La seconda parte del servizio di Presa diretta sul calcio scommesse: i rapporti tra criminalità e gioco del calcio. Scommesse, ma anche controllo del territorio: da Il fatto quotidiano del 13 gennaio 2013
Salvatore Aronica “terzino d’onore”NON SOLO SCULLI. STASERA A “PRESA DIRETTA” I RAPPORTI TRA IL DIFENSORE E LA ‘NDRANGHETAdi Federico RuffoPosso farti vedere i filmati, così capisci che non ti raccontostorie”. Sparisce dietro la porta della camera da letto e inizia afrugare nei cassetti dell’unico armadio. Ci promette di tornare con leprove che alcuni calciatori di Serie A sono in rapporti stretti conesponenti della ’ndrangheta.Non dovrebbe essere una ricerca lunga, di mobili nell’abitazioneche gli ha assegnato il ministero dell’Interno ce ne sono pochi e disuoi non ne ha potuti portare. La notte stessa in cui ha deciso dipentirsi, Luigi Bonaventura è stato trasferito lontano da Crotonesenza passare da casa. Quando sei il capo mandamento della coscaVrenna-Bonaventura, devi diventare invisibile prima che i tuoicapiscano che hai tradito. La mattina dopo anche sua moglie e i suoifigli erano lontani, pochi vestiti, niente effetti personali, qualchefoto e due filmati.Quando torna dalla camera ha in mano due nastri, ma prima ciracconta tutto il resto. “Il calcio in Calabria è quasi tuttocontrollato dalla ‘ndrangheta, ci sono decine di squadre controllate.Non è per una questione di soldi, ma di potere. Senza il calcio nondiventi istituzione, non diventi antagonista allo Stato, non creiconsenso popolare, quel consenso che ti crea un serbatoio di voti che,al momento giusto, puoi dirottare su chi ti fa comodo. A questoservono le squadre in Calabria: a esercitare controllo”.GNE GNE, come lo chiamavano i suoi uomini, sa quello che dicequando parla di calcio secondo i magistrati, tanto che a fine novembrelo hanno ascoltato anche a Bari in merito al filone del calcioscommesse. Per più di 10 anni di questo si è occupato a Crotone:calcio e ‘ndrine. “Fu mio zio Pino Vrenna a volerlo. Quando mi scelsecome suo erede, decise di spostarmi dalla gestione dello smaltimentodei rifiuti all’Fc Crotone, che era stata comprata da mio cuginoRaffaele Vrenna. Mi nominarono responsabile della security”. Dal 1994a oggi il Crotone passa dai dilettanti ai vertici della Serie B,un’ascesa costante, a cominciare dallo spareggio promozione per la C2del 1997 contro il Lo-cri, controllato dal clan Cordì: “Comprammo lapartita, è cosa nota nell’ambiente. Per 400 milioni di lire e unapartita di kalashnikov. Non tutti erano d’accordo tra i Cordì, tantoche nel-l’intervallo qualcuno di noi fu costretto a tirare fuori ilcoltello, alla fine però, andò come volevamo noi”.Passano 7 anni ed è di nuovo promozione, stavolta in Serie B. Nellasemifinale dei play off il Crotone affronta il Benevento. “Imponemmola partita a suon di schiaffi. Li aspettammo quando scesero dalpullman e cominciammo a malmenarli. Botte e minacce negli spogliatoi,in campo. Mandammo un messaggio ai dirigenti e ci lasciarono vincere.Il presidente del Bene-vento ci andò a denunciare, anche in tv. Cipensai io a far sparire la denuncia”. Ci vede perplessi, sorride:“Sono tante le cose possibili in questo paese. I miei eranopreoccupati, erano stati riconosciuti e identificati. Chiamai Raffaele(Vrenna, ndr) e lui mi disse di stare tranquillo “È cosa nostra, giàrisolta”.“Il mio ruolo era questo, mi preoccupavo che tutto andasse bene.Spaventavo gli ultras quando erano agitati, le denunce, le partite daaddomesticare e i biglietti da inviare alle altre cosche. PrendeteCrotone-Juventus, quando la Juve era in B, pensate che la ‘ndranghetanon ci fosse in quello stadio? C’era eccome! La ‘ndrangheta pesante,quella che conta! Inviai personalmente i biglietti ai boss e nessunosi accorse di nulla”. Gestivamo tutto, mi ripete, anche i calciatori“vicini” e le loro carriere .“Ci sono carriere accompagnate, trattamenti di riguardo per chi èvicino alle famiglie, si fa in modo di mandarli a giocare lontano peravere dei referenti in altri club, in questo modo puoi avvicinaregrandi nomi e realtà che altrimenti non potresti contattare”.Sullo schermo iniziano a scorrere le immagini di un giovaneBonaventura il giorno del suo matrimonio, nel 2000. Il principedesignato a guidare la cosca vestito di tutto punto. Meno di 200selezionatissimi invitati. Parenti stretti, uomini d’onore finiti incarcere o al camposanto. Poi arriva Salvatore Aronica, difensore delPalermo, fino a gennaio in forza al Napoli. “200 invitati sono nienteper un matrimonio di ‘ndrangheta, hai idea di quanta gente ho lasciatofuori? Aronica era l’unico calciatore presente”.Sul perché Aronica sia al matrimonio del boss, Bonaventura non hadubbi: “Aronica era accompagnato dalla cosca dei Vitale di Palermo,coi quali ero stato in carcere a Crotone. Gli dovevamo un trattamentodi riguardo. Lui quel giorno veniva a portare rispetto, era un modoper far sapere a tutti che stava con noi. Facendosi vedere a queltavolo suggellava un patto tra noi e la mafia”.QUELLO tra Aronica e il boss sembra un rapporto che dura nel tempo.Nuovo nastro, data diversa. Due anni dopo si festeggia il compleannodel primogenito di Bonaventura: “Nel mio locale! Sapevano tutti cheera un ristorante della ‘ndrangheta”. Aronica arriva a metà festa,prende in braccio il bambino, c’è confidenza col boss, scambianobattute, sorridono. Non è la prima volta che il nome di Aronicafinisce accanto a quello di un boss. Sul registro degli indagati“lucchetto palermitano” (come lo chiamano i tifosi) compare nel 2009:ce lo scrive AntonioIngroia, dopo che il pentito Marcello Trapani gliracconta di una combine voluta proprio dalla mafia nel 2003, quandoAronica gioca con l’A-scoli. Il Palermo cerca di tornare in Serie A, iLo Piccolo vogliono facilitare la promozione e, secondo il racconto diTrapani, pagano 200 mila euro ad Aronica e ai compagni VincenzoMontalbano e Franco Brienza, per perdere. 3 a 0 per il Palermo,l’allenatore Bepi Pillon, che forse ha odorato qualcosa, lascia i 3 inpanchina. I fatti però sono vecchi di 6 anni, Ingroia archivia vistal’imminente prescrizione. “Peppe Sculli era diverso, lui nasce giàvicino ai clan, è il nipote di Peppe Morabito (detto U Tiradrittu,considerato per un quindicennio il capo assoluto della ‘ndrangheta),con lui si parlava tra pari, ci capivamo al volo. Si vendette unapartita mentre era con noi al Crotone. Vero: nel 2002 viene accusatodi aver venduto la partita tra Crotone e Messina (2 a 1 per gliisolani) e squalificato per 8 mesi. Lo incastrano le intercettazioni.Alla fidanzata che gli chiede di un calcio di punizione battuto da luie non dallo specialista, risponde: “Se batteva lui, amore, facevamogol e io perdevo, invece c’era un vento, un “ventello” amore... Ticompro un bel telefonino”.Finisce il nastro, tv nera. Restiamo a chiederci nello sport piùbello del mondo cosa sia ancora vero e cosa no.
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