04 gennaio 2013

La dipendenza che non c'è

Non basta qualche virtuosismo verbale per nascondere la più vistosa contraddizione con cui il Pd è entrato in questa campagna elettorale. Il gioco delle parti, e la divisione dei ruoli, fra Bersani l'europeista e Fassina l'operaista, che ha contraddistinto tutto il periodo del governo Monti, non potrà reggere ancora a lungo. Il caso del welfare è esemplare. Sappiamo tutti che è stata la politica del ministro Fornero, la riforma delle pensioni soprattutto (e anche, in parte, quella del lavoro), ciò che ha più convinto l'Europa della bontà delle ricette Monti. Ma si dà anche il caso che la politica della Fornero sia stata avversatissima dalla Cgil e dai politici (quasi tutti membri dell'entourage di Bersani) che alla Cgil fanno riferimento.
Panebianco sul corriere
A me, di subire ricatti del genere, non va più giu.
Della serie, l'Europa ci guarda, e se non tagliamo diritti, salari, welfare, pensioni, ci toglie la fiducia.
L'europa ci ha chiesto di mettere mano alla questione delle carceri, di fare leggi più incisive contro la corruzione, di gestire in modo più efficiente i rifiuti (basta discariche, che diventano bombe ecologiche), di far pagare l'IMU alla Chiesa.
E invece dobbiamo stare ad ascoltarla solo quando chiede un arretramento delle condizioni degli italiani?
E poi, vogliamo dirla tutta? Ma dove la vede, Panebianco e gli altri, questa dipendenza del PD dalla CGIL?
Il PD ha votato a favore delle riforma delle pensioni e su quella del lavoro.
La riforma delle pensioni, a prescindere di quello che ne pensa Panebianco e i mercati, ha causato un danno sociale non ancora risolto (gli esodati).
Quella del lavoro non sta dando i risultati attesi.
Un pò di onestà intellettuale non guasterebbe.

E anche di trasparenza dall'altra parte: se vince Monti, chi si occupa del welfare? Ichino?

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