P2, ma solo per finirne vittime, come sistema di certo, se non come singoli”.

Tina Anselmi pagò questa sua abnegazione in difesa della Democrazia, in difesa delle istituzioni. Considerata riserva dello Stato, nel 2006 nonostante una campagna in favore, non fu eletta come Presidente della Repubblica. Al suo posto, Napolitano.

E pagò anche in termini più personali: sotto casa, a Castelfranco Veneto, un giorno fu trovata una bomba. Conteneva lo stesso esplosivo del tipo della bomba di Bologna.
Interessante, no?
Pier Paolo Pasolini pagò un prezzo più alto: picchiato a morte, schiacciato dalla sua macchina, lasciato cadavere su quel campo, in mezzo al fango e infangato. Omosessuale, frocio, uno che inseguiva i bambini.
Così lo definivano i giornali di destra. Di quella nostra destra italiana, bigotta, rozza, antidemocratica e reazionaria.


Se volete onorare Pasolini (e Tina Anselmi) leggetevi qualche libro, leggetevi i suoi scritti (Ragazzi di vita, sulle borgate romane che ancora oggi sono posti abbandonati dalla politica).

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