Il murales a Roma di Ernest Pignon su Pasolini |
Chissà, forse oggi qualcuno cadrà
nella tentazione di tirar per la giacca Pasolini (o dell'idea
che ne abbiamo oggi) per fargli dire si o no sul referendum.
Come è successo ieri per Tina Anselmi (che ieri ci ha lasciato a 89 anni),
che diversi esponenti renziani hanno battezzato col sì.
Cosa direbbe Pasolini del referendum,
della politica di oggi, delle imminenti elezioni americane, dei
giovani d'oggi ingobbiti sugli smartphone, con la valigia in mano
(quelli meritevoli), costretti a fare i bamboccioni ..
E' un gioco suggestivo che però
rischia di portarci lontano da quello che Pasolini, poeta, regista,
scrittore, intellettuale è stato.
Non mi interessa cosa avrebbe
votato: sono certo che oggi una persona come lui (indipendente,
scandaloso, marxista) non si sarebbe fatto ingabbiare in un semplice
si o no.
Non si sarebbe fatto ingabbiare in una
dialettica da 140 caratteri: le battute, gli spot, le promesse che
devono condensarsi in poche frasi.
No, penso proprio che uno come Pasolini
rifuggirebbe i social e probabilmente anche la televisione dei talk
dove devi interrompere, alzare la voce, schivare le trappole,
trovandosi di fronte una controparte che ammicca, guarda in alto,
“messaggia”.
Pasolini cercherebbe di dialogare, di
portare il livello di discussione secondo canoni civili, magari
mettendo sul tavolo un punto di vista inedito, cui nessuno aveva
pensato.
Possiamo ridurre tutta la discussione
sulle riforme, che saranno alla base delle leggi del nostro paese,
solo in base ad un si o un no? Questo paese può essere governato
come se fossimo al bar a insultarci per un rigore non dato?
E, ancora, sulla sterilità della
discussione sui costi della politica. Abbiamo i parlamentari
meglio pagati in Europa, vero: ma quanto sono competenti? Quanto sono
capaci di risolvere i nostri problemi?
Quanto si sono impegnati
nell'affrontarli, i problemi, con soluzioni per il paese?
Stipendi alti dovrebbero consentire a
tutti di fare politica e dovrebbero proporzionali alle competenze
dimostrate.
Questo direbbe, forse: una politica
fatta da gente che si improvvisa deputato, che sembra più esperta di
social che non di lavoro, istruzione, giustizia, terremoti, dove uno
vale uno ma qualcuno vale di più non è democrazia.
Col taglio degli stipendi magari al
prossimo giro potremmo vedere in Parlamento tanti berluschini col
portafoglio gonfio ..
Due le battaglie che nella sua vita
Pasolini non si è stancato di portare avanti: la lotta contro la
nostra borghesia (“l'Italia ha la borghesia più ignorante
d'Europa” fa dire al suo personaggio nel film Ricotta).
Bigotta, ignorante, chiusa in sé stessa. Erano gli anni 60-70 dove i
suoi film venivano censurati, finivano nelle aule di un Tribunale con
l'accusa di vilipendio alla religione.
Gli anni moderni hanno portato ad un
impoverimento di quella che veniva chiamata borghesia: un
impoverimento sociale che si è anche tramutato in un impoverimento
nel linguaggio, nel pensiero.
Forse oggi siamo meno bigotti, o forse
no: l'anno scorso un politico italiano portava avanti la sua
battaglia in difesa delle radici cristiane col presepe.
“L'Italia sta marcendo in un
benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo,
moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a
contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici,
liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che
riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che
apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non
occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme
pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il
fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana,
socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società.”
(Da Saggi sulla politica e sulla società, a cura di Walter Siti
e Silvia De Laude, Mondadori).
Forse siamo meno bigotti, forse: di
certo anche oggi abbiamo un cattivo rapporto col sesso, con la
gioiosità del sesso che aveva mostrato in Decameron (80
denunce solo per questo film). Abbiamo problemi nelle nostre
relazioni (e non solo per colpa dei messaggini) come testimoniano le
violenze domestiche nei confronti delle donne.
L'altra battaglia, il processo allaDC, nel senso di un processo al potere: nonostante l'espulsione
dal PCI (per indegnità), nonostante i processi, le denunce, le
botte, gli insulti (sui giornali, per strada), Pasolini non ha mai
smesso di denunciare: la società dei consumi che stava omologando
gli italiani come nemmeno il fascismo aveva fatto. A questo sviluppo
che portava benessere per pochi a discapito di molti.
“I cittadini italiani vogliono
consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di
cosiddetto benessere si è speso in tutto fuorché nei servizi
pubblici di prima necessità: ospedali, scuole, asili, ospizi, verde
pubblico, beni naturali cioè culturali” (da Lettere Luterane ,
Garzanti).
Davano fastidio i suoi film, perché
portava alla luce i fantasmi di una società che non era ancora
matura. Davano fastidio i suoi articoli (e le poesie come “Il
PCI ai giovani” su Valle Giulia nel 68): perché non erano
scontati, perché anticonformisti, perché controcorrente, perché
portavano il lettore ad un ragionamento non banale.
Perché metteva sul banco degli
imputati i politici della DC coi loro nomi e cognomi, con tanto
di capi d'accusa:
“..indegnità, disprezzo per i
cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i
petrolieri, gli industriali, i banchieri, connivenza con la mafia,
alto tradimento in favore di una nazione straniera, collaborazione
con la CIA, uso illegale di enti come il SID, responsabilità nelle
stragi di Milano, Brescia e Bologna ..”.
Per fare questo
processo però, sarebbe servita una magistratura “pulita”.
“L’inchiesta
sui golpe (Tamburino, Vitalone...), l’inchiesta sulla
morte di Pinelli, il processo Valpreda, il processo Freda e Ventura,
i vari processi contro i delitti neofascisti... Perché non va avanti
niente? Perché tutto è immobile come in un cimitero? È
spaventosamente chiaro. Perché tutte queste inchieste e questi
processi, una volta condotti a termine, ad altro non
porterebbero che al Processo di cui parlo io. Dunque, al centro e al
fondo di tutto, c’é il problema della Magistratura e delle sue
scelte politiche.” (da Lettere Luterane , Garzanti)
E servono anche
dei cittadini consapevoli, coscienti. Non dei bambini.
Oggi sarebbe
pensabile di mandare alla sbarra un pezzo dello Stato affinché sia
giustificato da un altro pezzo dello Stato? Il processo sulla
Trattativa stato mafia ci racconta che no, non è possibile.
Le inchieste che
lambiscono la politica (le spese pazze, i casi di corruzione,
l'inchiesta per mafia capitale) passano presto dalla fase
“scandalistica”, alla fase soporifera, anche perché
spesso si celebrano ad anni di distanza.
Tangentoli, la fine
della prima Repubblica, la nascita di partiti liquidi senza ideali
(se il Dio Po si può chiamare un ideale..), di protesta o improntati
all'arricchimento personale, hanno trasformato la politica di oggi.
Sparito il senso civico, il bene comune, il senso delle istituzioni.
Sostituiti da un telecomando, un carrello della spesa, un gratta e
vinci. O gli 80 euro, oggi.
Quale la visione
politica dei politici di oggi, che si preoccupano solo del presente,
del mantenimento della poltrona?
Forse, se fosse
presente, Pasolini il processo lo farebbe al paese. E così sarebbe
ancora più fastidioso e irriverente. Forse, l'unica speranza era
rivolgersi alle nuove generazioni, ripartire dalla scuola, dal
piccolo.
Cosa rimane oggi
del Pasolini che è stato? Quanto conosciamo di Pasolini? Quelli
che oggi lo citeranno,
quanti suoi libri
hanno letto, quanti articoli, quanti film?
Pensavo a questo,
stamattina.
E pensavo anche a
quanto avessero in comune il poeta e la deputata DC Tina Anselmi.
Certo, Tina Anselmi
era cattolica, di quel partito che Pasolini voleva portare alla
sbarra (ma forse anche lei, come Aldo Moro e Zaccagnini era tra
quelli “meno implicati” negli scandali).
Ma tutti e due
erano persone libere, che intendevano la politica come qualcosa da
fare alla luce del sole: penso al difficile lavoro come presidente
della Commissione P2 di Tina Anselmi, alle pressioni per non
presentare quella relazione finale, la piramide rovesciata, il volto
oscuro del potere che si doveva illuminare.
La P2 era stata il
“tentativo sofisticato e occulto di manipolare la democrazia”,
di svuotarla dal suo interno rendendo l’Italia un Paese solo
apparentemente democratico. Era un piano eversivo: nella suarelazione del 1986, di fronte ai colleghi parlamentari, usò parole
nette, inequivocabili
“Per gli
uomini e gli ambienti che si riconoscevano nella Loggia P2 l'attività
politica nella quale noi siamo impegnati era considerato un onere da
delegare; ma così non può essere, perché ogni volta che postuliamo
un versante politico occulto, la sua logica non può che essere
quella della concorrenzialità rispetto alla politica ufficiale. E
che si muove al suo riparo non può che aspirare a una funzione di
controllo e di delega: mai certamente di complementarietà. Per tale
motivo si può essere complici della Loggia P2, ma solo per finirne
vittime, come sistema di certo, se non come singoli”.
Tina Anselmi pagò questa sua abnegazione in difesa della
Democrazia, in difesa delle istituzioni. Considerata riserva dello
Stato, nel 2006 nonostante una campagna in favore, non fu eletta come
Presidente della Repubblica. Al suo posto, Napolitano.
E pagò anche in termini più personali: sotto casa, a
Castelfranco Veneto, un giorno fu trovata una bomba. Conteneva lo
stesso esplosivo del tipo della bomba di Bologna.
Interessante, no?
Pier Paolo Pasolini pagò un prezzo più alto: picchiato a morte,
schiacciato dalla sua macchina, lasciato cadavere su quel campo, in
mezzo al fango e infangato. Omosessuale, frocio, uno che inseguiva i
bambini.
Così lo definivano i giornali di destra. Di quella nostra destra
italiana, bigotta, rozza, antidemocratica e reazionaria.
Se volete onorare Pasolini (e Tina
Anselmi) leggetevi qualche libro, leggetevi i suoi scritti (Ragazzi
di vita, sulle borgate romane che ancora oggi sono posti abbandonati
dalla politica).
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