La domenica di calcio inizia in realtà il sabato sera. Quando tutti gli amici che non giocano iniziano la seconda fase della serata (quella che o ti stronca del tutto o ti traghetta all'alba) e tu ti alzi e dici “scusate, ragazzi, ma io domani mattina mi devo alzare presto, ho la partita!”
“ma no dai, un altro po', non fare la cenerentola .. non è ancora mezzanotte”.
Ma tu niente, inflessibile. L'allenatore ha detto a letto presto, e devo andare a letto presto. Non che io debba seguire sempre quello che dice l'allenatore, ma domani abbiamo una partita importante. Giochiamo contro la terza in classifica e se vogliamo vincere il campionato, dobbiamo batterla. Nessun passo falso.
E allora, mentre gli altri se la spassano, tu torni a casa, con in mente la celebre battuta di Woody Allen: “il mondo si divide in buoni e cattivi. I primi la notte dormono sonni tranquilli, gli altri la notte se la spassano di più ....”.
Speriamo di esserci guadagnati il paradiso o almeno un posticino in purgatorio. E se deve essere proprio l'inferno, almeno che non sia nel girone dei golosi, immersi nel fango (o peggio!) fino alla testa. E voi direte: beh, potrebbe andare anche peggio! Certo: infatti, finita la ricreazione, si torna ad immergersi.
Pairetto: «Pronto»
Dondarini: «Gigi, sono Donda»
Pairetto: «Ciao Donda, come stai? (...) Mi raccomando domenica che non ci salti tutto»
Dondarini: «Mercoledì, domani»
Pairetto: «Sì mercoledì ecco fai una bella partita, tu sai che lì... sai che son sempre...»
Dondarini: «Eh, son particolari (...). Con cinquanta occhi bene aperti»
Pairetto: «Eh, bravo per vedere anche quello che non c'è, a volte (...) non facciamo subito che si dica "Ah, bene, complimenti per le scelte» (Dondarini è appena stato designato arbitro internazionale, ndr).
Dondarini: «Vedrai che non vi deludo»
Quante occasioni ho perso? Quante ragazze, con le quali, negli anni d'oro (quelli nei quali gli ormoni ti cantano la cavalcata delle Valkirie) non sei uscito, anzi, te ne sei uscito con la frase “scusa ti devo lasciare, domani ho la partita ....”. Coglione!
Dopo una notte tranquilla, la mattina della partita: colazione leggera ma energetica, preparazione della borsa (ricambio dei vestiti, scarpe, parastinchi, completo sportivo ...) e via ...
Eccoli là, i ragazzi. Mentre il resto del paese e della nazione sta ancora godendosi gli ultimi tepori del caldo lettuccio, la parte sana è qui, nei centri sportivi, a prepararsi per la partita.
Le solite battute: “allora oggi quanti gol vuoi fare?”
“Oh, stai attento a quell'attaccante: all'andata ti ha segnato! Scommetto che stanotte te lo sei sognato”
Potresti mai confessare che gli ormoni, quelli che non ti hanno cantato la famosa cavalcata, ti hanno fatto rivivere nel sogno quello che non fai nella realtà? Reginette di playboy, amazzoni con l'arco in mano, infermiere col camice bianco ma senza niente sotto (la mia fantasia preferita, lo devo confessare), poliziotte che dopo averti arrestato, si tolgono il cappello e sciolgono i capelli lunghi sulle spalle. Indigene che ti accolgono frementi, naufrago su un'isola sperduta dell'oceano, e mentre scaldano un pentolone d'acqua (e tu ti chiedi, perchè?), ti fanno il solletico sotto le palme dei piedi.
E mentre sei lì, sul più bello, al vertice della tensione, lei ti guarda con gli occhi di brace (Pappalardo docet) e dice “svegliati che domani hai la partita”.
Ho avuto una giovinezza triste.
Uomo: «Casa Agnelli buongiorno»
Moggi: «Sono Moggi buongiorno. Avrei bisogno di Nalla»
Nalla: «Ciao Luciano»
Moggi: «Io avrei bisogno in tempi rapidi perché siccome dobbiamo fare...»
Nalla: «Sì»
Moggi: «Per un amico importante, di una Maserati»
Nalla: «Sì»
Moggi: «Quattroporte»
Nalla: «Quattroporte?»
Moggi: «Sì. Ti diamo tempo una settimana dieci giorni, va bene?»
Nalla: «Va bene»
Ed ora eccoci qui, in silenzio, nello spogliatoio. Ci guardiamo, mentre l'allenatore ripete lo schema da seguire: “Sella, cavallo, larghi sulle fasce .. fate correre la palla e non correte voi .. le marcature strette. Dovete stargli addosso come foste le loro fidanzate ...”.
E' il momento più bello, dove la tensione della partita ti può prendere alla pancia, ti fa dire poche parole. Perchè basta uno sguardo, per capirsi, non servono le parole. Ti guardi negli occhi e ti fai coraggio, capisci se puoi contare o meno sul tuo compagno. Perchè anche se non è un camionato professionistico, una partita è una partita. La tensione è quella, la voglia di vincere, la voglia di fare un gol o di non farne segnare all'avversario.
Pairetto: «Pronto»
Moggi: «Gigi? Dove sei»
Pairetto: «Siamo partiti»
Moggi: «Oh, ma che c... di arbitro ci avete mandato?»
Pairetto: «Oh, Fandel è uno dei primi...»
Moggi: «Ho capito, ma il gol di Miccoli è valido»
Pairetto: «No»
Moggi: «Sì, come no? (...) Ma poi tutto l’andamento della partita ha fatto un casino a noi»
Pairetto: «Gli assistenti non mi sono piaciuti molto, in assoluto, no, ma stavo pensando ad un altro, quello che aveva alzato era quello di Trezeguet che mi ricordo davanti»
Moggi: «Quello è un altro discorso. (...) Ora mi raccomando giù a Stoccolma, eh?»
Quanti pensieri passano per la mente, in quei pochi minuti che sembrano ore?
“Oggi voglio fare un gol in rovesciata ...”
“Non ti faccio toccare palla, brutto bastardo! Te la vedi solo in fotografia ...”
“Non voglio farmi male, non voglio farmi male”
“Questo pomeriggio la porto al cinema e poi ... ”.
C'è sempre la pecora nera che pensa ad altro.
Riscaldamento per prepararsi, appello con l'arbitro “se alzo la mano è di seconda, altrimenti è di prima e potete battere subito ...”.
Ok: la partita è iniziata. Quale è il sapore della partita? È l'odore dell'erba bagnata. E del fango, che diventa una tua seconda pelle, dopo la prima scivolata in tackle. E che, al termine della partita, ci vorrà un maniscalco per staccarlo dalla pelle. Non solo una cura per la salute, è il calcio, ma anche per la tua pelle.
Il maledetto centravanti è smilzo e veloce. Sono i peggiori, quelli che mi fanno impazzire. Li preferisco, grandi e grossi, gli attaccanti. Riesco a marcarli meglio. A meno che non siano veramente alti, perchè allora vado in difficoltà. Diciamo che non sono alto. Un po' svantaggiato verticalmente, per dirla in termini gentili. Basso, per dirla onestamente.
Questo è un osso duro: oggi sarà dura.
Biscardi: «Pronto?»
Moggi: «Vorrei il dottor Biscardi»
Biscardi: «Sono io»
Moggi: «Io sono Moggi Luciano»
Biscardi: «Uehh... Lucia’»
Moggi: «Allora ieri ho chiamato qui il nostro amico di Trieste...Baldas (ex designatore e commentatore delle moviole del «Processo», ndr). Gli ho fatto una bella cazziata, ma non ce n’era bisogno. Lui non ha colpa» (...)
Moggi: «Ma se non viene poi un cambio non prendo più nessuno, ma perché dobbiamo ammazzare il campionato?»
Biscardi: «No, tu non ammazzi un c..., magari l’ammazzavi l’anno scorso, mi dovresti da’ 40 milioni, hai fatto la scommessa con me e hai perso»
Moggi: «Aldo, ma io... sei come un orologio già assicurato, che vuoi che ti dica?»
Biscardi: «E dove sta?»
Moggi: «E lo sai che quando te lo dico...»
Biscardi: «E non lo so. Non me lo mandi mai...»
Moggi: «Ma vaff..., uno te l’ho dato costava 40 milioni»
Il calcio è un gioco di testa e di gambe: se le gambe girano ma la testa no, fai entrate a vuoto, diventi irruento, come un carroarmato. Se invece mancano le gambe, diventi come un pupazzo, molle come un sacco: ti anticipano sempre o non riesci ad anticipare. E la palla la vedi da lontano, solo da lontano, come continuare ad inseguire un qualcosa che sfugge. Una sensazione avvilente.
Finisce il primo tempo: negli spogliatoi ci accoglie il mitico tè caldo e zuccherato. Varrebbe la pena di alzarsi e andare a giocare fuori, al freddo, la domenica mattina presto, in mutande, solo per questo caldo tè zuccherato. Forse.
Secondo tempo: Qui si parrà la tua nobilitate. Qui si vede quanto ci si è allenati, quanto regge la concentrazione. Dopo un'ora di gioco, almeno una delle due (testa e gambe), inizia a cedere.
Ma io ho detto che non ti faccio segnare e non segni. Dovessi cambiare nome.
E intanto la partita rimane inchiodata sullo zero a zero. Bella però: scambi veloci, squadre alte, pochi lanci lunghi. Si vede che i centrali e i mediani stanno facendo un buon lavoro. Evidentemente non sono il solo ad aver fatto il bravo ieri notte.
E sto porco davanti che non la smette di correre: devo stare attento a non farmi anticipare, che è peggio di una lepre. Finirebbe dritto in porta.
Eppure io senza un entrata in scivolata non ci so stare. Il tackle ce l'ho nel sangue: perchè l'entrata in scivolata te la gusti prima, la vedi prima nella tua testa. La sensazione di scivolare sull'erba, o meglio sul fango. E di portar via palla, piede, caviglia, arti connessi, attaccanti interi e uno spettatore che passava di lì e urla “io non c'entro, lasciatemi stare!!”.
Ho detto che non segni e non segnerai: casomai faccio un salto in comune all'ufficio anagrafe.
Enzo: «Pronto?»
Pairetto: «Enzo?»
Enzo: «Ciao Gigi»
Pairetto: «Ascolta volevo dirti la macchina ce l’ho già praticamente»
Enzo: «Quale?»
Pairetto: «Quindi quando vogliamo andare poi a prenderla c’è a disposizione praticamente la Maserati»
Enzo: «Ma dai»
Pairetto: «Sì quindi»
Enzo: «Madonna»
Pairetto: «Adesso quando rientro domani chiamo direttamente la Casa Reale».
Gol: incredibile. L'ala si è improvvisamente svegliata (il fuso orario?) con un dribbling ha messo a terra difensore e portiere e ha siglato il vantaggio. Ora dobbiamo solo tenere per cinque minuti. Gli ultimi cinque maledetti minuti.
Fallo a metà campo: fallo tattico direbbe qualcuno. La realtà è che non riesco più a tenerlo e allora lo devo stendere appena scappa. Ma questi battono subito, mentre io stavo facendo la scena con l'arbitro. Così non vale!!!
Caz... han lanciato la lepre dentro l'area.
Ora è che come se vedessi tutta la scena al rallentatore: il pallone che arriva da dietro. L'attaccante che sta per calciare. Io che entro in spaccata e ....
Voi direte: autogol. Sì, ma che autogol. Nemmeno il portiere si è mosso, dalla rapidità dell'esecuzione. Ho infilato la palla all'incrocio. Un gol alla Gigi Riva, ma forse nemmeno “rombo di tuono” avrebbe fatto un gol così.
Era destino, il pareggio. Almeno così mi spiace sperare. Altrimenti ci sarebbe da sprofondare sottoterra. Scavarsi la fossa con le proprie mani ed erigersi un cippo funereo.
I complimenti potevano comunque risparmiarseli: almeno l'avversario. “Gran gol, complimenti.”
Grazie: a te e a tua sorella. Canaglia.
Sotto la doccia ci laviamo di dosso lo sporco e la stanchezza. E, nonostante le facce, rimane dentro la soddisfazione di aver giocato bene. Io mi sono divertito, e il mio dovere l'ho fatto. Pure troppo, forse. Ma sono incidenti del mestiere. È stata una bella partita.
Ho corso, ho sudato, mi son graffiato. Ho picchiato il ginocchio e ora e gonfio. Ma passerà. Ho fatto i miei tackle, mi son divertito a fare gli interventi in acrobazia (la mia specialità).
Questo è il calcio, secondo me.
2 commenti:
Gran Post :)
L'ho letto su pollonord, e non posso che esser d'accordo
Eè stato semplice: è bastato aprire l'album dei ricordi, di quelle domeniche passate sul campo ...
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