Incipit
Domenica 13 aprile 1980
Mosche sui muri, e segni neri senza vita. Dal letto poteva controllare finestra e porta. Oltre la finestra, un diverso grigio, fuori, oltre il vicolo.E, dal vicolo, pioggia e odore. Non l'odore della muffa dello sgangherato armadio di fòrmica, né il rancido che aveva impregnato la coca del cuscino come un giudizio in anticipo sulla fine del mondo. Odore di vita povera saliva dal vicolo, odore di fritto spronato ogni poco da brevi, acute grida di donna.Si allungò un sorso, a lavare quell'unto. La bottiglia era quasi vuota. Sul giornale, cavalli in corsa su colonne di piombo: Roma galoppo .. Bologna trotto .. l'umido l'odore.Non voleva guardare l'ora. Non doveva guardare l'ora. Mica era un pivello, lui.[..]
San Siro, ippodromo di galoppo, ore 18.30Il tardo pomeriggio, dopo la settima e ultima corsa, a ippodromo ormai sfollato, Vito Schillaci, dell'impresa di pulizie Presto&Bene, cercò di aprire la porta di uno dei gabinetti riservati al pubblico. Non era chiusa, ma qualcosa, all'interno, faceva resistenza.«C'è qualcuno? Si sente male?»Silenzio. Sulle pareti schizzi di .. vomito? Oh Dio! tutta schifezza da pulire! Guardò a terra: cos'era? una .. una biglia? Sporca, però.Sporca di cosa? Soltanto dopo averla presa in mano capì che era un occhio. L'occhio di un uomo. Allora svenne.
Ci sono due omicidi, completamente
slegati tra loro: un uomo ucciso nei bagni dell'Ippodromo di San
Siro, sfigurato da un colpo di pistola.
E un senzatetto, ucciso lungo i binari
della Stazione Centrale, in modo barbaro, a colpi di pietra in testa.
C'è la Milano che sta uscendo, con molta fatica, dai cupi e violenti
anni '70: le cicatrici e i ricordi della contestazioni, delle bombe e
delle morti stanno per lasciare il passo al reflusso, alla Milano da
bere e alla Milano devastata dai designer e dagli architetti.
I ristoranti giapponesi ancora non sono
di moda e, appena fuori la città, ancora splende la campagna.
Beh, forse è ancora presto per
splendere, visto il timido inizio di questa primavera del 1980.
Due omicidi di cui il primo se ne deve
occupare il capo della squadra omicidi della Mobile, il commissario
Norberto Melis (il secondo è competenza della Polfer, del dirigente
del nucleo alla Centrale, Iurilli).
Un po' Maigret, per i modi placidi e
“borghesi” nel muoversi, questo Melis: riflessivo, acuto,
colto e conoscitore delle pieghe del crimine.
A fianco, non la remissiva signora
Maigret, ma una redattrice di una casa editrice (Fiorenza), con la
passione dei libri antichi.
Il delitto presenta tutte le
peculiarità del classico rompicapo, difficile da risolvere: il morto
è senza documenti, ben vestito, con ai piedi segni di antiche
torture. Sarà solo grazie all'aiuto di una sua amica, che si
scoprirà il suo nome: Claudio Galliera un ex dirigente dell'Eni ora
in pensione.
Una persona che non aveva nulla a che
fare col trotto e col mondo delle scommesse dei cavalli.
“Osservò meglio il giornale: in alto, sopra il titolo, una mano aveva annotato a matita la data di domenica, giorno della morte di Galliera, le ore 17.00, le parole San Siro galoppo e la frase perché Yellow non correrà. Indicò la scritta a Mme de Forcheville.
«No, non è la sua scrittura» affermò lei dopo un istante”.
Le domande a cui Melis e la sua squadra
devono dare una risposta sono tante: a cominciare dal possibile
movente, per quel delitto. Bisogna partire dal passato di partigiano,
del signor Claudio Galliera?
Oppure dalla sua ricerca di un'antica
biblioteca di libri di esoterismo, trafugata dai nazisti negli ultimi
anni della guerra? Una ricerca, quella delle opere rubate e della
biblioteca Alchemica in particolare, che nel corso degli anni era
diventata quasi una missione.
E cosa significa quell'appunto trovato
su un giornale, in casa dell'ingegnere, con una scrittura diversa
dalla sua?
Nei suoi viaggi in Sudamerica, per
lavoro e anche per la caccia alle opere trafugate, poteva aver
scoperto qualcosa di così importante da dover essere ucciso?
L'indagine si trasforma così in un
paziente lavoro di ricerca, andando a spulciare tutte le carte che
l'ingegnere aveva in casa, seguendo tutte le possibili piste, quella
dei cavalli e quella dei mobili.
Negli ultimi mesi aveva manifestato un
certo interesse per “mobili particolare” e a casa aveva ricevuto
una brochure di una ditta che produce bare …
Che avesse una malattia? E perché non
si trovano carte di un suo controllo medico?
E se dietro ci fossero i servizi,
magari quelli deviati, magari collegati all'estrema destra? Siamo nel 1980, le bombe “nere” erano
anche una ferita fresca e Galliera aveva lavorato nell'Eni, era
venuto in contatto con un certo mondo, forse
«Io ho un uomo con una vita di bello spessore professionale ed etico che viene ammazzato come in un regolamento di conti fra delinquenti». Alzò una mano, a pugno.«Alto dirigente dell'Eni, responsabile di molti progetti all'estero». Levò il pollice. «Ipotesi A: le ragioni della morte vanno cercate nel suo lavoro, passato o presente. Io però non dò percentuali di probabilità». Levò l'indice.«Ipotesi B: a furia di cercare un'antica bibllioteca rubata dai nazisti nel 1943, ha messo gli occhi su un qualcosa che ha a che vedere con le organizzazioni neonaziste. E questo ne ha segnato la condanna». Medio. «C: qualcosa che ha a che vedere con la sua vita in Brasile, dove aveva di fatto una famiglia. Bada bene: queste tre ipotesi possono anche intrecciarsi tra di loro». Anulare: «Ipotesi D, francamente, adesso, quella che mi sembra la meno probabile: qualcosa che ha a che fare con le corse dei cavalli, come ti ho raccontato venerdì scorso».
Iurilli assentì: «Sì, anche a me sembra la meno probabile, ora. E il mignolo?»Melis levò dritto anche il mignolo, fissò Iurilli negli occhi e, «Qualcosa che spero proprio di non dover prendere in considerazione» disse.L'altro assentì, meditabondo.Tutti loro si auguravano di non dover mai incrociare una di queste piste. «Bé» scosse la testa, «se è così, lo scoprirà presto: le sfileranno il caso dalle mani e lo insabbieranno».
Melis arriva a confidarsi con la sua
fidanzata, in una delle sere passate assieme:
Lui spostò in fuori un solo braccio, quello che reggeva la pipa: «E' il tipico caso dove contano molto intuito e buona stella: una volta individuato il movente, o hai una botta di fortuna oppure puoi anche spalare documenti per mesi».Lei si alzò, servì una grappa al ribes per sé, una grappa bianca per lui. Gli porse il bicchiere e levò il proprio in un brindisi: «Alla botta!».
La soluzione dei delitti (l'ingegnere e
anche il barbone) verrà trovata sia grazie al minuzioso lavoro della
squadra, sia grazie ad una piccola botta di fortuna. L'ostinazione di
Melis, che non si è arreso di fronte alle porte chiuse, alle piste
sbagliate, viene premiata:
«Te la prendi per questo omicidio! Ma perché?»«Perché hanno ucciso due persone oneste, anzi più che oneste. Perché hanno ucciso due persone che rendevano questo mondo meno schifoso di quello che è.»
Considero i libri di Hans Tuzzi, e
questo in particolare, dei gialli anomali: c'è un delitto e
un'inchiesta, è vero. C'è l'investigatore e la sua squadra che
girano la città, contesto del crimine: ma rispetto al giallo
tradizionale, in questo romanzo il ritmo è spezzato da intermezzi
dedicati alla vita personale dei protagonisti.
Alle loro cene, le dotte citazioni. Le
considerazioni sull'architettura milanese: come la stazione Centrale
Eccola, la Centrale, piccola, tozza, acquattata, babilonese: eccola là, al fondo di un viale che parlava tutt'altro linguaggio. E che senso aveva, si chiese mentre parcheggiava negli spazi riservati alla polizia, imporre a Milano l'assurdo di una stazione di testa invece che una funzionale stazione di transito come a Bologna?Le idiozie delle dittature..
I navigli:
“.. nuovi locali nascevano sui navigli come a Brera, dove gli anziani sloggiavano dalle case popolari di fine Ottocento sulle quali piombavano studi d'architettura e cooperative edilizie. Persino il prestinaio d'angolo fra le vie ..”
Sull'Italia e sugli italiani, quelli di
ieri e anche quelli di oggi, disposti a credere all'ennesimo
venditore di pentole (o aspirapolvere):
«L'Italia è una nazione che espone la propria marmaglia come bandiere alle finestre»[..]«Un paese cafone e orfano della propria storia. Un paese protofascista per natura profonda. Venisse un piazzista di aspirapolveri a promettere il paese dei balocchi, gli italiani, con voto democratico, sarebbero capaci di portarlo a Palazzo Chigi».
Peccato per certi appesantimenti, che
fanno perdere il ritmo al racconto, rendendo il racconto a volte un
po' macchinosi col rischio di far fatica a tenere le fila
dell'indagine.
Ma questo è anche il “marchio” di
Hans Tuzzi, uno scrittore colto, che difficilmente delude.
Ma non chiedetevi perché Yellow non correrà ...
La scheda del libro sul sito di Bollati
Boringhieri.
Nessun commento:
Posta un commento