14 novembre 2016

Report - il prosecco e il business dei farmaci

"Lunedì alle 21.30 su Rai3: un chilo d'oro vale 38 mila euro, un anticorpo contenuto in un farmaco salvavita dai 7 ai 200 milioni di euro: secondo voi che cosa conviene rubare? E poi il prosecco: ci sono zone del Veneto che vengono trasformate da edificabili in agricole perché coltivare il prosecco conviene di più. Ma come in tutte le cose c'è il rovescio della medaglia."
Effetti collaterali della logica del profitto tout court: nel primo servizio la trasformazione del suolo del Veneto in un enorme vigna, per produrre le bottiglie del Prosecco (valore dell'export 2,5 miliardi di euro l'anno).
Risultato? Le monocolture, con tanto di trattamenti chimici che impoveriscono il terreno. 
Il servizio di Bernardo Iovene racconterà anche l'origine del nome Prosecco, che deriva da una zona sopra Trieste: peccato che per legge, si possa chiamare Prosecco solo il vino prodotto nelle province tra Veneto e Friuli del consorzio
E così è una nata una contesa tra gli abitanti di Prosecco e i produttori del Prosecco: gli abitanti di Prosecco avevano chiesto al consorzio la bonifica del costone carsico del paese, accordo rimasto solo su carta.
Così ora chiedono le royalty sulle bottiglie (gli sghei) ma al consorzio han già risposto picche.
Il servizio racconterà anche della difficile convivenza tra chi produce il Prosecco biologico e gli altri produttori convenzionali.

L'anteprima su Reportime:



La scheda del servizio: LA FRAZIONE DI PROSECCO DI Bernardo Iovene
Nella zona Doc e Docg si producono circa cinquecento milioni di bottiglie di Prosecco, un successo mondiale del vino storicamente prodotto in Veneto, tra Conegliano e Valdobbiadene. Ma lo spumante che oggi viene bevuto nel mondo prende il nome da Prosecco, una piccola frazione che nasce sul costone carsico del comune di Trieste. Dal 2009 un decreto ministeriale ha stabilito che l’uva chiamata prosecco per legge sin dal 1969 dovesse cambiare nome e diventare glera.Il cambio di denominazione venne definito dai produttori locali un’operazione intelligente. Dal giorno dell’entrata in vigore del regolamento, infatti, al di fuori dalle nove province a cavallo tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, nessuna azienda ha mai più potuto produrre spumante da quel vitigno e venderlo con l’etichetta di “prosecco”. L’enorme richiesta di mercato e il business delle bottiglie in crescita hanno inevitabilmente determinato un’espansione delle vigne in tutto il Veneto, e il rovescio della medaglia sono le colture intensive, con trattamenti spinti, che arrivano a ridosso di case, scuole, strade. Quello che si è rivelato un affare per i veneti, per gli abitanti di Prosecco invece si è trasformata in una beffa. Nella frazione triestina che si trova sull’altopiano carsico, coltivare la vite è complicato. Per questo, i viticoltori di Prosecco nel 2009 hanno chiesto dei finanziamenti per avviare i vigneti sul loro territorio. A oggi il protocollo di intesa che hanno firmato in cambio dell’utilizzo del nome con il ministero e la Regione è stato disatteso. Per questo gli abitanti di Prosecco chiedono delle royalty su ogni bottiglia venduta altrimenti sono pronti a fare battaglia per impedire da parte di altri l’utilizzo del nome della loro frazione.

Il secondo servizio parla di farmaci: siccome il loro valore è diventato superiore a quello dell'oro, conviene più rubare i farmaci che non i lingotti.

La scheda del servizio: LA VIA DEI FARMACI DI Luca Chianca
A causa dei brevetti il mercato dei farmaci raggiunge fatturati da capogiro. Una sola confezione con ventotto compresse di antiepatite C può costare ventisettemila euro, il trattamento completo non meno di sessantamila. Così c'è chi si va a curare in India con generici che costano meno di mille euro, mentre in Italia c'è chi ha messo a segno furti milionari presso le farmacie ospedaliere: solo nel 2016, sempre per lo stesso farmaco, il Servizio sanitario nazionale ci ha rimesso ben 2,6 milioni di euro. A essere rubati, dal Sud al Nord Italia, ci sono anche altri centinaia di farmaci che vengono riciclati in Nord Europa e, in molti casi anche presso le nostre farmacie. Ma qual è il rischio per i pazienti? Nel corso della nostra inchiesta abbiamo incontrato farmacisti e distributori farmaceutici italiani che poche settimane dopo la nostra intervista sono stati arrestati con l'accusa di aver rivenduto farmaci rubati in Germania, attraverso un complicato sistema di società aperte nell'Est Europa.

L'anteprima su Reportime


Il farmacista campano, Edoardo Lambiase, secondo la Procura di Ferrara sarebbe il motore, manager e promotore di un traffico di farmaci rubati. Spiega all’inviato di Report il sistema di fatturazione che avrebbe coperto le triangolazioni dei medicinali.L’indagine è partita dal furto di costosi antitumorali presso due ospedali della provincia di Ferrara. Tra i 13 arrestati anche Settimio Caprini della Pharma Trade, una società di distribuzione di farmaci di Pompei che avrebbe rivenduto i farmaci rubati all'estero attraverso un complesso sistema di società cartiere dell'est Europa.
L'inchiesta di Giulio Valesini "I direttori generali" racconta del contenzioso tra l'università La Sapienza e il Policlinico.

La Sapienza ha i bilanci in attivo mentre il Policlinico è in rosso: il DG del Policlinico, Domenico Alessio, nominato dal rettore Frati (e considerato vicino all'UDC), sostiene che la Sapienza deve al policlinico 300 ml di euro. 
Chi ha ragione tra i due direttori generali? Come è possibili che i due bilanci siano stati approvati e pure certificati?
Ad oggi nessuno si pone il problema di trovare una soluzione sostanziale, sarà una commissione paritetica delle regione a stabilire chi ha ragione, ma il debito del Policlinico cresce di anno in anno.

La scheda del servizio: I DIRETTORI GENERALI DI Giulio Valesini 


L’Università La Sapienza di Roma è il più grande ateneo d’Europa. Nelle sue aule si forma la futura classe dirigente. A capo dell'amministrazione da quindici anni è il direttore generale Carlo Musto D’Amore, 68 anni, senza una laurea ma con un diploma di geometra. Le vicende dell'ateneo sono da sempre legate a quelle del policlinico Umberto I, il primo ospedale universitario in Italia. Il direttore generale è Domenico Alessio, 77 enne, anche lui pensionato, è stato nominato dall’ex rettore della Sapienza, Luigi Frati, e dall’ex presidente della Regione, Renata Polverini. Da anni, tra l'Università Sapienza e il policlinico Umberto I c'è un braccio di ferro sui conti: Domenico Alessio sostiene e scrive nel bilancio dell'ospedale che il policlinico ha un credito di 300 milioni di euro con La Sapienza. Ma l’altro direttore generale, Musto D’Amore, dice che sbaglia a fare i conti e che il bilancio dell’Università è a posto. Chi dei due manager pensionati ha ragione?

Nessun commento: